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Ricorso inammissibile: quando un appello è respinto

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile perché basato su motivi generici e su una questione, la particolare tenuità del fatto, sollevata per la prima volta in sede di legittimità. La decisione sottolinea che le eccezioni non proposte in appello non possono essere introdotte ex novo davanti alla Suprema Corte, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile in Cassazione: Analisi di un Caso Pratico

Quando si impugna una sentenza, è fondamentale seguire regole procedurali precise. Un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta del mancato rispetto di tali norme, con effetti potenzialmente gravosi per chi lo propone. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la genericità dei motivi e l’introduzione di nuove questioni in sede di legittimità portino inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con condanna alle spese.

Il Percorso Giudiziario: dall’Appello alla Cassazione

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello. È importante notare che, nel secondo grado di giudizio, l’imputato si era limitato a chiedere una semplice riduzione della pena.

Tuttavia, giunto dinanzi alla Corte di Cassazione, il ricorrente ha tentato di ampliare il perimetro della sua difesa, contestando l’accertamento del reato e, per la prima volta, sollevando la questione della non punibilità per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale.

Le Ragioni del Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile sulla base di due pilastri argomentativi distinti ma collegati.

La Genericità dei Motivi di Ricorso

In primo luogo, i giudici hanno ritenuto che le critiche mosse alla ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello fossero generiche. Il ricorrente, ad esempio, aveva giustificato la sua presenza in un’abitazione sostenendo di non aver risposto al citofono per problemi di udito. La Corte d’Appello aveva già valutato e respinto tale versione come non veritiera con una motivazione congrua. La Cassazione ha ribadito che la sua funzione, in sede di legittimità, non è quella di riesaminare il fatto, ma solo di controllare la corretta applicazione della legge. Un motivo di ricorso che si limita a proporre una diversa valutazione delle prove, senza individuare un vizio logico o giuridico nella sentenza impugnata, è irrimediabilmente generico e, quindi, inammissibile.

L’impossibilità di Introdurre Nuove Questioni in Cassazione

Il secondo e decisivo punto riguarda la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ha applicato un principio cardine del nostro ordinamento processuale, sancito dall’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale: non possono essere dedotte in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello.

Poiché la normativa sulla particolare tenuità del fatto era già in vigore al momento della sentenza d’appello, l’imputato avrebbe dovuto sollevare tale questione in quella sede. Non avendolo fatto, gli era preclusa la possibilità di farlo per la prima volta davanti alla Suprema Corte. Inoltre, i giudici hanno precisato che, in assenza di una specifica richiesta, il giudice di merito non ha alcun obbligo di pronunciarsi d’ufficio su tale causa di esclusione della punibilità.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha concluso che il ricorso era manifestamente infondato e generico. Il motivo dedotto in appello, che riguardava solo la riduzione della pena, rendeva pretestuosa la censura di un’omessa valutazione su questioni mai sollevate prima. Anche la critica sul diniego delle circostanze attenuanti generiche è stata ritenuta infondata, poiché la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato la sua decisione. L’inammissibilità del ricorso è stata quindi la logica conseguenza di queste carenze strutturali dell’impugnazione.

Le Conclusioni e le Conseguenze Pratiche

L’ordinanza si chiude con l’applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale. A causa della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Questa decisione ribadisce un insegnamento fondamentale: le strategie difensive devono essere definite e articolate fin dai primi gradi di giudizio. Tentare di introdurre nuovi argomenti ‘in extremis’ davanti alla Corte di Cassazione non solo è proceduralmente scorretto, ma espone anche a significative conseguenze economiche, trasformando un ricorso inammissibile in un epilogo costoso e infruttuoso.

È possibile chiedere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto per la prima volta in Cassazione?
No, la Corte chiarisce che tale questione non può essere dedotta per la prima volta in Cassazione se la relativa normativa era già in vigore al momento della sentenza d’appello, ostandovi la previsione dell’art. 606, comma 3, c.p.p.

Cosa succede se un motivo di ricorso è considerato “generico”?
Un motivo di ricorso viene considerato generico quando non contesta in modo specifico la motivazione della sentenza impugnata, ma si limita a proporre una diversa valutazione dei fatti. Ciò porta alla dichiarazione di inammissibilità, impedendo alla Corte di esaminare il merito della questione.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro, stabilita equitativamente dalla Corte, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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