Ricorso Inammissibile Rapina: la Cassazione fissa i paletti del giudizio di legittimità
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema del ricorso inammissibile rapina, delineando con chiarezza i limiti del proprio sindacato. La decisione in esame, la n. 7503 del 2024, offre importanti spunti di riflessione sulla differenza tra la valutazione dei fatti, di competenza dei giudici di merito, e il controllo sulla corretta applicazione della legge, compito esclusivo della Suprema Corte.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per il reato di rapina, previsto dall’art. 628 del codice penale. L’imputato, tramite il suo difensore, ha sollevato diverse questioni dinanzi alla Corte di Cassazione, sperando di ottenere una revisione della sua posizione.
I Motivi del Ricorso
Il ricorrente ha basato la sua difesa su tre argomenti principali:
1. Mancata derubricazione del reato: Si contestava la qualificazione del fatto come rapina consumata, sostenendo che dovesse essere ricondotto alle ipotesi meno gravi di furto tentato (art. 624 c.p.) o rapina tentata (art. 628 c.p.).
2. Errato giudizio di comparazione delle circostanze: L’imputato lamentava un’errata valutazione nel bilanciamento tra le circostanze aggravanti e quelle attenuanti.
3. Mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità: Si chiedeva l’applicazione della circostanza attenuante prevista dall’art. 62, n. 4, c.p., relativa al danno patrimoniale di particolare lievità.
La Decisione della Corte: il ricorso inammissibile rapina
La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. L’analisi della Corte si è concentrata sulla natura dei motivi proposti, evidenziandone la non pertinenza al giudizio di legittimità.
La Corretta Qualificazione del Reato
In merito al primo punto, la Corte ha sottolineato che i giudici di merito avevano correttamente inquadrato i fatti nella fattispecie della rapina consumata (art. 628, secondo comma, c.p.), in linea con la consolidata giurisprudenza. La richiesta del ricorrente di una diversa ricostruzione dei fatti è stata considerata un tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove, attività preclusa alla Corte di Cassazione. Il sindacato di legittimità, infatti, non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma solo verificare la presenza di vizi logici o giuridici nella motivazione, che in questo caso non sono stati riscontrati.
Il Bilanciamento delle Circostanze e l’Attenuante Negata
Anche gli altri due motivi sono stati ritenuti manifestamente infondati. La contestazione sul bilanciamento delle circostanze si scontrava con la preclusione normativa dell’art. 69, quarto comma, del codice penale, correttamente applicata dai giudici.
Per quanto riguarda la richiesta di applicare l’attenuante del danno di speciale tenuità, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione sulla gravità del pregiudizio subito dalla vittima rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Tale valutazione sfugge al controllo della Cassazione, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o viziata giuridicamente, circostanza non verificatasi nel caso di specie.
Le Motivazioni
La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nella netta distinzione tra il giudizio di fatto e il giudizio di diritto. I primi due gradi di giudizio (Tribunale e Corte d’Appello) servono ad accertare come si sono svolti i fatti e a valutarne le prove. La Corte di Cassazione, invece, interviene solo per garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali. Chiedere alla Cassazione di riconsiderare le prove o di fornire una diversa lettura dei fatti, come tentato dal ricorrente, significa travalicare i confini del suo mandato. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi addotti erano privi di “concreta specificità” e tendevano a una “rivalutazione delle fonti probatorie” non consentita.
Le Conclusioni
L’ordinanza n. 7503/2024 si conclude con la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione riafferma con forza un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. Per avere successo, un ricorso deve evidenziare specifici errori di diritto o vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata, non limitarsi a proporre una ricostruzione alternativa dei fatti più favorevole all’imputato.
Perché il ricorso per riqualificare la rapina in furto è stato dichiarato inammissibile?
Perché tale richiesta implicava una nuova valutazione delle prove e dei fatti, un’attività che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non alla Corte di Cassazione, la quale si limita a un controllo sulla corretta applicazione della legge.
La Corte di Cassazione può rivedere la decisione del giudice sul riconoscimento di una circostanza attenuante?
No, a meno che la motivazione del giudice di merito sia palesemente illogica o contenga errori giuridici. La valutazione sulla concessione di attenuanti, come quella del danno di speciale tenuità, rientra nel potere discrezionale del giudice che ha analizzato i fatti.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta che la Corte non esamina il merito delle questioni sollevate. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7503 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7503 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/05/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto neil’interesse di NOME;
considerato che i primi due motivi di ricorso, con i quali si contesta la mancata derubricazione del fatto nelle ipotesi tentate di cui agli artt. 624 e 628 cod. pen., sono privi di concreta specificità e tendono a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato di legittimità e avulse da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti;
che, invero, i giudici del merito hanno correttamente sussunto il fatto, per come ricostruito, nella fattispecie di cui all’art. 628, secondo comma, cod. pen., in conformità alla consolidata giurisprudenza di legittimità (Sez. 7, Ord. n. 34056 del 29, 1 05/2018, COGNOME, Rv. 273617; Sez. 2, n. 15584 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 281117) ed ampiamente esplicitando le ragioni del loro convincimento (si vedano, in particolare, pagg. 1 e 2 della motivazione);
ritenuto che l’ulteriore censura, con la quale si contesta il giudizio di comparazione tra le opposte circostanze, è manifestamente infondata perché si prospettano enunciati ermeneutici in palese contrasto con la preclusione di cui all’art. 69, quarto comma, cod. pen. e con la consolidata giurisprudenza di legittimità (Sez. 6, n. 16487 del 23/03/2017, Giordano, Rv. 269522), correttamente applicate nel caso di specie;
osservato che l’ultimo motivo, inerente al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 4, cod. pen., non è consentito in quanto, trattandosi di esercizio della discrezionalità del giudice di merito, le statuizioni relative alla valutazione complessiva del pregiudizio subito dalla persona offesa sfuggono al sindacato di legittimità ove l’argomentazione posta a sostegno della decisione sulla non speciale tenuità del danno sia immune da vizi logico-giuridici (Sez. 2, n. 50987 del 17/12/2015, Salamone, Rv. 265685), come avvenuto nella specie;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammiss bile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 gennaio 2024.