Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7653 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7653 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/01/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposto da:
NOME nato a Palermo il 16/11/1980 NOME nato a Palermo il 09/11/1987 NOME nato a Palermo il 22/11/1988 NOME nato a Palermo il 24/08/1988 COGNOME NOME nato a Palermo il 03/01/1991
avverso la sentenza del 21/03/2024 della CORTE di APPELLO di PALERMO
Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto dei ricorsi di COGNOME, COGNOME e COGNOME e l’inammissibilità dei ricorsi di COGNOME e COGNOME;
sentito il difensore Avv. COGNOME del foro di Palermo, in difesa dello COGNOME e, in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME del foro di Palermo, in difesa del Cangemi, dell’Incontrera e del Di Modica, nonché, in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME del foro di Palermo, in difesa del COGNOME, il quale ha concluso insistendo nei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 21/04/2024 la Corte di Appello di Palermo ha confermato la sentenza del 13/07/2021 del Tribunale di Palermo con la quale gli imputati
appellanti NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME erano stati condannati alla pena di anni sei, mesi quattro di reclusione ed euro 2.000,00 di multa ciascuno perché ritenuti responsabili del reato di rapina aggravata in concorso, commesso ai danni della ditta RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME e NOME COGNOME nonché dei dipendenti NOME COGNOME e NOME COGNOME (questi ultimi, rientrati da un giro di consegna di merce, erano stati percossi e privati dei loro portafogli e dell’incasso aziendale della vendita, par ad euro 7.000,00).
Gli elementi di prova a carico degli imputati sono stati indicati nelle riprese del sistema di videosorveglianza di un esercizio commerciale ubicato nei pressi della ditta RAGIONE_SOCIALE, nelle conversazioni registrate dai COGNOME con il dipendente COGNOME e alcuni suoi familiari, nei riscontri dei tabulati telefonici, dell’agganc delle celle e delle intercettazioni effettuate nei confronti di NOME COGNOME: l lettura congiunta di tali elementi ha consentito di concludere che il COGNOME e lo COGNOME, ex dipendenti della RAGIONE_SOCIALE, avevano programmato e messo in atto la rapina, con il concorso degli altri tre imputati e con ruoli prestabiliti (tre aggress e due con funzioni di “palo”).
Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME tramite i rispettivi difensori di fiducia e procuratori speciali.
I ricorsi presentati nell’interesse del Cangemi, del Di Modica e dell’Incontrera, tramite il comune difensore, hanno identica struttura argomentativa, in quanto articolati in tre motivi, relativi all’accertamento di responsabilità (violazione deg artt. 628 cod. pen., 192 e 533 cod. proc. pen.), al riconoscimento della contestata recidiva (violazione degli artt. 133 e 99 cod. pen.), al diniego delle attenuanti generiche
2.1. Nell’interesse di NOME COGNOME si eccepisce che non vi sarebbe certezza del fatto che il soggetto individuato dal teste di PG fosse proprio l’odierno ricorrente, considerato che quest’ultimo era privo di casco e viaggiava a bordo di un ordinario ciclomotore, laddove dalle testimonianze delle persone offese risultava che i rapinatori indossavano dei caschi e viaggiavano su motori di grossa cilindrata; le successive indagini non avevano evidenziato alcun contatto tra il COGNOME e gli altri imputati, a vario titolo coinvolti nella vicenda, né alcuno de testi escussi aveva riferito di aver riconosciuto nel ricorrente uno dei rapinatori; l circostanza per cui l’imputato sarebbe transitato davanti ai locali della ditta pochi minuti prima della rapina non era mai stata provata, risultando pertanto il ragionamento probatorio dei giudici di merito l’esito di una valutazione induttiva, inidonea a supportare un giudizio di penale responsabilità.
Si censura, inoltre, che i giudici di merito avevano erroneamente applicato la recidiva contestata sulla base di un giudizio incentrato sul disvalore penale dell’azione delittuosa, alla stregua dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen., senza tenere in considerazione le condizioni del singolo imputato e la diversa natura dei precedenti da cui costui risultava gravato rispetto ai correi.
Si lamenta, infine, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, avendo i giudici di merito giustificato il diniego sulla base della gravit delle condotte poste in essere dal COGNOME e del comportamento processuale, penalizzando la mancata ammissione di responsabilità.
