Ricorso Inammissibile per Reati Tributari: Analisi di una Decisione della Cassazione
Quando un ricorso in appello viene respinto, l’ultima spiaggia per l’imputato è la Corte di Cassazione. Tuttavia, l’accesso a questo grado di giudizio è tutt’altro che scontato. Un’ordinanza recente ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile per reati tributari non solo confermi la condanna, ma comporti anche sanzioni aggiuntive per il ricorrente. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione per comprendere le logiche che governano il processo penale di ultima istanza.
I Fatti del Caso: Dalla Condanna in Appello al Ricorso in Cassazione
La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un imprenditore, ritenuto colpevole di due gravi reati fiscali: dichiarazione tributaria infedele e occultamento o distruzione di documenti contabili. La pena inflitta, pari a un anno e sei mesi di reclusione, era stata inizialmente decisa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello.
Non rassegnato, l’imprenditore ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, affidandosi a due motivi principali: un presunto vizio di motivazione da parte dei giudici di merito e una errata applicazione della legge penale. In sostanza, contestava la correttezza del ragionamento che aveva portato alla sua condanna.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso e li ha giudicati inammissibili. La decisione è stata netta: il ricorso non superava il vaglio preliminare necessario per essere discusso nel merito. Di conseguenza, la condanna emessa dalla Corte d’Appello è diventata definitiva.
Le Motivazioni del Ricorso Inammissibile per Reati Tributari
La Corte ha ritenuto i motivi di impugnazione “manifestamente infondati”. Questa formula indica che le argomentazioni del ricorrente erano così palesemente prive di pregio da non meritare un esame approfondito. La Cassazione ha sottolineato come la Corte d’Appello avesse costruito un “iter motivazionale” esente da vizi logici o giuridici.
I giudici di merito avevano chiaramente stabilito il ruolo dell’imprenditore come titolare effettivo dell’attività e, di conseguenza, il suo obbligo di conservare le scritture contabili e presentare dichiarazioni fiscali veritiere. Le prove a sostegno di questa conclusione erano solide e ben argomentate:
1. Utilizzo di conti bancari personali: L’imprenditore usava i propri conti correnti anche per operazioni aziendali, dimostrando una gestione diretta e promiscua.
2. Consegna di documenti fiscali: Aveva personalmente consegnato fatture e documenti di trasporto relativi all’anno d’imposta contestato.
3. Firma sulle dichiarazioni: Era stato lui a firmare materialmente le dichiarazioni fiscali, un atto che lo legava direttamente alla responsabilità dei dati in esse contenuti.
Questi elementi, secondo la Cassazione, erano più che sufficienti a fondare la responsabilità penale, rendendo le critiche sollevate nel ricorso del tutto pretestuose.
Le Conclusioni: Le Conseguenze dell’Inammissibilità
La declaratoria di inammissibilità ha avuto due conseguenze pratiche, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale. In primo luogo, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, è stato condannato a versare una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria è prevista proprio per scoraggiare ricorsi dilatori o palesemente infondati. La Corte ha inoltre richiamato una sentenza della Corte Costituzionale (n. 186/2000), specificando che non vi erano elementi per ritenere che il ricorrente avesse agito “senza colpa” nel presentare un ricorso destinato all’inammissibilità. In sintesi, la decisione ribadisce un principio fondamentale: il ricorso per cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti, ma un controllo di legittimità che richiede motivi seri e fondati.
Cosa succede quando un ricorso penale in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma pecuniaria, in questo caso fissata in 3.000 euro, in favore della Cassa delle ammende. La sentenza impugnata diventa definitiva.
Perché il ricorso in questo caso di reati tributari è stato ritenuto manifestamente infondato?
Perché le motivazioni della condanna dei giudici di merito erano logiche, coerenti e basate su prove concrete (uso di conti personali per l’attività, firma sulle dichiarazioni fiscali) che dimostravano in modo chiaro la responsabilità penale dell’imprenditore.
È possibile evitare la condanna alla sanzione pecuniaria in caso di ricorso inammissibile?
Sì, ma solo se si dimostra di aver proposto il ricorso “senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”. In questo specifico caso, la Corte ha ritenuto che non sussistessero elementi per giustificare tale eccezione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12053 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12053 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ABBIATEGRASSO il 30/08/1984
avverso la sentenza del 28/06/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che con sentenza depositata in cancelleria il 2 luglio 2024 la Corte di appello di Milano ha confermato la precedente sentenza con cui il Tribunale di Pavia, il giorno 24 ottobre 2023, aveva condannato NOME COGNOME alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione avendolo ritenuto colpevole dei reati di dichiarazione tributaria infedele e di occultamento o distruzione di documenti contabili;
che avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto affidandolo a due motivi di impugnazione con cui eccepiva, con il primo quanto al capo a) dell’imputazione ed con il secondo quanto al capo by, il vizio di motivazione e l’inosservanza di legge con riferimento alla statuizione di reità.
Considerato che il ricorso, è inammissibile;
che tutti i motivi di impugnazione, i quali possono essere trattati congiuntamente in quanto impingenti la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati contestati, risultano manifestamente infondati atteso che la Corte territoriale, con valutazione esente da vizi logici o giuridici, ha chiarito l’iter motivazionale seguito per accertare il ruolo di titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, e quindi il suo obbligo alla conservazione delle scritture contabili e alla veritiera redazione delle dichiarazioni fiscali dando rilievo alla esistenza di conti bancari personali usati anche per operazioni promiscue, di aver consegnato fatture e D.D.T. relativi all’anno di imposta 2014 nonché dal fatto di essere il materiale firmatario delle dichiarazioni fiscali;
che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in C 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2024
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