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Ricorso inammissibile: recidiva e motivi d’appello

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile. I motivi, relativi al calcolo della pena per la continuazione e alla recidiva, sono stati respinti. Il primo perché non sollevato in appello, il secondo perché la motivazione della corte di merito sulla recidiva è stata ritenuta adeguata, basandosi sulla persistente inclinazione al delitto dell’imputato.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti dei Motivi di Impugnazione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha dichiarato un ricorso inammissibile, riaffermando principi fondamentali del processo penale riguardo ai motivi di impugnazione e alla valutazione della recidiva. Questa decisione offre spunti cruciali per comprendere i limiti entro cui è possibile contestare una sentenza e come i giudici devono motivare le loro scelte sanzionatorie. Il caso riguardava un imputato condannato per una serie di reati, tra cui evasione e furto aggravato.

I Fatti del Processo: Dai Reati alla Condanna in Appello

L’imputato era stato ritenuto responsabile in primo grado per i reati di evasione, furto, furto aggravato e false attestazioni. La Corte d’Appello, in parziale riforma della prima sentenza, aveva concesso una circostanza attenuante, ricalcolando la pena finale in un anno, tre mesi e venti giorni di reclusione.

Insoddisfatto della decisione, l’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. Una presunta violazione di legge nel calcolo degli aumenti di pena per la continuazione tra i vari episodi di evasione.
2. La mancanza di una motivazione adeguata a sostegno dell’applicazione della recidiva.

L’Analisi della Cassazione sul Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi, giungendo a una conclusione netta: il ricorso doveva essere dichiarato inammissibile. Vediamo nel dettaglio le ragioni di questa decisione.

Il Principio di Devoluzione: Motivi Nuovi non Ammessi in Cassazione

Il primo motivo di ricorso è stato respinto per una ragione prettamente procedurale. La Corte ha evidenziato che la censura relativa al calcolo della pena per la continuazione non era mai stata sollevata come motivo specifico nel precedente atto di appello. Secondo l’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale, non è possibile presentare in Cassazione motivi che non siano già stati dedotti in appello. Questo principio, noto come ‘effetto devolutivo’, limita il giudizio di legittimità alle questioni già sottoposte al giudice del grado precedente. La Corte ha inoltre osservato che la Corte d’Appello aveva comunque ricalcolato la pena in senso più favorevole all’imputato, adempiendo di fatto al suo obbligo motivazionale.

La Motivazione sulla Recidiva: Un Giudizio Concreto

Anche il secondo motivo, relativo alla recidiva, è stato giudicato manifestamente infondato. Secondo i giudici di legittimità, la Corte d’Appello aveva ampiamente e correttamente motivato la sua decisione. Richiamando la giurisprudenza delle Sezioni Unite (sentenza ‘Calibè’ del 2010), la Cassazione ha ribadito che la valutazione sulla recidiva non può basarsi unicamente sulla gravità dei fatti o sull’arco temporale, ma deve fondarsi su un’analisi concreta del rapporto tra il reato per cui si procede e le condanne precedenti. Il giudice deve verificare se la condotta passata sia indicativa di una ‘perdurante inclinazione al delitto’, utilizzando i criteri dell’articolo 133 del codice penale.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Cassazione si fonda su due pilastri procedurali e sostanziali. In primo luogo, il rigido rispetto delle regole processuali che governano le impugnazioni: non si possono ‘saltare’ i gradi di giudizio introducendo per la prima volta in Cassazione doglianze che dovevano essere formulate in appello. In secondo luogo, la conferma di un approccio sostanziale e non meramente formale alla valutazione della recidiva. Non basta avere precedenti penali per vedersi applicato l’aumento di pena; è necessario che il giudice motivi in modo approfondito perché quei precedenti rendono il nuovo reato più grave, in quanto sintomo di una personalità incline a delinquere.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame è un importante promemoria sulle regole del gioco processuale. Un ricorso inammissibile non è solo una sconfitta per la parte che lo propone, ma anche la conseguenza di una strategia difensiva che non ha rispettato le tappe procedurali. La sentenza chiarisce che la fase di appello è cruciale per definire l’ambito delle questioni che potranno, eventualmente, essere discusse in Cassazione. Inoltre, consolida l’orientamento secondo cui la recidiva non è un automatismo, ma il risultato di un giudizio ponderato del giudice di merito, che deve essere adeguatamente motivato e non può essere messo in discussione in sede di legittimità se immune da vizi logici o giuridici.

Perché il primo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché la contestazione sul calcolo della pena per la continuazione non era stata presentata come specifico motivo nel precedente atto di appello, violando la regola processuale che impedisce di introdurre nuove questioni per la prima volta in Cassazione.

Come deve essere motivata l’applicazione della recidiva secondo la Corte?
La motivazione non può basarsi solo sulla gravità dei fatti o sul tempo trascorso, ma deve esaminare concretamente il rapporto tra il nuovo reato e le condanne precedenti per verificare se queste indicano una perdurante inclinazione al delitto dell’imputato.

Qual è la conseguenza di un ricorso dichiarato inammissibile?
La conseguenza è che il ricorso viene respinto senza un esame nel merito della questione. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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