Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1651 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1651 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/11/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOMECOGNOME nato a Brindisi il 09/09/1983 NOMECOGNOME nato a Brindisi il 11/06/1986
avverso la sentenza del 10/07/2023 della Corte di appello di Lecce visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile;
udite le conclusioni dell’avvocato NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte di appello di Lecce ha rideterminato la pena irrogata dal Tribunale di Brindisi ad NOME COGNOME e NOME COGNOME confermando nel resto la sentenza che li aveva condannati, il
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primo, per i delitti di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni e, il secondo, per delitto di favoreggiamento.
Secondo la ricostruzione contenuta nelle sentenze di merito, conformi in ordine alla sussistenza dei reati e alla responsabilità degli imputati, NOME COGNOME ha usato violenza, consistita nel ripartire repentinamente con la propria auto e darsi alla fuga, schiacciando il piede di un appuntato della Guardia di finanza, per opporsi al compimento del controllo che questi stava compiendo. NOME COGNOME, invece, ha aiutato NOME COGNOME ad eludere le investigazioni dell’autorità, in quanto ha omesso di riferire alla Guardia di finanza il nominativo di quest’ultimo, con cui stava parlando poco prima dei fatti.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di entrambi gli imputati denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Nell’interesse di NOME COGNOME sono articolati tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo vengono dedotti i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’attenuante di cui all’articolo 416-bis.1, comma 3, cod. pen., di cui sussisterebbero, nel caso di specie, tutti gli elementi. Nella prospettazione difensiva il reato oggetto del presente procedimento è stato commesso per agevolare l’associazione di tipo mafioso di cui il ricorrente era a capo. Indiscutibile, poi, è la circostanza relativa alla sua dissociazione dal gruppo criminale di appartenenza così come decisivo è stato il suo contributo alla ricostruzione del fatto contestato, in quanto le dichiarazioni dei verbalizzanti sono state utilizzate non come prove autonome ma come riscontri al suo dichiarato, tanto che probabilmente, da sole, non sarebbero state sufficienti per l’affermazione di responsabilità.
2.1.2. Con il secondo motivo di ricorso si riducono i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in relazione al giudizio di equivalenza, e non di prevalenza, delle circostanti attenuanti generiche sulle aggravanti in considerazione del vano tentativo di scagionare il coimputato COGNOME Tenendo conto che il ricorrente ha coinvolto il coimputato in reati ben più gravi di quello oggetto del presente giudizio non si comprende per quale ragione avrebbe voluto scagionarlo, per cui si deve ritenere che, in relazione a tale episodio, il ricordo del ricorrente fosse semplicemente appannato.
2.1.3. Con il terzo motivo di ricorso si deducono i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in relazione all’articolo 133 cod. pen. in quanto il giudice non ha indicato specificatamente quali tra i criteri oggettivi e soggettivi siano stati rilevanti ai fini della determinazione della pena, che è sproporzionata all’entità del fatto.
2.2. Nell’interesse di NOME COGNOME viene articolato un unico motivo di ricorso per violazione di legge in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche e alla mancata esclusione della recidiva.
Le attenuanti generiche avrebbero dovuto essere applicate tenuto conto che la condotta criminosa per cui il ricorrente riportato condanna non è grave né è espressione di un progressivo incremento della sua pericolosità sociale.
La recidiva reiterata è una circostanza aggravante facoltativa nell’an e obbligatoria nel quantum, in quanto fondata sull’ accertamento di una relazione qualificata tra reo e il fatto di reato, che deve essere espressione, in concreto, di maggiore colpevolezza o più spiccata pericolosità sociale. Nella prospettazione difensiva, tale relazione, nel caso di specie, non sussisterebbe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile.
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Va premesso che solo nel corso dell’udienza di appello l’imputato ha reso dichiarazioni autoaccusatorie, per cui la censura relativa alla mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 416-bis, comma 3, cod. pen. è stata dedotta per la prima volta in questa sede.
Ai fini del riconoscimento di tale attenuante, prevista per coloro che si dissociano dalle organizzazioni di tipo mafioso adoperandosi per evitare che l’attività delittuosa sia portata a ulteriori conseguenze, non è richiesta la formale contestazione della circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis cod. pen., ma occorre che dagli atti del processo emergano elementi certi ed univoci idonei a comprovare che il reato contestato risulti “in fatto” commesso dall’imputato in presenza delle condizioni ivi previste ovvero per agevolare l’attività di un’associazione di tipo mafioso (Sez. 2, n. 12330 del 05/12/2018, COGNOME, Rv. 276324 – 01).
Nel caso di specie l’attenuante non può essere concessa sulla base della sola dichiarazione dell’imputato, collaboratore di giustizia, in un verbale di interrogatorio reso ben prima dell’assunzione di responsabilità in ordine ai fatti per cui si procede; inoltre, è del tutto incompatibile con il tentativo di scagionare il co imputato, anch’egli al vertice della criminalità brindisina, secondo la sentenza impugnata, e la cui presenza sul luogo dei fatti è inequivocabilmente provata dalle altre emergenze probatorie.
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La sentenza impugnata, confermando quella di primo grado, ha ritenuto sussistente la recidiva reiterata specifica e infraquinquennale di cui all’art. 99, comma 4, cod. pen., che può essere ritenuta solo equivalente, e non subvalente, rispetto alle circostanze attenuanti (art. 69, comma 4, cod. pen.).
4. Anche il terzo motivo non supera il vaglio di ammissibilità.
La pena irrogata è stata ridotta da anni tre ad anni due di reclusione, per effetto del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza sulla ritenuta recidiva, mentre è stata mantenuta la pena base di anni uno e mesi sei di reclusione per il più grave delitto di cui all’art. 336 cod. pen., tenuto conto della gravità dei fatti.
Tale motivazione, seppur sintetica, dà conto dei criteri seguiti nell’esercizio del potere discrezionale del giudice di merito di determinare la pena sulla base dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. e sfugge al sindacato di legittimità.
5. Il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile.
La sentenza impugnata, con motivazione logica e immune da vizi, ha negato l’applicazione delle attenuanti generiche in relazione alla allarmante biografia penale e in difetto di elementi da valutare positivamente in tal senso, mentre la recidiva è stata ritenuta sussistente in quanto il ricorrente ha plurimi precedenti in relazione ai quali i fatti per cui si procede si appalesano «quale chiara espressione di un progressivo incremento della sua pericolosità sociale». Tale apparato motivazione non è scalfito dalle censure formulate in modo del tutto generico nell’atto di ricorso.
In conclusione entrambi i ricorsi vanno dichiarati inammissibili, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 28/11/2024.