Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 11410 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 11410 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a Catania; nel procedimento a carico del medesimo; avverso la ordinanza del 26/10/2023 del tribunale di Catania; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Presidente; udita la requisitoria scritta del AVV_NOTAIO che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza indicata in epigrafe, il tribunale del riesame di Catania, adito nell’interesse di COGNOME NOME avverso la ordinanza del gip del medesimo tribunale, applicativa, nei confronti del predetto, della misura cautelare della custodia in carcere per i reati ex artt. 73, 74 DPR 309/90, rigettava l’istanza.
Avverso la suindicata ordinanza COGNOME NOME, tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per RAGIONE_SOCIALEzione deducendo due motivi di impugnazione.
Rappresenta con il primo motivo, con riguardo ai capi 3 e 4, vizi di violazione dell’art. 273 cod. proc. pen. e degli artt. 73, 74 DPR 309/90. Non sussisterebbero innanzitutto gravi indizi in ordine alla partecipazione del ricorrente
ad una associazione dedita al traffico di stupefacenti. Il tribunale non avrebbe effettuato una autonoma valutazione degli elementi indiziari disponibili. Sarebbe una mera, opinabile suggestione, l’ipotesi che in una conversazione il richiamo al nome NOME fosse riconducibile all’attuale ricorrente e anzi, la predetta conversazione dimostrerebbe l’esclusione di uno stabile inserimento del “NOME” di cui si parla nel sodalizio criminoso ipotizzato. Analoghe considerazioni si formulano riguardo ad altra captazione, circa la riferibilità all’indagato del termine “NOME cugino”, espresso da un interlocutore. Non vi sarebbero elementi in grado di superare mere suggestioni. L’ordinanza impugnata non applicherebbe i principi giurisprudenziali dettati in materia di configurazione di un sodalizio criminoso e della partecipazione ad esso, incorrendo in salti logici. Vi sarebbe un travisamento di dati disponibili, e un’interpretazione congetturale degli stessi quanto alla configurazione di una partecipazione ad una associazione dedita al traffico di stupefacenti. Quanto, in particolare, ai profili inerenti il contributo causale e al grado di volontà e consapevolezza necessari per rilevare una condotta partecipativa, si sostiene che il tribunale si sarebbe abbandonato a mere formule stilistiche. E quindi la mancata valutazione dell’elemento soggettivo deporrebbe nel senso solo dello svolgimento, da parte del ricorrente, di una autonoma attività, così da escludere, in ultima analisi, ogni gravità indiziaria rispetto al reato associativo ipotizzato a carico dell’indagato, nei cui confronti non sarebbe ipotizzabile alcuna affectio societatis. Si evidenzia, altresì, l’obbligo di tenere conto anche di tutti gli elementi favorevoli all’indagato, che pure non sarebbe stato rispettato.
4. COGNOME Con il secondo motivo, deduce vizi di motivazione e di violazione degli art. 274 e 275 cod. proc. pen. Il tribunale avrebbe fatto ricorso a clausole di stile nel rilevare la sussistenza di esigenze cautelari, giustificative del mantenimento della misura custodiale applicata, facendo riferimento a profili presuntivi ma discosti dalle circostanze del caso concreto. Emergerebbe una valutazione unilaterale e preconcetta RAGIONE_SOCIALE risultanze in atti, e non si sarebbe considerata la risalenza nel tempo dei fatti, in grado di escludere ogni esigenza cautelare giustificativa della attuale misura, a prescindere dalla reale portata del quadro indiziario. Sarebbe mancante una valutazione personalizzata, a favore di un ragionamento generalizzato quanto al giudizio di necessità di una misura cautelare. Così da pregiudicarsi anche un giudizio di proporzionalità della misura cautelare. Il giudizio sulla ritenuta professionalità criminale raggiunta non sarebbe sufficiente per giustificare la misura più restrittiva. Non si comprenderebbe un giudizio di professionalità criminale del ricorrente presente, forse, sulla piazza di spaccio, per soli 5 giorni. Non emergerebbero neppure elementi giustificativi del pericolo di fuga e di recidivanza. Rileverebbero, per escludere ogni presunzione,
la personalità dell’indagato, la sua condotta di vita attuale e il comportamento processuale.