2.2. Nell’interesse di NOME COGNOME si eccepisce innanzitutto l’omesso confronto da parte dei giudici di merito con le evidenze processuali di segno contrario e, in particolare, con la circostanza per cui i testi COGNOME COGNOME e COGNOME non avevano mai indicato l’imputato tra gli autori della rapina, né avevano fatto riferimento al fatto che uno dei rapinatori indossava un giubbotto di marca Nike.
Si contesta, inoltre, l’applicazione della recidiva e il diniego delle circostanz generiche per motivi analoghi a quelli evidenziati in precedenza per il COGNOME.
2.3. Nell’interesse di NOME COGNOME si contesta il ragionamento probatorio alla base del giudizio di responsabilità, basato sulle deposizioni dei titolari della ditta RAGIONE_SOCIALE, i quali avevano riportato, de relato, il contenuto di quanto appreso dalle vittime nei giorni successivi alla rapina. Tali deposizioni sono state ritenute pienamente utilizzabili dai giudici di merito, sebbene contraddittorie rispetto alle testimonianze delle persone offese, circostanza che, quantomeno, avrebbe reso necessaria l’acquisizione e la conseguente utilizzabilità ex art. 500, comma 4, cod. proc. pen. dei verbali di sommarie informazioni, rese nel corso delle indagini preliminari.
I successivi motivi subordinati ricalcano, quanto all’oggetto e alle argomentazioni a sostegno, quelli proposti con riferimento alle posizioni del COGNOME e dell’Incontrera circa il riconoscimento della recidiva e l’esclusione delle circostanze attenuanti generiche.
2.4. Nell’interesse di COGNOME NOME sono stati articolati sei motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso si deduce l’inutilizzabilità delle registrazioni dal quali è stata tratta la prova della penale responsabilità del ricorrente, con conseguente violazione degli artt. 234 e 191 cod. proc. pen.
La difesa, muovendo dalla premessa secondo cui fonti di prova possono essere considerate soltanto le conversazioni registrate in maniera occulta, intercorse tra la persona offesa e i soggetti indagati, desume l’inutilizzabilità delle registrazio effettuate dal COGNOME in quanto intervenute tra costui, vittima del reato, e il teste COGNOME soggetto privo della qualità di imputato. In secondo luogo,
evidenzia che le dichiarazioni rese in maniera informale avrebbero dovuto essere poste a confronto con quelle acquisite nel corso della deposizione testimoniale del COGNOME nel contraddittorio delle parti, considerando che il teste, in sede di escussione, aveva negato integralmente il contenuto della conversazione registrata dal COGNOME.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 125, 62-bis, 62, primo comma, n. 4 e 116 cod. pen.
La difesa lamenta che i giudici di merito, riconoscendo in capo agli imputati l’aggravante di cui all’art. 628, terzo comma, n.1, cod. pen. e ritenendo sussistente un’ipotesi di concorso ordinario ex art. 110 cod. pen. per aver i compartecipi previsto l’eventualità e accettato il rischio di un’azione violenta nei confronti del vittime, avevano trascurato di considerare che il delitto programmato non era il reato contestato, bensì una messa in scena, organizzata con soggetti terzi basisti all’interno della ditta RAGIONE_SOCIALE, per simulare un danno nei confronti dei titolari; t circostanza, insieme allo status di incensurato del ricorrente e alla sua inesperienza a delinquere, avrebbe dovuto determinare il riconoscimento in capo al Dieli del beneficio previsto dall’art. 116 cod. pen. In secondo luogo, la difesa censura la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche e dell’attenuante specifica di cui all’art. 62, primo comma 1, n. 4 cod. pen., ritenendo che la somma sottratta dagli imputati costituisca un’inezia rispetto all’enorme potenzialità economica dell’azienda, il cui fatturato non era mai stato inferiore ad un milione di euro.
Con il terzo motivo di ricorso si censura la violazione dell’art. 597 co.5 cod. proc. pen. in relazione alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche per avere la Corte territoriale giustificato il diniego attraverso u generico riferimento alla mancanza di elementi da valutarsi positivamente, senza considerare l’obiettiva incertezza in merito alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestato e il comportamento processuale dell’imputato il quale, non sottoponendosi ad interrogatorio, aveva accettato lo stato degli atti.
