Ricorso Inammissibile: Quando i Motivi d’Appello non Convincono la Cassazione
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione affronta un ricorso inammissibile, specialmente quando i motivi presentati non sono altro che una ripetizione di argomentazioni già valutate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. In questo caso, la Corte ha rigettato il ricorso avverso una condanna per rapina, confermando le decisioni dei giudici di merito e ribadendo importanti principi su riqualificazione del reato, circostanze aggravanti e attenuanti.
I Fatti del Caso
Una persona condannata per il reato di rapina (art. 628 c.p.) ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, sollevando tre questioni principali. In primo luogo, chiedeva di riclassificare il reato in una fattispecie meno grave, ovvero l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 393 c.p.). In secondo luogo, contestava l’applicazione della circostanza aggravante per aver commesso il fatto all’interno di un’abitazione. Infine, lamentava il mancato riconoscimento della circostanza attenuante della partecipazione di minima importanza (art. 114 c.p.).
La Decisione della Corte e il concetto di ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha esaminato e respinto tutti e tre i motivi del ricorso, dichiarandolo nel suo complesso inammissibile. La decisione si fonda su principi consolidati sia nel diritto sostanziale che in quello processuale.
Primo Motivo: Il Tentativo di Riqualificazione del Reato
La Corte ha stabilito che la richiesta di riqualificare il reato era inammissibile in sede di legittimità. Il motivo è stato considerato una “pedissequa reiterazione” di argomenti già presentati e puntualmente respinti dalla Corte d’Appello. Per la Cassazione, un ricorso non può limitarsi a riproporre le stesse tesi, ma deve contenere una critica argomentata e specifica della sentenza impugnata, evidenziando vizi di legge. In assenza di ciò, il motivo è solo apparente e non valido.
Secondo Motivo: L’Aggravante della Rapina in Abitazione
Anche la contestazione sull’aggravante prevista dall’art. 628, co. 3 n. 3-bis c.p. è stata respinta. La Corte ha ribadito, sulla base di una giurisprudenza consolidata, che tale aggravante sussiste anche quando il reato avviene nell’abitazione di proprietà dello stesso autore del reato. Il fondamento dell’aggravante, infatti, non è la violazione del domicilio altrui, ma il maggiore disvalore del fatto dovuto alle evidenti ripercussioni sulla persona della vittima, che si trova in una condizione di particolare vulnerabilità.
Terzo Motivo: Il Diniego dell’Attenuante della Minima Partecipazione
Infine, la Corte ha ritenuto manifestamente infondata la richiesta di applicare l’attenuante della partecipazione di minima importanza. I giudici hanno sottolineato che, per concedere tale attenuante, il contributo del correo deve essere talmente marginale da risultare quasi trascurabile nell’economia complessiva del reato. Nel caso di specie, l’azione dell’imputata, che aveva forzato la presa sull’oggetto per sottrarlo, è stata decisiva per la consumazione del crimine e quindi tutt’altro che marginale.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si basano su un principio fondamentale del giudizio di legittimità: la Cassazione non è un terzo grado di merito. Il suo compito non è rivalutare i fatti, ma assicurare la corretta applicazione della legge. Pertanto, i motivi di ricorso che si risolvono in una mera riproposizione di argomenti fattuali già esaminati sono considerati non specifici e, di conseguenza, inammissibili.
Sulle questioni di diritto, la Corte si è allineata alla sua giurisprudenza costante. Per quanto riguarda l’aggravante della rapina in abitazione, viene valorizzata la tutela della persona e della sua sfera di sicurezza individuale, che risulta maggiormente compromessa quando la violenza si consuma in un luogo privato come l’abitazione. Per l’attenuante della minima partecipazione, la motivazione si concentra sul ruolo effettivo svolto dall’imputato: se la sua azione è stata una condizione necessaria per la sottrazione del bene, il suo contributo non può essere definito minimo.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un messaggio cruciale per la difesa tecnica: un ricorso per cassazione deve essere redatto con estrema perizia, concentrandosi sui vizi di legittimità della sentenza impugnata e non sulla semplice riproposizione delle argomentazioni di merito. La decisione evidenzia inoltre la stabilità degli orientamenti giurisprudenziali su temi delicati come le circostanze del reato di rapina, offrendo un quadro chiaro dei criteri applicati dalla Suprema Corte.
Perché è stata respinta la richiesta di riclassificare il reato da rapina a uno meno grave?
La richiesta è stata respinta perché considerata una semplice ripetizione di argomenti già presentati e respinti in appello. Un ricorso in Cassazione deve contenere critiche specifiche e di diritto alla sentenza impugnata, non riproporre le stesse questioni di fatto.
L’aggravante della rapina in abitazione si applica anche se il fatto avviene nella casa di chi commette il reato?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’aggravante si applica perché il suo scopo è proteggere la persona che subisce la violenza in un luogo privato, a prescindere da chi sia il proprietario dell’immobile. Il maggiore disvalore deriva dalle ripercussioni sulla vittima.
Quando si può ottenere l’attenuante per la partecipazione di minima importanza a un reato?
L’attenuante può essere concessa solo quando il contributo del partecipe è stato così marginale da essere quasi irrilevante per la realizzazione del reato. Nel caso specifico, l’azione dell’imputata è stata ritenuta determinante per la sottrazione del bene e quindi non minima.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24497 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24497 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a BRINDISI il 08/02/1966
avverso la sentenza del 02/10/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME e la memoria trasmessa a mezzo p.e.c. il 23 aprile 2025, rilevato che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta la mancata riqualificazione giuridica dell’ipotesi delittuosa di cui all’art. 628 cod. pen. in quella di minor gravità contemplata dall’art. 393 cod. pen. non è consentito dalla legge in sede di legittimità, perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (si vedano pagg. 5-6 della sentenza impugnata);
considerato che il secondo motivo di ricorso contesta il riconoscimento della circostanza aggravante di cui all’art. 628 co. 3 n. 3 bis cod. pen. non è consentito dalla legge in sede di legittimità, in quanto il giudice di merito ha adeguatamente adempiuto il suo onere argomentativo (si vedano pagg. 6-7 della sentenza impugnata) sulla base della consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale il reato in questione sussiste anche nel caso in cui il fatto si sia consumato all’interno dell’abitazione di proprietà dell’agente (Sez. 2, n. 32782 del 13/07/2021, Rv. 281914) ed il maggiore disvalore dipende delle evidenti ripercussioni sulla persona (Sez. 2, n. 23331 del 2/07/2020, Rv. 279479);
considerato che il terzo motivo di ricorso contesta l’omessa applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in presenza di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli att ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione che la Corte d’appello non ha accolto tale richiesta in quanto è necessario che il correo abbia assunto un ruolo di rilevanza marginale rispetto all’evento al punto da risultare trascurabile nel complessivo iter criminoso (Sez. 4, n. 26525 del 7/06/2023, Rv. 284771) e nel caso di specie, l’azione dell’imputata, la quale ha forzato la presa sull’oggetto da parte del COGNOME, ha determinato la sottrazione ed il conseguente impossessamento del bene (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata);
che la memoria da ultimo trasmessa in data 23 aprile 2025 presenta un
contenuto meramente riepilogativo- dei motivi originari di ricorso, senza nulla – innovare rispetto al primigenio argomentare delle doglianze prospettate con i
motivi di ricorso;
ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna
della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore delle Cassa delle
ammende.
Così deciso il 17 giugno 2025.