COGNOME Il primo motivo è inammissibile, siccome proposto mediante una tecnica di redazione del ricorso che, ancor prima che sul piano dei contenuti, è deficitaria sul piano dell’applicazione dei principi che delineano il perimetro da rispettare al fine di poter proporre un valido mezzo di impugnazione. In tal senso, è significativo e pregiudizievole, per la preliminare validità del ricorso, lo sviluppo di argomentazioni del tutto disconnesse dalla puntuale analisi dei passaggi motivazionali che si vorrebbero viziati – sebbene l’oggetto precipuo ed esclusivo del ricorso per cassazione sia l’atto impugnato per come è stato redatto e non i fatti e le prove emerse – e, piuttosto, indugianti in una generica critica sulla presunta insufficienza della motivazione, mai accompagnata dalla puntuale individuazione di argomentazioni e dalla altrettanto precisa individuazione dei vizi da cui esse sarebbero affette. Vizi che, è bene ricordarlo, quanto al profilo motivazionale devono, oltre che essere esistenti, connotarsi anche per un carattere “manifesto”, il che significa che deve trattarsi di difetti di immediata e inequivocabile individuazione. Ma questi ultimi criteri, che delineano il campo ineliminabile in cui deve muoversi un ricorso che possa mirare, grazie poi ai contenuti, a invalidare l’atto impugnato, mancano del tutto. In proposito, va ribadito che i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili «non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato» (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568) e le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione risiedono nel fatto che il ricorrente non può trascurare le ragioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425). Nel medesimo senso depone anche il richiamo a contenuti di conversazioni che dovrebbero essere valorizzati a supporto RAGIONE_SOCIALE critiche mosse. Si tratta, anche in tal caso, di citazioni formulate al di fuori dei canoni che disciplinano una prospettazione di vizi di valutazione di intercettazioni astrattamente idonea a condurre ad un risultato positivo, a favore di chi proponga ricorso. In proposito, è sufficiente ricordare i principi, rimasti in questa sede del tutto non rispettati, per cui in materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto RAGIONE_SOCIALE conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti non emergenti né realmente prospettati nel caso di specie, in cui si propone solo una personale diversa valutazione dei medesimi dati captati – della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 3 Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
– n. 44938 del 05/10/2021 Rv. 282337 – 01). Inoltre, sempre in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericità, quei motivi che, deducendo il vizio di manifesta illogicità o di contraddittorietà della motivazione, e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contengano la loro integrale trascrizione o allegazione (Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015 Rv. 265053 – 01). Si evidenzia altresì che, piuttosto che individuare passaggi logico – giuridici difettosi, in termini rilevanti per questa sede, si indugia nel colorare diversamente il materiale disponibile, attraverso mere affermazioni di errori o insufficienze della motivazione, mai supportate da puntuali indicazioni di passaggi motivazionali e da dimostrazioni di vizi, altresì manifesti nonchè rilevanti (atteso che, pare opportuno ricordarlo, il mero vizio in sede di ricorso per cassazione se non supportato da tali altri connotati non incide negativamente sull’atto), come è doveroso aspettarsi di fronte ad un ricorso per cassazione; laddove questa Corte ha anche costantemente affermato che l’epilogo decisorio non può essere invalidato da prospettazioni alternative che si risolvano in una “mirata rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perché illustrati come maggiormente plausibili o perché assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa, nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, COGNOME, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507).
6. COGNOME Analoghe considerazioni devono formularsi riguardo al secondo motivo. Anche con esso si insiste in mere asserzioni, generiche, di inadeguatezza della ordinanza, formulate in violazione degli stessi principi sopra riportati, quanto al dovere di individuare precisi passaggi argomentativi e, rispetto ad essi, di illustrare le ragioni di fatto e di diritto che darebbero luogo a vizi rilevanti in questa sede. Del tutto lontana da principi di diritto è anche la evocazione della rilevanza del tempo trascorso, anche in tal caso formulata in maniera generica e senza alcun confronto con l’ordinanza impugnata, che ha spiegato l’attuale sussistenza di esigenze cautelari, con precedenti specifici di maggio e settembre 2022, con il ruolo associativo duttile e variegato ricoperto dell’indagato ( tutti sintomi di una grave pervicacia criminale), e con il ridotto decorso del tempo, peraltro non rilevante secondo i giudici alla luce dei plurimi dati prima citati. Ed invero, si tratta di una motivazione in linea con il principio per cui, in tema di misure coercitive disposte per il reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in relazione al quale l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. pone una presunzione relativa di sussistenza RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari, ai fini della prova contraria assume
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rilevanza il fattore temporale, ove esso sia di notevole consistenza, cosicchè è necessario che l’ordinanza cautelare motivi, come accaduto nel caso di specie, in ordine alla rilevanza del tempo trascorso, indicando specifici elementi di fatto idonei a dimostrare l’attualità RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari. (Sez. 6, n. 53028 del 06/11/2017 Rv. 271576- 01).
Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp. att., cod. proc. pen.
Così deciso, il 28.02.2024.