Con il quarto motivo di ricorso si denuncia la violazione degli artt. 628, primo comma e 625, primo comma, n.4 cod. pen. e travisamento delle prove. I giudici di merito si sarebbero limitati a condividere le valutazioni del Tribunale in merito al riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 628, terzo comma, n. 1, cod. pen., senza attribuire rilievo al fatto che l’imputato si era tolto il casco integrale costanza dell’azione delittuosa, rendendo agevole la propria identificazione. Tale circostanza, ove adeguatamente valutata, avrebbe dovuto indurre la Corte territoriale a determinarsi nel senso di una riqualificazione del fatto contestato, quantomeno ai sensi dell’art. 628, primo comma, cod. pen.
Le risultanze probatorie attestavano altresì la sussistenza di un pregresso accordo con soggetti terzi all’interno dell’azienda, al fine di simulare un furto a danni dei titolari, con la conseguenza che il reato contestato doveva essere riqualificato ai sensi dell’art. 624 cod. pen., sia pur nella forma prevista dall’a 625, primo comma, n.4 cod. pen.; in tal senso, deporrebbero anche le testimonianze del COGNOME e del COGNOME, posto che dalle stesse non era dato evincere se la violenza usata dagli imputati fosse stata precedente o successiva all’apprensione della borsa e del portafogli.
Il quinto motivo di ricorso censura la violazione dell’art. 624 cod. pen. per avere la Corte territoriale qualificato il fatto ai sensi dell’art. 628, primo e t comma n.1 cod. pen., senza considerare che nel caso di armi portate ma non utilizzate a scopo intimidatorio si configura l’ipotesi di furto aggravato e non d rapina.
Con il sesto motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 628 cod. pen. ratione temporis vigente per avere la Corte territoriale irrogato una pena ingiustamente determinata, in ragione della mancata concessione della circostanza attenuante della lieve entità del fatto, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 86 del 2024, e del riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 628, terzo comma, n.1 cod. pen. nonostante il gesto remissivo del COGNOME di togliersi il casco integrale in costanza dell’azione delittuosa.
Si sostiene, infine, che, qualora la condotta fosse riqualificata nella fattispecie prevista dall’art. 624 cod. pen., ne conseguirebbe l’improcedibilità del reato per mancanza di querela.
3.5. Nell’interesse di COGNOME Vito sono stati articolati tre motivi di ricorso
Con il primo motivo di ricorso si censura il vizio di motivazione in relazione all’omessa valutazione di specifici elementi di prova, indicati nell’atto di appello avendo la Corte territoriale tralasciato di considerare il contenuto della escussione dei testi COGNOME NOME e COGNOME e fondato la penale responsabilità dell’imputato esclusivamente sulle testimonianze indirette dei titolari della ditt RAGIONE_SOCIALE. La circostanza per cui il contenuto delle registrazioni effettuate dai COGNOME non abbia trovato riscontro alcuno nelle dichiarazioni testimoniali rese dalle vittime della rapina, una delle quali, peraltro, indagata per fals testimonianza, avrebbe reso, infatti, doveroso un raffronto tra tutti gli elementi costituenti il compendio probatorio, al fine di rendere comprensibile la maggior valenza di alcune prove rispetto alle altre e, in particolare, le ragioni della pien attendibilità dei soli elementi probatori a carico dell’odierno ricorrente. In secondo luogo, la difesa deduce l’inutilizzabilità delle registrazioni e dei fotogramm estrapolati dalle riprese fornite da un sistema privato di videosorveglianza, situato
nei pressi del luogo della rapina, in considerazione della mancata verifica tecnica di funzionamento e del disallineamento temporale rilevato nelle riprese.
Il secondo motivo di ricorso denuncia il vizio di motivazione in relazione alla quantificazione della pena, avendo i giudici di merito irrogato una pena superiore al minimo edittale, senza fornire un’adeguata motivazione atta a suffragarne la ragionevolezza. Da un lato, infatti, il riferimento alla gravità delle condotte no poteva ritenersi esaustivo, costituendo la violenza alle persone un elemento insito nella condotta di rapina e non un indice del grado di intensità del reato de quo; dall’altro, le argomentazioni svolte dalla Corte territoriale in merito alla penal responsabilità dell’imputato non avevano trovato riscontro, stante il travisamento degli atti processuali.
Con il terzo motivo di ricorso si eccepisce il vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche attraverso un generico riferimento all’assenza di elementi da valutarsi positivamente.
