Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31426 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31426 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 08/02/1994
avverso la sentenza del 09/12/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che lamenta il vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione della diminuente della lieve entità, alla luce della intervenuta pronuncia della Corte costituzionale n. 86 del 16/04/2024, non è consentito in sede di legittimità, qualora la questione, già proponibile in appello, non sia stata prospettata in quella sede, neppure con i motivi aggiunti ovvero in sede di formulazione delle conclusioni (cfr. in motivazione sul punto: Sez. 2, n. 44819 del 20/11/2024, Rodi);
che, invero, più in generale, va ribadito che il mancato esercizio del poteredovere del giudice di appello di applicare d’ufficio una o più circostanze attenuanti, non accompagnato da alcuna motivazione, non può costituire motivo di ricorso in cassazione per violazione di legge o difetto di motivazione, qualora l’imputato, nell’atto di appello o in sede di conclusioni del giudizio di appello, non abbia formulato una richiesta specifica, con preciso riferimento a dati di fatto astrattamente idonei all’accoglimento della stessa, rispetto alla quale il giudice debba confrontarsi con la redazione di una puntuale motivazione (cfr. Sez. 3, n. 10085 del 21/11/2019, dep. 2020, G., Rv. 279063 – 02; Sez. 7, ord. n. 16746 del 13/01/2015, COGNOME, Rv. 263361 – 01);
che, nella specie, non avendo l’odierno ricorrente specificamente contestato la sentenza in relazione alla sintesi di motivi di appello ed alle conclusioni difensive il mancato riconoscimento dell’attenuante in parola non risulta essere stato previamente dedotto come motivo di appello, né risulta essere stato sollecitato l’esercizio del relativo potere officioso come si evince dal riepilogo dei motivi d gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pag. 1);
considerato che il secondo motivo di ricorso, che deduce la correttezza della motivazione posta a base dell’affermazione di responsabilità per il delitto di cui all’art. 337 cod. pen., non è consentito perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito (si veda pag. 2 della sentenza impugnata circa la sussistenza degli elementi costitutivi del delitto di cui al capo b), dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, inoltre, la motivazione della sentenza impugnata (cfr. pag. 2) non presenta alcun vizio riconducibile alla nozione delineata nell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen.;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 1 luglio 2025.