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Ricorso inammissibile: reiterazione dei motivi

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per ricettazione. L’imputato aveva tentato di riqualificare il reato in furto, ma il suo ricorso è stato giudicato una mera ripetizione dei motivi già respinti in appello. La Corte ha sottolineato l’impossibilità di rivalutare i fatti in sede di legittimità, confermando la condanna e imponendo il pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione e la reiterazione dei motivi

Quando si presenta un ricorso alla Corte di Cassazione, è fondamentale comprendere i limiti del suo giudizio. Un’ordinanza recente ha ribadito un principio cardine del nostro sistema processuale: non si può chiedere alla Suprema Corte di riesaminare i fatti come se fosse un terzo grado di merito. Il caso in esame riguarda un ricorso inammissibile presentato contro una condanna per ricettazione, offrendo uno spunto chiaro sulla differenza tra un valido motivo di diritto e una semplice ripetizione di argomentazioni già respinte.

I Fatti di Causa

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di ricettazione, previsto dall’art. 648 del codice penale. L’accusa si basava sul fatto che l’imputato era stato trovato in possesso di un motociclo risultato rubato.

L’imputato, nel suo ricorso per Cassazione, contestava la correttezza della decisione, sostenendo che i fatti avrebbero dovuto essere riqualificati come furto aggravato (artt. 624 e 625 c.p.). A sua difesa, adduceva circostanze che, a suo dire, avrebbero dovuto escludere la consapevolezza della provenienza illecita del bene. In particolare, affermava di aver trovato il motociclo con le chiavi inserite e i documenti a corredo. Tuttavia, questa versione era già stata valutata e ritenuta inverosimile dalla Corte d’Appello, anche perché incompatibile con le dichiarazioni rese dal proprietario del veicolo al momento della denuncia di furto.

La Decisione della Corte e il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione non è entrata nel merito delle argomentazioni difensive, ma si è concentrata sulla loro natura procedurale. I giudici hanno stabilito che i motivi presentati dall’imputato non erano altro che una “pedissequa reiterazione” di quelli già esaminati e puntualmente disattesi dalla Corte d’Appello.

In sostanza, l’imputato non ha sollevato questioni di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge da parte del giudice precedente), ma ha tentato di ottenere una nuova valutazione dei fatti. Questo tipo di richiesta esula dalle competenze della Corte di Cassazione, il cui ruolo è quello di garantire l’uniforme interpretazione della legge, non di ricostruire gli eventi.

Le Motivazioni: Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?

La motivazione della Suprema Corte si fonda su un pilastro del diritto processuale penale. Il ricorso per Cassazione è ammissibile solo se denuncia vizi di legittimità, come l’erronea applicazione di una norma di legge o un vizio di motivazione della sentenza impugnata. Non può essere utilizzato come un terzo grado di giudizio per ridiscutere l’attendibilità delle prove o la ricostruzione dei fatti.

Nel caso specifico, la Corte ha osservato che le argomentazioni del ricorrente erano:

1. Generiche e apparenti: Non criticavano in modo specifico e argomentato la logica della sentenza d’appello, ma si limitavano a riproporre una versione dei fatti già scartata.
2. Inverosimili: La versione del ritrovamento del motociclo con chiavi e documenti era stata correttamente giudicata implausibile dai giudici di merito.
3. Risolte in una richiesta di riesame fattuale: Chiedere di riconsiderare tali circostanze equivale a chiedere una nuova valutazione del merito, preclusa in sede di legittimità.

Di conseguenza, non avendo sollevato valide censure di diritto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. L’imputato è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma a favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. È inutile e controproducente presentare un ricorso che si limiti a ripetere le stesse difese fattuali respinte nei gradi di merito. Per avere una possibilità di successo, è necessario individuare e argomentare in modo rigoroso specifici errori di diritto commessi dal giudice precedente. La pronuncia serve da monito: un ricorso inammissibile non solo non porta all’annullamento della condanna, ma comporta anche ulteriori conseguenze economiche per il ricorrente, come il pagamento delle spese e di un’ammenda, aggravando la sua posizione.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile quando non presenta validi motivi di diritto, ma si limita a ripetere argomentazioni sui fatti già valutate e respinte nei precedenti gradi di giudizio (c.d. pedissequa reiterazione), oppure quando manca dei requisiti formali previsti dalla legge.

Qual è la differenza tra contestare i fatti e contestare un errore di diritto in Cassazione?
Contestare i fatti significa chiedere una nuova valutazione delle prove e della ricostruzione degli eventi, attività preclusa alla Corte di Cassazione. Contestare un errore di diritto, invece, significa sostenere che il giudice di merito abbia interpretato o applicato una norma giuridica in modo errato, che è la funzione propria del giudizio di legittimità.

Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito dalla Corte nella sua ordinanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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