3.6. Con motivi aggiunti pervenuti il 6 dicembre 2024 la difesa dello COGNOME ha puntualizzato i profili di ricorso relativi alla valutazione della prova, a quantificazione della pena, al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Con motivi aggiunti pervenuti il 20 dicembre 2024, la difesa del COGNOME ha insistito sull’illegalità della pena, per profili relativi agli aumenti per le aggra e all’esclusione dell’ipotesi dell’attenuante del fatto di lieve entità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili, perché presentati per motivi non consentiti e comunque privi della specificità necessaria ex artt. 581, comma 1, e 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
I ricorrenti reiterano, infatti, censure attinenti all’affermazione responsabilità per la rapina aggravata e alla determinazione del trattamento sanzionatorio (in particolare, per il diniego delle circostanze attenuanti generiche e l’applicazione della recidiva, ove contestata).
Per il primo profilo è appena il caso di richiamare la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali a imporre una diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando
non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatt per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilit della valenza probatoria del singolo elemento (ex multis Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747-01).
Nel caso, poi, come quello di specie, di cosiddetta “doppia conforme”, il vizio di travisamento della prova – pure denunciato dai ricorrenti – può essere dedotto con il ricorso per cassazione sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, p rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, COGNOME, Rv. 280155-01); situazioni processuali estranee alle stesse allegazioni di parte.
3. Ciò premesso, il primo motivo dei ricorsi di COGNOME, COGNOME e COGNOME – basato su argomentazioni analoghe – costituiscono all’evidenza una richiesta di rivalutazione del giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova e su scelta dei giudici di merito tra divergenti versioni e interpretazioni dei fat valutazione non sindacabile in sede di legittimità, salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione.
Lo stesso dicasi per il primo motivo di ricorso dello COGNOME, il quale, inoltre, lamenta – in termini, peraltro, generici – l’omessa valutazione “di elementi di prova oggetto dell’atto di appello”, senza considerare la specifica confutazione delle tesi difensive da parte della corte territoriale (pagine da 12 a 14) e, soprattutto, omettendo di confrontarsi con il principio di diritto secondo cui in sede di legittimità non è censurabile la sentenza, per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame, quando questa risulta disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, essendo sufficiente, per escludere la ricorrenza del vizio previsto dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della prospettazione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa (Sez. 2, n. 35817 del 10/07/2019, Sirica, Rv. 276741-01).
Anche per il ricorso del COGNOME valgono considerazioni analoghe laddove, pur richiamando correttamente in premessa i limiti del sindacato di legittimità, fa riferimento a contraddizioni della motivazione, in ordine al giudizio di
responsabilità per la rapina aggravata, sulla base di argomentazioni squisitamente di merito.
3.1. Con argomentazioni immuni da vizi logici e coerenti con le acquisizioni probatorie, la corte palermitana ha condiviso le valutazioni del primo giudice, previa confutazione dei motivi di appello, caratterizzati anche in quel caso, da argomentazioni comuni o, comunque, fra loro connesse.
È stato a tal fine evidenziato come la ricostruzione dell’accaduto effettuata dal tribunale si sia fondata su numerosi elementi di fatto aventi carattere di certezza, con riferimento, in via principale, alle testimonianze rese dai titolari dell’aziend COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME; quest’ultimo, pur non essendo stato presente all’azione delittuosa, ha dichiarato di aver preso visione dei video tratti dalle telecamere situate in prossimità di un bar nelle vicinanze della propria sede aziendale e di aver riconosciuto il COGNOME e lo COGNOME, oltre al motociclo di costui. Il teste ha altresì riferito di aver ricevuto nella stessa giorna della rapina la visita di NOME COGNOME, fratello di NOME (dipendente della ditta RAGIONE_SOCIALE e vittima della condotta predatoria), apprendendo che questi aveva riconosciuto il COGNOME, per essersi costui tolto per qualche attimo il casco, individuato il motociclo dello COGNOME, e che tali soggetti (già dipendenti della RAGIONE_SOCIALE e in seguito licenziati) gli avevano intimato di non parlare.
