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Ricorso inammissibile: quando non si può contestare

Un soggetto, condannato per esercizio abusivo della professione e falso, ha presentato ricorso in Cassazione. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi miravano a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Di conseguenza, è stata respinta anche l’eccezione di prescrizione, poiché l’inammissibilità dell’impugnazione ne impedisce la declaratoria. La condanna è divenuta definitiva.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Conseguenze sulla Prescrizione e Spese Legali

Quando si presenta un ricorso alla Corte di Cassazione, è fondamentale comprendere i limiti di questo strumento. Un recente provvedimento chiarisce le gravi conseguenze di un ricorso inammissibile, soprattutto in relazione alla prescrizione del reato e alla condanna alle spese. Questa analisi offre una guida chiara su come evitare errori procedurali e capire le decisioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un professionista condannato in primo e secondo grado per i reati di esercizio abusivo della professione infermieristica (art. 348 c.p.) e uso di un certificato falso (artt. 477 e 482 c.p.). I fatti risalgono al 2015, quando l’imputato aveva tentato di regolarizzare la propria posizione professionale utilizzando un documento contraffatto.

Contro la sentenza della Corte di Appello, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, basandolo su tre motivi principali: due relativi alla presunta insussistenza delle prove e all’errata valutazione della sua responsabilità, e un terzo riguardante l’intervenuta prescrizione del reato di falso.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Di conseguenza, la condanna inflitta nei gradi di merito è diventata definitiva. L’imputato è stato inoltre condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende. È stato invece stabilito che nulla fosse dovuto alla parte civile per le spese legali di questa fase.

Le Motivazioni: Analisi del ricorso inammissibile

La Corte ha spiegato in modo dettagliato perché ciascun motivo del ricorso fosse inaccoglibile. I primi due motivi, che contestavano l’affermazione di responsabilità, sono stati giudicati inammissibili perché miravano a una rivalutazione dei fatti e delle prove. La Corte di Cassazione, infatti, non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un giudice di legittimità: il suo compito non è riesaminare le prove, ma verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria. Poiché i motivi del ricorrente si limitavano a proporre una lettura alternativa delle prove già vagliate dai giudici di merito, senza individuare vizi di legge o illogicità manifeste, sono stati respinti.

Anche il terzo motivo, relativo alla prescrizione del reato di falso, è stato ritenuto manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che il reato si era consumato nel 2015. Il termine di prescrizione, quindi, sarebbe scaduto nell’aprile del 2023, ovvero dopo la data della sentenza di appello (14 aprile 2023). Un principio consolidato, richiamato dalla Corte (Sez. U, n. 32/2000), stabilisce che la declaratoria di inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di constatare l’eventuale prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione

Le implicazioni di questa ordinanza sono significative. In primo luogo, conferma che un ricorso inammissibile non solo non ottiene alcun risultato favorevole, ma cristallizza la condanna e comporta sanzioni economiche aggiuntive (spese e Cassa delle ammende). È un monito sull’importanza di formulare ricorsi che si concentrino su reali vizi di legittimità e non su tentativi di ridiscutere il merito della vicenda.

In secondo luogo, la decisione offre un’importante precisazione sulle spese della parte civile. Pur essendo l’ordine professionale costituito parte civile, la Corte non ha liquidato le spese legali in suo favore. Questo perché, in un giudizio camerale non partecipato come quello in esame, la parte civile si era limitata a chiedere il rigetto del ricorso con una memoria, senza fornire un contributo argomentativo specifico per contrastare i motivi dell’impugnazione. La Corte ha applicato il principio stabilito dalle Sezioni Unite (sentenza n. 877/2022), secondo cui la mera richiesta di rigetto non è sufficiente a giustificare il rimborso delle spese processuali in fase di legittimità.

Quando un ricorso in Cassazione è considerato inammissibile?
Un ricorso è inammissibile quando, tra le altre ragioni, i motivi proposti non denunciano vizi di legge o difetti logici evidenti della motivazione, ma mirano a ottenere una nuova valutazione delle prove e dei fatti, attività che non è consentita alla Corte di Cassazione.

Cosa accade alla prescrizione se il ricorso viene dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso impedisce al giudice di dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione, anche se questa è maturata dopo la data della sentenza impugnata. In pratica, un ricorso inammissibile ‘congela’ la situazione al momento della sentenza precedente.

La parte civile ha sempre diritto al rimborso delle spese legali in Cassazione?
No. Secondo la sentenza, in un giudizio camerale non partecipato, se la parte civile si limita a chiedere la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto del ricorso senza fornire un contributo argomentativo specifico per contrastare i motivi avversari, non le è dovuta la liquidazione delle spese processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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