Ricorso Inammissibile: la Cassazione non è un Terzo Grado di Giudizio
Quando un processo arriva in Corte di Cassazione, molti credono si tratti di una sorta di “terzo tempo” della partita giudiziaria, un’ultima occasione per ribaltare il verdetto. Tuttavia, una recente ordinanza della Suprema Corte ci ricorda che non è così. In un caso emblematico, è stato dichiarato ricorso inammissibile quello presentato da un imprenditore, chiarendo una volta per tutte i limiti del giudizio di legittimità. Questo provvedimento è fondamentale per comprendere perché la Cassazione non può essere utilizzata per chiedere una nuova valutazione delle prove.
I Fatti del Caso: una Dichiarazione non Veritiera
La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un soggetto per diversi reati, tra cui spicca quello di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.). L’imputato, gestore di una casa di riposo, aveva presentato un’autocertificazione al Comune attestando che lo stato dei luoghi dell’immobile era conforme alla planimetria depositata presso gli uffici tecnici. In realtà, come accertato dalla Polizia Municipale, erano state effettuate modifiche strutturali significative che rendevano la dichiarazione non veritiera.
Condannato in primo grado a 8 mesi e 10 giorni di reclusione, la sua pena era stata ridotta a 3 mesi dalla Corte d’Appello. Non soddisfatto, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali: un’errata valutazione della sua colpevolezza e una pena ritenuta eccessiva.
L’analisi del ricorso inammissibile in Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. Questo concetto è cruciale: il ricorso viene respinto non perché le argomentazioni siano deboli, ma perché non rientrano tra quelle che la Corte può esaminare.
Il primo motivo, relativo alla colpevolezza, è stato considerato un tentativo di ottenere una rivalutazione dei fatti. L’imputato chiedeva ai giudici supremi di interpretare le prove in modo diverso rispetto ai tribunali di primo e secondo grado. La Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un “terzo giudice del fatto”, ma di un “giudice della legge”. Il suo compito è assicurare che la legge sia stata applicata correttamente, non stabilire se un testimone sia più o meno credibile o se un documento sia stato interpretato correttamente nel suo contenuto fattuale.
Anche il secondo motivo, sull’eccessività della pena, è stato giudicato infondato. La Corte ha notato che la pena era già stata drasticamente ridotta in appello e che il calcolo finale era il risultato di un bilanciamento corretto tra la gravità del reato, le attenuanti generiche e lo sconto per il rito abbreviato. Pertanto, la lamentela è apparsa generica e non ha evidenziato alcun errore di diritto nel processo sanzionatorio.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte si fondano su un principio cardine del nostro ordinamento processuale. Il giudizio di Cassazione è una sede di legittimità, non di merito. Questo significa che non si può chiedere alla Suprema Corte di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici che hanno esaminato direttamente le prove e i testimoni. Il ricorso è ammesso solo per violazioni di legge o per vizi logici evidenti e manifesti nella motivazione della sentenza impugnata.
Nel caso specifico, i giudici di merito avevano costruito la loro decisione su elementi solidi: i documenti amministrativi e gli accertamenti della Polizia Municipale. La loro motivazione è stata giudicata “sorretta da considerazioni razionali”. Di fronte a una motivazione logica e coerente, la Cassazione non può intervenire, anche se una diversa interpretazione dei fatti fosse astrattamente possibile. Presentare “differenti apprezzamenti di merito”, come ha fatto la difesa, equivale a chiedere un nuovo processo, cosa non consentita in questa sede.
Conclusioni
Questa ordinanza offre due importanti lezioni. La prima è che un ricorso inammissibile non è solo un ricorso perdente, ma un’azione che non supera nemmeno il vaglio di ammissibilità, con la conseguenza della condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La seconda è un chiaro monito sull’uso corretto dello strumento del ricorso per cassazione: deve essere mirato a denunciare specifici errori di diritto, non a tentare una disperata rivalutazione delle prove. La distinzione tra giudizio di fatto e giudizio di diritto rimane una colonna portante del sistema giudiziario, garantendo certezza e stabilità alle decisioni.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti o le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici precedenti. Il suo ruolo è di “giudice di legittimità”, non di merito.
Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel provvedimento.
In questo caso, perché il motivo sulla pena eccessiva è stato respinto?
Il motivo è stato respinto perché la Corte d’Appello aveva già notevolmente ridotto la pena (da oltre 8 mesi a 3 mesi). La Cassazione ha ritenuto che il calcolo della pena fosse corretto e non ispirato a un eccessivo rigore, rendendo la doglianza generica e infondata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1128 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1128 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MESSINA il 19/10/1968
avverso la sentenza del 24/04/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Premesso che è stata impugnata la sentenza della Corte di appello di Messina del 24 aprile 2024, che, in parziale riforma della decisione resa in sede di rito abbreviato dal Tribunale di Messi 22 giugno 2023, ha rideterminato in mesi 3 di reclusione la pena a carico di NOME COGNOME ritenuto colpevole del reato ex art. 483 cod. pen. (capo B), del reato di cui all’art. 44 let d.P.R. n. 380 del 2001 (capo A), del reato previsto dall’art. 109 del R.D. n. 773 del 1931 (c C), nonché di varie violazioni della normativa sulla prevenzione degli incendi e degli infortun lavoro (capi D, E ed F); fatti accertati in Messina tra il 6 gennaio e il 14 febbraio 2020.
Rilevato che il primo motivo di ricorso, con il quale si censura la conferma del giudiz colpevolezza dell’imputato, è manifestamente infondato, in quanto volto a prefigurare una rivalutazione alternativa delle fonti probatorie, a fronte dell’adeguata ricostruzione opera giudici di merito, i quali, rispetto al delitto di falso (gli altri reati non hanno formato censura), hanno ragionevolmente valorizzato (pag. 6-8 della sentenza impugnata) i documenti amministrativi acquisiti e gli accertamenti compiuti dalla Polizia Municipale di Messina press casa di riposo “SINDIRIZZO“, da cui è emerso che al 13 giugno 2018, data di presentazion dell’autocertificazione a firma dell’imputato, erano state già effettuate modifiche che rendevano più lo stato dei luoghi conforme alla planimetria in possesso degli uffici comunali.
Osservato che la motivazione della sentenza impugnata risulta sorretta da considerazioni razionali, cui la difesa contrappone differenti apprezzamenti di merito, che tuttavia non s consentiti in sede di legittimità (cfr. Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 28060
Considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta l’eccessività della pen anch’esso manifestamente infondato, in quanto generico e assertivo, dovendosi peraltro considerare che la Corte di appello ha ridotto la pena inflitta all’imputato, passata dagli 8 10 giorni di reclusione inflitti dal primo giudice a 3 mesi di reclusione, pena cui si è pe partendo da una pena base di mesi 6 di reclusione, su cui è stata operata la riduzione di un ter per la concessione delle attenuanti generiche e con aumenti del tutto contenuti per continuazione, prima della riduzione per la scelta del rito, per cui deve senz’altro escluders il complessivo trattamento sanzionatorio sia stato ispirato da criteri di eccessivo rigore.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rilevato che a declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l del pagamento delle spese del procedimento, nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 13 settembre 2024.