A riscontro di quanto dichiarato anche da NOME COGNOME sono stati riportati i dialoghi di conversazioni private da questi registrate, una delle qual intercorsa con NOME COGNOME il quale aveva rappresentato di aver riconosciuto fra i rapinatori il COGNOME e di aver individuato il ciclomotore de COGNOME ma di non essere disposto a fare i loro nomi alle forze dell’ordine (il dvd contenente i file audio fu consegnato nell’immediatezza della registrazione agli investigatori, sequestrato e acquisito agli atti, unitamente alle relative trascrizio effettuate dagli operanti); ulteriore riscontro della veridicità del riconoscimento è stato indicato nei segni dell’aggressione subita da NOME ad opera dello COGNOME, in ragione delle affermazioni del fratello ai datori di lavoro e al fine rafforzare l’intimazione a non parlare con gli inquirenti (le tumefazioni sul volto hanno trovato conferma nelle dichiarazioni di NOME COGNOME).
Le testimonianze dei due COGNOME e le quattro conversazioni da costoro registrate – riportate nei punti più rilevanti nella sentenza di primo grad (paragrafo 2.3, pagine 16 e seguenti), con riferimento anche ai riscontri derivanti dall’analisi dei tabulati telefonici – costituiscono, pertanto, nel ragionamento de giudici di merito, piena prova di reità a carico del COGNOME e dello COGNOME.
La valorizzazione di tali elementi non ha trascurato di considerare il tenore opposto delle dichiarazioni testimoniali di COGNOME e del COGNOME che in dibattimento si sono sostanzialmente limitati a descrivere la dinamica della rapina,
negando il COGNOME di aver riconosciuto uno o più rapinatori e di aver fatto alcun nome al COGNOME, circostanza che contrasta con il chiaro tenore delle conversazioni registrate, per cui è stata disposta la trasmissione degli atti alla competente autorità giudiziaria requirente per il reato di falsa testimonianza.
3.2. La responsabilità concorsuale degli altri tre imputati è ugualmente argomentata in termini plausibili e coerenti con le acquisizioni istruttorie sintetizzate, in particolare, alle pagine da 41 e seguenti della sentenza di primo grado oltre che alle pagine 14 e 15 di quella di appello.
Le immagini del sistema di videosorveglianza (posto all’interno e all’esterno del locale suddetto) hanno consentito di identificare i cinque soggetti ripresi nel filmato negli odierni imputati, essendosi a riguardo espresso in termini di assoluta certezza il teste di p.g. NOME COGNOME che ha puntualmente indicato le ragioni della identificazione e del suo convincimento; mentre il COGNOME e lo COGNOME, ex dipendenti della RAGIONE_SOCIALE furono riconosciuti anche dai COGNOME, l’identità di COGNOME, COGNOME Modica, Cangemi è risultata evidente a seguito della comparazione delle immagini della telecamera interna con le effigi estratte dagli archivi di polizia o dai cartellini demografici comunali (circostanze, queste ultime, non oggetto di specifica contestazione).
Il reale orario delle immagini, coincidente con quello della rapina, è stato altresì accertato in relazione anche a quanto dichiarato dal titolare dell’esercizio commerciale presso il quale le telecamere erano state installate. Tutti gli imputati sono risultati presenti nell’area per un lasso di tempo considerevole e sono stati ripresi a discutere insieme, spostarsi alternativamente a piedi e con gli scooter in direzione dell’azienda, negli istanti immediatamente antecedenti alla rapina, e tutti e cinque sono stati ripresi percorrere a piedi la strada che portava ai cancelli della ditta; dopo la rapina, quattro di loro sono stati ripresi mentre percorrevano la stessa strada, imboccata dal furgone in direzione opposta (due motocicli con a bordo, rispettivamente, le coppie COGNOME – COGNOME e COGNOME – COGNOME; Di Modica, a piedi).
Tutti i ricorrenti lamentano il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, con argomentazioni reiterativi e prive di confronto critico con la motivazione sul punto della sentenza impugnata.
La Corte di appello ha giustificato il rigetto della richiesta del beneficio con l mancata acquisizione di elementi favorevoli, comunque tali da ridimensionare la gravità delle condotte, indicative della personalità negativa degli imputati, sottolineando a tal fine anche il contegno processuale non collaborativo (l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del
soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle stesse – Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, rv. 281590-01).
4.1. Manifestamente infondate sono altresì le censure della difesa di COGNOME, COGNOME e COGNOME sull’applicazione della recidiva a ciascuno di essi contestata, risolvendosi i relativi motivi nella riproposizione di rilevi difensivi adeguatament confutati della corte di merito.
