Ricorso Inammissibile Resistenza: la Cassazione chiarisce i limiti dell’impugnazione
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle stesse argomentazioni già respinte nei precedenti gradi di giudizio. In questo articolo, analizziamo il caso di una condanna per resistenza a pubblico ufficiale, in cui il ricorso inammissibile per resistenza ha portato alla conferma della decisione e a sanzioni per il ricorrente.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, previsto dall’articolo 337 del Codice Penale. La condanna, emessa in primo grado, era stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Palermo. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, cercando di ottenere l’annullamento della sentenza.
L’accusa si fondava su frasi dal contenuto gravemente minaccioso proferite dall’imputato nei confronti degli agenti operanti. Nel corso del processo, la difesa aveva tentato di minimizzare la gravità di tali espressioni, attribuendole a un semplice stato di ‘mero nervosismo’.
I Motivi del Ricorso e l’inammissibilità per resistenza
Il ricorrente ha presentato un ricorso basato su motivi che la Suprema Corte ha definito ‘non consentiti dalla legge in sede di legittimità’. In sostanza, l’atto di impugnazione non sollevava questioni relative a errori di diritto commessi dalla Corte d’Appello, ma si limitava a riproporre le stesse ‘doglianze generiche’ già adeguatamente esaminate e respinte dal giudice di merito.
Questo approccio trasforma il ricorso in un tentativo di ottenere una terza valutazione sul fatto, un compito che non spetta alla Corte di Cassazione. Il ruolo della Cassazione, infatti, è quello di giudice di legittimità, ovvero di verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e di procedura, non di riesaminare le prove o la ricostruzione dei fatti.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e concisa. I giudici hanno evidenziato come le argomentazioni del ricorrente fossero ‘meramente riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi’. La tesi difensiva, che cercava di derubricare le minacce a ‘mero nervosismo’, era già stata valutata e ritenuta infondata dalla Corte d’Appello, la quale aveva correttamente argomentato sulla base del ‘contenuto gravemente minaccioso delle frasi’.
Poiché il ricorso non presentava nuovi e validi vizi di legittimità della sentenza impugnata, ma si limitava a una contestazione fattuale, è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, ai sensi dell’articolo 616 del Codice di Procedura Penale, la Corte ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza rafforza un principio cardine del processo penale: l’appello alla Corte di Cassazione deve essere tecnicamente rigoroso e focalizzato su questioni di diritto. Un ricorso inammissibile per resistenza o per qualsiasi altro reato, basato su lamentele generiche o sulla speranza di una nuova valutazione dei fatti, è destinato al fallimento e comporta ulteriori conseguenze economiche per il ricorrente. La decisione serve da monito sull’importanza di strutturare un ricorso per Cassazione su vizi specifici di violazione di legge o di motivazione illogica, evitando di trasformarlo in un inutile terzo grado di giudizio di merito.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché fondato su motivi non consentiti dalla legge in sede di legittimità. Le argomentazioni erano generiche, ripetitive di censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, e miravano a una nuova valutazione dei fatti anziché a contestare errori di diritto.
Qual era il reato per cui l’imputato era stato condannato?
L’imputato era stato condannato per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, previsto dall’articolo 337 del Codice Penale, a causa di frasi gravemente minacciose rivolte agli agenti durante l’esercizio delle loro funzioni.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
In conseguenza della declaratoria di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato, come previsto dall’articolo 616 del Codice di Procedura Penale, al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10838 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10838 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TERMINI IMERESE il 25/01/1978
avverso la sentenza del 26/10/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
n. 138/Rg 35634
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigra indicata che ha confermato la condanna per il delitto di cui all’art. 337 cod. pen.; esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché fondato su motivi non consentiti dalla legge sede di legittimità, in quanto costituiti da doglianze generiche e meramente riproduttive profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici da giudice di merito alla luce del contenuto gravemente minaccioso delle frasi proferite ai dan degli operanti (pag. 4) ridimensionate dal ricorrente a mero nervosismo;
rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21 febbraio 2025
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