Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7860 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7860 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 05/03/1984
avverso la sentenza del 01/02/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
considerato che il primo motivo di ricorso -già inammissibile perché non risulta devoluto in appello- è anche manifestamente infondato, alla luce del principio di diritto a mente del quale Il rinvio operato, quanto alle aggravanti applicabili al delitto di estorsione, dall’art. 629, comma secondo, cod. pen. all’art. 628, ultimo comma, cod. pen. deve intendersi riferito, a seguito delle modifiche apportate dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, all’attuale comma terzo dell’art. 628 cod. pen. e non al comma quinto, concernente il concorso tra aggravanti e attenuanti (Sez. 2, n. 49940 del 10/10/2023, P., Rv. 285464 – 01).
Rilevata la manifesta infondatezza anche del secondo motivo di ricorso, in quanto contrastante con quanto chiarito dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha spiegato che, seppur l’articolo 6 § 1 della Convenzione obbliga i giudici a motivare le loro decisioni, tale obbligo non può essere inteso nel senso di esigere una risposta dettagliata a ciascun argomento (COGNOME c. Paesi Bassi, 19 aprile 1994, § 61), così che, rigettando un ricorso, il giudice di appello può, in linea di principio, limitarsi a fare propri i motivi della decisione impugnata (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, NOME COGNOME c. Italia, 20 ottobre 2015; COGNOME c. Spagna, 9 dicembre 1994);
considerato che il terzo, quarto, quinto e sesto motivo di ricorso, oltre ad essere privi di concreta specificità, non sono consentiti in sede di legittimità, con i quali si contesta la sussistenza del reato presupposto e dell’elemento soggettivo, nonché la qualificazione giuridica del fatto, oltre ad essere privi dei requisiti di specificità previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 cod. proc. pen., non sono consentiti in questa sede;
che, invero, la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per l’assenza di correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, queste non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità;
che, inoltre, in sede di legittimità, non è censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame, qualora risulti che la stessa sia stata disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata ed in assenza di deduzioni sulla decisività di quei rilievi, ove siano logicamente incompatibili con la decisione adottata;
che, peraltro, le doglianze difensive tendono anche a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti
mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato del presente giudizio ed avulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti, con motivazione adeguata, logica, priva di contraddizioni e, in quanto tale, non censurabile in sede di legittimità;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 novembre 2024.