I giudici di appello, infatti, applicando correttamente i principi del giurisprudenza di legittimità, secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’arco temporale in cui questi risultano consumati, hanno esaminato il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne per reati contro la persona e contro il patrimonio, ritenendo la ricaduta criminale sintomatica di maggiore pericolosità degli autori e superiore capacità delinquenziale.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME presenta ulteriori e peculiar ragioni di inammissibilità.
Va ribadito il principio più volte affermato dalla Corte secondo cui non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura “a priori” un inevitabile difetto di motivazione pe essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME Rv. 270316-01).
Orbene, il ricorrente in premessa riconosce di aver sottoposto al giudice di appello due specifici motivi incentrati sulla richiesta di assoluzione in ordine alla responsabilità concorsuale nella rapina aggravata e, in subordine, di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; la lettura dell’atto di appello conferma tale ambito circoscritto dell’impugnazione.
Nel ricorso per cassazione vengono prospettati nuovi motivi di gravame, relativi all’inutilizzabilità delle registrazioni effettuate da NOME COGNOME p violazione di norme processuali (primo motivo), all’inapplicabilità dell’aggravante di cui all’art. 628, terzo comma, n. 1 cod. pen., alla sussistenza del concorso anomalo di cui all’art. 116 cod. pen., al riconoscimento dell’attenuante ex art. 62, n. 4 cod. pen. (secondo motivo), alla riqualificazione della fattispecie in termini d rapina impropria non aggravata o di furto (quarto e quinto motivo): questioni tutte non devolute in appello e, pertanto, non deducibili in cassazione.
Unica questione nuova che va invece esaminata è quella contenuta nel sesto motivo di ricorso.
Premesso che la pena è stata correttamente determinata sulla base dei parametri edittali previsti dal terzo comma dell’art. 628, terzo comma, cod. pen. sostiene il ricorrente che sussistono i presupposti per l’applicazione dell’art. 628 cod. pen. nella formulazione conseguente alla declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza n. 86/2024, emessa dopo la pronuncia impugnata (diminuzione della pena in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità).
Sebbene la valutazione debba confrontarsi con la sopravvenuta modifica normativa ad opera del giudice delle leggi, il motivo è all’evidenza infondato.
L’applicazione dell’attenuante in questione va infatti a priori esclusa qualora la descrizione nella sentenza impugnata delle modalità dell’azione e dell’entità del danno siano incompatibili con il fatto di lieve entità (di recente, Sez. 2 n. 43 de 19/12/2024, dep. 2025, COGNOME, in corso di massimazione); nel caso di specie la rapina è stata commessa da cinque persone travisate, con violenza sulle persone, e l’impossessamento di consistenti somme di danaro, con conseguente esclusione dell’ipotesi attenuata.
Per il resto la pena non presenta profili di illegalità, come denunciati da ultimo con i motivi aggiunti, essendo stata determinata in anni sei, mesi quattro di reclusione ed euro 2.000,00 di multa, secondo un calcolo corretto: pena base per il delitto di rapina consumata aggravata (fatto commesso da persone travisate) anni quattro e mesi sei di reclusione ed euro 1.200,00 di multa (prossima al minimo edittale ratione temporis applicabile ai sensi dell’art. 628, comma terzo, n.1, cod. pen.) aumentata ex art. 63, quarto comma, cod. pen. nella misura complessiva di un terzo per la concorrente circostanza aggravante ad effetto speciale della commissione del fatto in più persone e della recidiva, fino ad anni sei di reclusione ed euro 1.600,00 di multa – con corretta applicazione, quindi, del criterio moderatore previsto dalla norma – ulteriormente aumentata di quattro mesi di reclusione ed euro 400,00 di multa per la continuazione interna.
I rilievi da ultimo effettuati con i motivi aggiunti non attengono all’illegal della pena, contestandosi per la prima volta l’aumento per la continuazione interna, a fronte della ritenuta pluralità di reati da parte del primo giudice (pa 49), nonché la autonoma rilevanza delle circostanze aggravanti previste dall’art. 628, terzo comma, n. 1, cod. pen. senza peraltro considerare la diversità ontologica fra il travisamento, che mira al conseguimento della impunità, e il numero di più persone riunite o l’uso delle armi che si propongono una maggiore efficacia intimidatoria.
Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 17 gennaio 2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presi ente