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Ricorso inammissibile: quando non si può contestare la pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro una sentenza della Corte d’Appello. Il motivo, relativo alla contestazione del trattamento punitivo, è stato ritenuto non proponibile in quanto la decisione del giudice di merito era supportata da una motivazione sufficiente e non illogica. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Analisi di un Caso Pratico in Cassazione

L’esito di un processo penale non si conclude sempre con l’ultimo grado di giudizio. Spesso, la discussione si sposta sui requisiti formali e sostanziali dell’impugnazione stessa. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa interrompere il percorso giudiziario, sottolineando i limiti del sindacato di legittimità. Questo caso ci permette di analizzare quando e perché la Suprema Corte può rifiutarsi di entrare nel merito delle doglianze di un imputato, in particolare quelle relative alla quantificazione della pena.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Trento. L’imputato, non accettando la decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidando le sue speranze a un unico motivo: la violazione di legge in relazione all’articolo 62, comma primo, n. 4 del codice penale. Questa norma riguarda le circostanze attenuanti, applicabili quando il danno patrimoniale causato è di speciale tenuità. In sostanza, il ricorrente contestava il trattamento punitivo ricevuto, ritenendolo eccessivamente severo e non adeguatamente mitigato dalla Corte territoriale.

La Decisione della Corte e la Questione del Ricorso Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stroncato sul nascere le aspettative del ricorrente. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile. La Corte non è entrata nel merito della questione, ovvero se l’attenuante dovesse essere concessa o meno. La decisione si è fermata a un livello precedente, quello procedurale.

I giudici di legittimità hanno qualificato il motivo come “indeducibile”, un termine tecnico per indicare che la questione sollevata non poteva essere validamente proposta in quella sede. La valutazione sulla congruità della pena, infatti, è una prerogativa del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e può essere censurata in Cassazione solo in casi eccezionali.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte è sintetica ma densa di significato giuridico. Viene affermato che il motivo di ricorso, essendo afferente al “trattamento punitivo”, non poteva essere accolto perché la sentenza impugnata era sorretta da una “sufficiente e non illogica motivazione” e da un “adeguato esame delle deduzioni difensive”. La Suprema Corte ha richiamato esplicitamente una pagina specifica della sentenza d’appello (pagina 7), indicando che lì si trovava la risposta logica e completa alle argomentazioni della difesa. In altre parole, il giudice d’appello aveva già valutato e spiegato perché riteneva giusta quella determinata pena, e tale spiegazione non presentava vizi logici o giuridici tali da poter essere annullata. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti, ma un organo che controlla la corretta applicazione della legge e la logicità delle motivazioni.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: non ogni doglianza può arrivare al vaglio della Corte di Cassazione. Le valutazioni discrezionali del giudice di merito, come la quantificazione della pena, sono insindacabili in sede di legittimità se supportate da una motivazione adeguata, coerente e priva di palesi illogicità. Per il ricorrente, la declaratoria di inammissibilità comporta conseguenze economiche rilevanti: non solo la condanna definitiva diventa irrevocabile, ma scatta anche l’obbligo di pagare le spese del procedimento e di versare una somma considerevole (in questo caso, tremila euro) alla Cassa delle ammende. Questo caso serve da monito sulla necessità di formulare ricorsi per Cassazione che si concentrino su vizi di legittimità concreti e non su un generico dissenso rispetto alla decisione di merito.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché contestava il trattamento punitivo (la quantificazione della pena), ma la Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata fosse sufficiente, non illogica e basata su un adeguato esame delle argomentazioni difensive.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘indeducibile’?
Significa che l’argomento sollevato non può essere validamente presentato davanti alla Corte di Cassazione. Questo accade quando la questione riguarda una valutazione di merito, come la congruità della pena, che è di esclusiva competenza dei giudici dei gradi precedenti, a meno che la loro motivazione non sia palesemente illogica o del tutto assente.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione non ammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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