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Ricorso inammissibile: quando viene dichiarato tale?

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da due imputati contro una sentenza della Corte d’Appello. La decisione si fonda sul fatto che i motivi del ricorso erano una mera ripetizione di argomenti già correttamente respinti in secondo grado, dove era stata esclusa la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e le attenuanti generiche a causa della gravità e abitualità delle condotte. I ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Analisi di una Decisione della Cassazione

Nel complesso mondo della giustizia penale, l’esito di un processo non si decide solo nel merito, ma anche attraverso il rigoroso rispetto delle regole procedurali. Un esempio emblematico è il concetto di ricorso inammissibile, una situazione in cui l’organo giudicante non arriva nemmeno a valutare la fondatezza delle argomentazioni, bloccando l’appello sul nascere. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre uno spunto chiaro per comprendere quando e perché un ricorso subisce questa sorte, con conseguenze significative per chi lo propone.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dalla sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Catanzaro nei confronti di due individui. Ritenendo ingiusta la decisione, i due imputati hanno presentato ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento. Le loro difese si concentravano principalmente su due punti: la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale, e il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto comportare una riduzione della pena.

La Decisione della Suprema Corte sul Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha posto fine al percorso giudiziario dei ricorrenti in modo netto e definitivo. I giudici supremi hanno dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate (cioè non stabilisce se i ricorrenti avessero ragione o torto), ma si ferma a un livello precedente, quello della validità stessa dell’impugnazione. La conseguenza diretta di questa declaratoria è stata la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che i motivi addotti dai ricorrenti non erano nuovi, ma si limitavano a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e, soprattutto, già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. I giudici di secondo grado avevano infatti fornito una motivazione logica e giuridicamente corretta per escludere sia l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. sia la concessione delle attenuanti generiche.

La Corte d’Appello aveva basato la sua decisione sulla gravità e sull’abitualità delle condotte poste in essere dagli imputati. Questi due elementi, secondo i giudici di merito, erano ostativi al riconoscimento della particolare tenuità del fatto e giustificavano la conferma della sentenza di primo grado, anche per quanto riguarda l’entità della pena. La Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha sostanzialmente ratificato la correttezza di questo ragionamento, ritenendo superfluo un ulteriore esame di punti già chiariti in modo esauriente.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il suo scopo è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Se un ricorso si limita a ripetere doglianze già respinte senza evidenziare vizi di legittimità (come un’errata interpretazione della legge o una motivazione manifestamente illogica), è destinato a essere dichiarato inammissibile. Per gli imputati, le implicazioni sono severe: non solo la condanna diventa definitiva, ma si aggiunge l’onere delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, rendendo la strategia difensiva controproducente.

Quando un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, tra le altre ragioni, si limita a riproporre le stesse argomentazioni già adeguatamente vagliate e respinte con corretti argomenti giuridici dalla corte del grado precedente, senza sollevare nuove questioni di legittimità.

Per quale motivo nel caso specifico non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La sua applicazione è stata esclusa a causa della gravità e dell’abitualità delle condotte poste in essere dagli imputati, elementi che, secondo la valutazione dei giudici di merito confermata dalla Cassazione, sono incompatibili con il requisito della particolare tenuità dell’offesa.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
In base all’ordinanza, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in assenza di cause di esonero, al versamento di una somma, in questo caso determinata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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