Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10758 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10758 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a LATINA il 19/11/1971
avverso l’ordinanza del 26/07/2024 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentiti il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte di Cassazione NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile o, in subordine, di rigettare del ricorso; l’avvocato NOME COGNOME che, nell’interesse del ricorrente, ha esposto i motivi di impugnazione e ne ha chiesto l’accoglimento; GLYPH
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 26 luglio 2024 il Tribunale di Roma – a seguito della richiesta di riesame ex art. 309 cod. proc. pen. proposta nell’interesse di NOME COGNOME– ha confermato l’ordinanza in data 27 giugno 2024, con la quale il Giudice per le indagini preliminari del stesso Tribunale ha applicato alla medesima persona sottoposta a indagini la misura della custodia cautelare in carcere poiché gravemente indiziata del delitto aggravato di rapina (artt 110, 628 commi 1 e 3, 416-bis.1 cod. pen. – capo 2), in danno di NOME COGNOME.
Avverso il provvedimento collegiale nell’interesse della persona sottoposta a indagini è stato proposto ricorso per cassazione, articolando un unico motivo (di seguito enunciato, nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.), con il quale sono stati denu la violazione della legge penale e il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi in di colpevolezza, in particolare con riguardo alla qualificazione del fatto in incolpazione.
Dagli elementi in atti – costituiti dall’esito dell’attività di intercettazione telef ambientale, cui si sono aggiunte le dichiarazioni rese dalle persone sottoposta a indagini i sede di interrogatorio (segnatamente, del coindagato COGNOME e da NOME COGNOME), – non potrebbero trarsi i gravi indizi del delitto aggravato di rapina, poiché essi sarebb contradditori, constando unicamente per il verificarsi di un’aggressione in danno della persona offesa (ammessa dal coindagato COGNOME) ma non l’impossessamento dei suoi beni (in particolare da parte dell’COGNOME, che non avrebbe avuto neppure contezza della sottrazione del borsello di cui era in possesso il solo NOME COGNOME); né vi sarebbe alcun elemento di riscontr ex art. 192, comma 3, cod. proc. pen. della chiamata in correità. Inoltre, erroneamente l’ordinanza impugnata avrebbe richiamato i princìpi giurisprudenziali in tema di dolo concomitante e sopravvenuto, nella specie inconducenti, ricorrendo nella specie due reati autonomi senza alcun collegamento eziologico (ossia le lesioni personali e il successivo furto del borsello, quest’ultimo non attribuibile al ricorrente) e non il reato complesso di rap fermo restando che, in ogni caso, anche laddove l’aggressione fosse stata finalizzata a un regolamento di conti, «la sottrazione del borsello di tramuterebbe in una volontà giuridicamente rilevante connotata da una condotta successiva al pestaggio e non finalizzata all’esecuzione di una rapina». Inoltre, alla luce degli elementi in atti dovrebbe escludersi la circosta aggravante delle più persone riunite; e l’identificazione di NOME COGNOME sarebbe frutto di un mera inferenza da parte degli investigatori. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile poiché difetta della necessaria specificità ed è versato in fat oltre che manifestamente infondato nella parte in cui ha denunciato la violazione della legge penale.
L’impugnazione, lungi dal muovere compiute censure di legittimità all’ordinanza impugnata e all’iter su cui essa si fonda, in ordine alla sussistenza dei gravi indiz colpevolezza, ha prospettato una diversa valutazione delle circostanze di fatto, in questa sede
non consentita, affidandosi a enunciati assertivi (che non hanno neppure allegato il travisamento degli elementi in atti) anche con riguardo all’aggravante della commissione della violenza da più persone riunite: invero, il controllo di legittimità delle ordinanze caut devoluto a questa Corte, è circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato (per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, l’assen illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificati provvedimento) e tale controllo deve rimanere interno al provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indiziari o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884; cfr. pure Sez. 5, n. 15138 del 24/02/2020, COGNOME; Sez. 4, 03/02/2011, n. 14726, D.R.; Sez. 4, 06/07/2007, n. 37878, C.).
Inoltre:
l’impugnazione argomenta in ordine al fatto del coindagato COGNOME (e non anche rispetto a quello del COGNOME) e in maniera del tutto inconducente evidenzia il difetto di elemen di riscontro ex art. 192, comma 3, cod. proc. pen., atteso che l’ordinanza impugnata ha fondato la gravità indiziaria sul contenuto delle conversazioni intercettate e non su una chiamata i correità (Sez. 3, n. 10683 del 07/11/2023 – dep. 2024, COGNOME, Rv. 286150 – 04);
quanto all’identificazione del COGNOME non si confronta in alcun modo con il provvedimento impugnato che ha indicato, quale elemento sulla scorta del quale il ricorrente è stato identificato come uno dei soggetti gravemente indiziati del delitto, le affermazioni coindagato COGNOME (che ha espressamente dato conto della partecipazione all’azione illecita di «NOME COGNOME», nel corso di un dialogo intrattenuto con NOME COGNOME).
Infine, sotto il profilo soggettivo – pur ribadendosi che la difesa ha irritualm prospettato un’alternativa ricostruzione del fatto, inidonea a censurare l’iter dell’ordinanza impugnata – deve osservarsi che il Tribunale ha attribuito al COGNOME e ai coindagati COGNOME e COGNOME l’aggressione della persona offesa e, senza soluzione di continuità, l’impossessamento e la sottrazione delle sue res (in particolare, di un borsello e del suo contenuto, oltre che di un telefono cellulare), correttamente affermando che, «in tema di rapina, l’elemento psicologico specifico può essere integrato anche dal cosiddetto dolo concomitante o sopravvenuto, non essendo necessario che la violenza o la minaccia siano finalizzate all’impossessamento sin dal primo atto» (Sez. 2, n. 3116 del 12/01/2016, COGNOME, Rv. 265644 – 01), il che esclude con evidenza – rispetto all’assertiva prospettazione difensiva – la sussistenza della denunciat violazione della legge penale.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente de essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende (art. 616 cod. proc. pen.), atteso che l’evidente inammissibilità delle censure dedotte impone di attribuirgli profili di colpa (cfr. Corte c sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01).
Devono mandarsi alla Cancelleria gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 18/12/2024.