Ricorso Inammissibile: Quando la Recidiva Blocca la Prescrizione
Presentare un ricorso in Cassazione richiede la formulazione di motivi specifici e giuridicamente fondati. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa essere rigettato per ragioni sia sostanziali che procedurali, mettendo in luce due concetti fondamentali del diritto penale: la carenza di interesse e l’effetto della recidiva sulla prescrizione. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere le logiche che guidano i giudici di legittimità.
Il caso in esame: i motivi del ricorso
Un soggetto, condannato in appello per ricettazione e un altro reato, decideva di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il suo ricorso su due argomentazioni principali:
1. Errata attribuzione dei beni: Sosteneva di essere stato condannato anche per beni che, a suo dire, non erano nella sua disponibilità ma appartenevano alla madre e alla sorella.
2. Estinzione dei reati per prescrizione: Contestava il mancato riconoscimento dell’estinzione dei reati, ritenendo che il tempo necessario fosse già trascorso.
Entrambi i motivi sono stati però respinti dalla Corte, che ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile.
La decisione della Corte sul ricorso inammissibile
La Suprema Corte ha esaminato separatamente i due motivi, giungendo a conclusioni nette per ciascuno di essi e dichiarando l’intero ricorso inammissibile.
Il primo motivo: la carenza di interesse
La Corte ha ritenuto il primo motivo inammissibile per ‘carenza di interesse’. Questo significa che, anche se il ricorrente avesse avuto ragione, non ne avrebbe tratto alcun vantaggio concreto. La motivazione del giudice d’appello, infatti, aveva già fissato la pena base nel minimo previsto dalla legge. Inoltre, a causa del cosiddetto ‘divieto di reformatio in peius’ (divieto di modifica in peggio), in assenza di un appello da parte del pubblico ministero, la sua pena non avrebbe potuto in alcun modo essere aumentata. Pertanto, discutere della proprietà di alcuni beni era irrilevante ai fini della determinazione della sua condanna. La questione della restituzione dei beni a terzi, inoltre, è stata considerata un profilo estraneo al giudizio sulla responsabilità penale dell’imputato.
Il secondo motivo e il calcolo della prescrizione
Anche il secondo motivo, relativo alla prescrizione, è stato giudicato ‘manifestamente infondato’. La Corte ha ricalcolato i termini, tenendo conto di due fattori cruciali:
* Le sospensioni del processo: Due rinvii richiesti dalla difesa avevano sospeso il decorso della prescrizione.
* La recidiva reiterata: La condizione di recidivo dell’imputato ha avuto un impatto determinante, allungando notevolmente i tempi necessari per l’estinzione dei reati.
Sulla base di questi calcoli, la Corte ha stabilito che le date di prescrizione per i due reati erano fissate rispettivamente al 2027 e al 2036, ben lontane dal momento del ricorso.
Le motivazioni
La decisione della Corte si fonda su principi cardine del nostro ordinamento processuale. La dichiarazione di inammissibilità per carenza di interesse sottolinea che un’impugnazione deve mirare a un risultato utile e giuridicamente apprezzabile per chi la propone. Non è sufficiente lamentare un’astratta ingiustizia se la sua correzione non porta a un miglioramento effettivo della posizione processuale del ricorrente.
Sul fronte della prescrizione, l’ordinanza ribadisce la severità con cui la legge tratta la recidiva. La condizione di chi commette ripetutamente reati non solo giustifica un trattamento sanzionatorio più aspro, ma incide anche su istituti come la prescrizione, dilatandone i tempi e rendendo più difficile per il reo sottrarsi alle proprie responsabilità con il semplice passare del tempo. La Corte, applicando rigorosamente la normativa, ha dimostrato che il calcolo della prescrizione è un’operazione tecnica che non lascia spazio a interpretazioni discrezionali quando i presupposti, come la recidiva e le sospensioni, sono chiaramente documentati.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito: un ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge. Per avere successo, un ricorso deve essere fondato su motivi validi e pertinenti, capaci di produrre un effetto concreto. Questo caso dimostra in modo esemplare come la mancanza di un interesse reale e la manifesta infondatezza delle censure, come quella sulla prescrizione neutralizzata dalla recidiva, conducano inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile per ‘carenza di interesse’?
Risposta: Perché l’imputato non avrebbe ottenuto alcun vantaggio pratico dall’accoglimento del motivo. La sua pena era già stata fissata al minimo edittale e, data l’assenza di un appello del pubblico ministero, non poteva essere peggiorata.
In che modo la recidiva ha influito sul calcolo della prescrizione dei reati?
Risposta: La recidiva reiterata contestata all’imputato ha avuto l’effetto di prolungare significativamente i termini necessari per l’estinzione dei reati, rendendo infondata la sua pretesa che la prescrizione fosse già maturata.
La Corte di Cassazione ha deciso sulla restituzione dei beni sequestrati a terzi?
Risposta: No, la Corte ha specificato che la questione della restituzione dei beni a persone diverse dall’imputato (in questo caso, la madre e la sorella) è un profilo estraneo alla sfera giuridica dell’imputato e non rientrava nelle decisioni da prendere nel dispositivo della sentenza penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24053 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24053 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOMECOGNOME nato a CAGLIARI il 07/09/1979
avverso la sentenza del 17/12/2024 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
I
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME (già COGNOME Michele);
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, con cui il ricorrente si lamenta di essere stato condannato anche in relazione a beni di cui egli non avrebbe avuto la disponibilità in quanto riferibili alla madre e alla sorella dell’imputato, inammissibile per carenza di interesse, in quanto dalla lettura della sentenza impugnata risulta che il giudice del merito, in relazione alla ricettazione, ha comunque determinato la pena base nel minimo edittale (pervenendo, peraltro, ad una pena complessivamente più favorevole all’imputato nonostante la contestata recidiva che avrebbe imposto un maggiore aumento ex art. 81, comma 4, cod. pen. a seguito della continuazione, pena che la Corte d’appello non ha potuto modificare in peius stante l’assenza di impugnazione del pubblico ministero); e tanto a prescindere che dalla lettura della sentenza impugnata risulta che la Corte territoriale ha comunque individuato i beni oggetto della ricettazione ascrivibili al ricorrente, dando espressamente atto che era stata acquisita istanza di dissequestro documentata delle due donne, in relazione alla quale non era necessariamente tenuta a disporre col dispositivo della presente decisione alcuna restituzione, in quanto profilo estraneo alla sfera giuridica dell’imputato;
Considerato che il secondo motivo di ricorso, che contesta l’avvenuta estinzione dei reati per prescrizione, è manifestamente infondato in quanto dagli atti processuali emerge come nessuno dei due reati sia prescritto;
infatti, al netto delle sospensioni (essendovi stati due rinvii chiesti dalla difes dal 28/11/2024 al 17/12/2024 e dal 2/03/2023 al 30/03/2023), osta alla prescrizione la ritenuta recidiva reiterata: il termine di prescrizione per il reato cui all’art. 648 cod. pen. risulta maturare il 16/01/2036, mentre per quello di cui all’art. 55 D.Igs. n. 231/07 (ora 493-ter cod. pen.) il 05/04/2027;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
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P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2025
Il Consigli e estensore
Il’Presi
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