Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Sentenza d’Appello
L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 10311/2024 offre uno spunto fondamentale per comprendere i criteri di ammissibilità dei ricorsi e la logica che governa la determinazione della pena. Quando un ricorso inammissibile viene presentato, la Corte Suprema non entra nel merito della questione, ma si ferma a una valutazione preliminare sulla correttezza dell’impugnazione. Questo caso, riguardante reati di ricettazione e indebito utilizzo di carta di credito, illustra perfettamente i motivi che possono portare a una tale decisione, in particolare la genericità dei motivi e l’infondatezza delle censure sul trattamento sanzionatorio.
I Fatti del Caso e il Percorso Giudiziario
Un soggetto veniva condannato in primo e secondo grado per i delitti di ricettazione e di indebito utilizzo di una carta di credito. La sentenza della Corte d’Appello di Milano confermava la responsabilità penale dell’imputato. Non rassegnato alla decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza: il primo relativo a una presunta errata qualificazione giuridica dei fatti e il secondo focalizzato sulla determinazione della pena, sulla mancata esclusione della recidiva e sul bilanciamento delle circostanze.
La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha esaminato i motivi presentati e li ha rigettati entrambi, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione comporta non solo la definitività della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una somma a favore della Cassa delle ammende. La Corte ha analizzato separatamente i due motivi, evidenziando le ragioni specifiche della loro inammissibilità e manifesta infondatezza.
Le Motivazioni: Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
La decisione della Cassazione si fonda su principi consolidati del diritto processuale e penale. Vediamo nel dettaglio le argomentazioni della Corte.
Primo Motivo: La Mancanza di Specificità
Il primo motivo di ricorso, che contestava la qualificazione giuridica dei reati, è stato giudicato privo di specificità. La Corte ha osservato che l’imputato si era limitato a riproporre le stesse argomentazioni già discusse e respinte dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva fornito una motivazione logica e giuridicamente corretta per la propria decisione. In sede di legittimità, non è sufficiente ripetere le censure già formulate; è necessario individuare vizi specifici nella motivazione della sentenza impugnata, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.
Secondo Motivo e il Principio del Ricorso Inammissibile
Il secondo motivo, relativo alla pena, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha ribadito alcuni principi cardine:
1. Discrezionalità del Giudice di Merito: La graduazione della pena, ai sensi degli artt. 132 e 133 del codice penale, è espressione del potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere non è sindacabile in Cassazione, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o arbitraria.
2. Limiti al Bilanciamento delle Circostanze: La Corte ha sottolineato che la richiesta di prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva reiterata si scontrava con un divieto esplicito previsto dall’art. 69, quarto comma, del codice penale. La decisione della Corte d’Appello di giudicare le circostanze equivalenti era, pertanto, non solo legittima ma anche adeguatamente motivata.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza conferma che il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove ridiscutere i fatti, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Per avere successo, un ricorso deve essere specifico, puntuale e basato su vizi concreti della sentenza impugnata. Riproporre le stesse difese già respinte in appello, senza argomenti nuovi e pertinenti, conduce quasi inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Inoltre, la decisione riafferma la vasta discrezionalità dei giudici di merito nella commisurazione della pena e i rigidi limiti imposti dal legislatore nel bilanciamento tra recidiva qualificata e attenuanti.
Perché il motivo di ricorso sulla qualificazione del reato è stato respinto?
È stato ritenuto privo di specificità perché si limitava a riproporre le stesse identiche argomentazioni già esaminate e respinte con motivazione logico-giuridica corretta dalla Corte d’Appello, senza evidenziare vizi specifici della sentenza impugnata.
È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
No, a meno che la decisione non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. La graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita sulla base dei principi stabiliti dagli artt. 132 e 133 del codice penale, e non è sindacabile in sede di legittimità se correttamente motivata.
Le attenuanti generiche possono essere considerate più importanti della recidiva reiterata?
No, la Corte ha chiarito che l’art. 69, quarto comma, del codice penale pone un divieto espresso a considerare le attenuanti generiche prevalenti sulla recidiva reiterata. Al massimo, come avvenuto nel caso di specie, possono essere giudicate equivalenti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10311 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10311 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BUSTO ARSIZIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/07/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in punto di qualificazione giuridica del fatto nel delit di ricettazione contestato nonché in ordine all’affermazione di penale responsabilità per il reato di indebito utilizzo di carta di credito, è privo di specifi perché è fondato su argomenti che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame con corretti argomenti logici e giuridici (si veda, in particolare, pag. 4 in tema di ricezione della carta da NOME COGNOME);
considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla determinazione del trattamento sanzionatorio, alla mancata esclusione della recidiva contestata e al giudizio di bilanciamento operato dalla Corte territoriale, è manifestamente infondato in quanto la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen. e sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico;
che da un lato la ritenuta prevalenza delle attenuanti generiche rispetto alla recidiva reiterata incontra un divieto espresso nell’art. 69, quarto comma, cod. pen., dall’altro la Corte territoriale, respingendo la doglianza già formulata con l’atto di appello, ha fornito un’adeguata motivazione logico-giuridica all’applicazione della recidiva contestata e al ritenuto giudizio di equivalenza con le concesse circostanze attenuanti generiche (si veda, in proposito, pag. 4);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 20 febbraio 2024
Il Consigli re estensore
Il Presidente