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Ricorso inammissibile reddito cittadinanza: il caso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero contro una sentenza di non luogo a procedere per indebita percezione del reddito di cittadinanza. Il giudice di primo grado aveva archiviato il caso per mancanza di prove sul difetto del requisito di residenza decennale. La Cassazione ha stabilito che il ricorso del PM era inammissibile perché basato su argomentazioni non pertinenti e totalmente slegate dalla reale motivazione della sentenza impugnata, che era di natura puramente fattuale.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile Reddito di Cittadinanza: La Cassazione Chiarisce i Requisiti dell’Impugnazione

Con la sentenza n. 5883 del 2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di ricorso inammissibile reddito di cittadinanza, offrendo importanti chiarimenti sui requisiti necessari per un’efficace impugnazione. La vicenda riguarda un ricorso del Pubblico Ministero (P.M.) avverso una sentenza di non luogo a procedere per il reato di indebita percezione del sussidio. La Corte ha bocciato il ricorso, ritenendolo basato su argomentazioni slegate dalla reale motivazione della decisione di primo grado.

I Fatti di Causa: Dall’Accusa alla Sentenza di Proscioglimento

Il procedimento penale aveva come protagonista un cittadino accusato di aver percepito indebitamente il reddito di cittadinanza. L’imputazione originaria, formulata ai sensi dell’art. 640 bis del codice penale (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche), era stata riqualificata dal Giudice dell’Udienza Preliminare (G.u.p.) nella fattispecie specifica prevista dall’art. 7 del d.l. 4/2019.

Tuttavia, all’esito dell’udienza preliminare, il G.u.p. aveva emesso una sentenza di non doversi procedere ai sensi dell’art. 425 del codice di procedura penale. La ragione di tale decisione era puramente fattuale: secondo il giudice, non erano emersi elementi di prova idonei a dimostrare la carenza del requisito della residenza in Italia per un periodo di almeno dieci anni. Anzi, la sussistenza di tale requisito risultava attestata da una serie di dati documentali.

Il Ricorso del PM e la Questione del Ricorso inammissibile reddito di cittadinanza

Contro la decisione del G.u.p., il Pubblico Ministero proponeva ricorso per cassazione. Nel suo atto di impugnazione, il P.M. sollevava questioni relative alla corretta qualificazione giuridica dei fatti e all’applicazione delle leggi penali nel tempo, ai sensi dell’art. 2 del codice penale.

Il P.M. riteneva che le argomentazioni del G.u.p. non fossero convincenti. Tuttavia, come evidenziato dalla Corte di Cassazione, il ricorso del P.M. era viziato da un errore fondamentale: attribuiva al G.u.p. una motivazione che quest’ultimo non aveva mai formulato. In particolare, il P.M. faceva riferimento a un presunto ragionamento del giudice di primo grado legato alla futura abrogazione della norma sul reddito di cittadinanza, un argomento del tutto assente nella sentenza impugnata.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e precisa. In primo luogo, i giudici hanno sottolineato che il P.M. non aveva dedotto alcuna specifica violazione di legge rilevante ai fini della decisione, né aveva individuato uno dei vizi tassativamente indicati dall’art. 606 del codice di procedura penale per poter ricorrere in Cassazione.

Il punto cruciale della decisione risiede nella constatazione di una “totale distonia” tra le argomentazioni del ricorso e la motivazione effettiva della sentenza del G.u.p. La Corte ha chiarito che il G.u.p. aveva basato il suo proscioglimento esclusivamente sulla valutazione del materiale probatorio, concludendo per l’insussistenza di prove circa la mancanza del requisito di residenza stabile in Italia. Il P.M., invece, ha costruito la sua impugnazione su un presupposto errato, criticando un ragionamento mai espresso dal giudice di merito.

Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile perché non affrontava il vero nucleo della decisione, ovvero la carenza probatoria, ma si concentrava su questioni interpretative non pertinenti al caso concreto.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale: un ricorso per cassazione, per essere ammissibile, deve confrontarsi specificamente e puntualmente con la ratio decidendi, ovvero con le ragioni giuridiche e fattuali che sorreggono la decisione impugnata. Non è possibile contestare una sentenza attribuendole motivazioni inesistenti o diverse da quelle effettivamente esposte. Il caso di ricorso inammissibile reddito di cittadinanza analizzato dimostra come l’assenza di pertinenza tra i motivi di ricorso e la decisione impugnata conduca inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, senza che la Corte possa entrare nel merito della questione.

Perché il ricorso del Pubblico Ministero è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni presentate erano in “totale distonia” (completamente slegate) rispetto alla reale motivazione della sentenza impugnata. Il PM ha criticato un ragionamento che il giudice di primo grado non aveva mai fatto, ignorando la vera ragione della decisione, che era la mancanza di prove.

Qual era il motivo della sentenza di proscioglimento iniziale del G.u.p.?
Il Giudice dell’Udienza Preliminare (G.u.p.) aveva deciso per il non luogo a procedere perché, sulla base degli atti, mancavano elementi di prova idonei a dimostrare che l’imputato non possedesse il requisito della residenza in Italia da almeno dieci anni, requisito necessario per ottenere il reddito di cittadinanza.

Cosa insegna questa sentenza sui ricorsi in Cassazione?
Questa sentenza insegna che un ricorso per cassazione deve essere specifico e pertinente. Deve attaccare le precise ragioni fattuali e giuridiche su cui si fonda la sentenza che si intende impugnare. Se un ricorso si basa su un’errata interpretazione della motivazione o solleva questioni non attinenti, viene dichiarato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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