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Ricorso inammissibile: quando non si può contestare

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro la confisca di due cellulari, a seguito di una sentenza di patteggiamento per spaccio. L’appello è stato giudicato generico e volto a un riesame dei fatti, non consentito in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3000 euro.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti dell’Impugnazione dopo il Patteggiamento

Quando si sceglie la via del patteggiamento, è fondamentale comprendere i ristretti confini di un’eventuale impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce perché un ricorso inammissibile non solo viene respinto, ma comporta anche conseguenze economiche significative per il ricorrente. Il caso analizzato riguarda la confisca di due telefoni cellulari, ritenuti strumenti per la commissione del reato di spaccio di sostanze stupefacenti.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Roma. A seguito dell’accordo tra imputato e pubblico ministero, il giudice aveva disposto, tra le altre cose, la confisca di due telefoni cellulari sequestrati, in applicazione dell’art. 240 del codice penale. Tali dispositivi erano stati qualificati come strumenti utilizzati per l’attività illecita di spaccio. L’imputato, non accettando tale misura, decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, contestando la legittimità della confisca.

I Motivi del Ricorso e le Ragioni del ricorso inammissibile

Nel suo ricorso, l’imputato sosteneva che i telefoni fossero utilizzati per scopi leciti, personali e lavorativi, offrendo una versione dei fatti alternativa a quella posta a fondamento della confisca. Aveva persino addotto che uno dei due apparecchi servisse per gestire una relazione extraconiugale. In sostanza, il ricorrente non contestava un errore di diritto nella decisione del Tribunale, ma tentava di ottenere dalla Cassazione una nuova valutazione dei fatti, una riconsiderazione delle prove.

Tuttavia, la funzione della Corte di Cassazione non è quella di un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. Il suo compito è assicurare la corretta applicazione della legge (controllo di legittimità), non di stabilire come si sono svolti i fatti. Questo principio è ancora più stringente nel caso di impugnazione di una sentenza di patteggiamento, poiché l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, limita drasticamente i motivi di ricorso ammissibili. Pertanto, tentare di ottenere una ‘lettura alternativa’ del materiale probatorio si scontra inevitabilmente con la dichiarazione di ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi su argomentazioni chiare e consolidate. In primo luogo, le censure del ricorrente sono state giudicate generiche, poiché si limitavano a contrapporre una propria versione dei fatti a quella del giudice, senza individuare un vizio di legittimità specifico nel provvedimento impugnato. La richiesta di una diversa ricostruzione fattuale è un’attività preclusa in sede di legittimità.

In secondo luogo, i giudici hanno sottolineato che le giustificazioni fornite dall’imputato sull’uso dei telefoni, inclusa quella relativa alla relazione extraconiugale, erano già state implicitamente ritenute inattendibili dal giudice di merito. La Cassazione, non potendo riesaminare tali aspetti, non ha potuto che prenderne atto.

Infine, la Corte ha ribadito che, data la natura della sentenza di patteggiamento e i limiti imposti dall’art. 448 c.p.p., il ricorso era manifestamente infondato e non rientrava nei casi consentiti. Di conseguenza, è stata applicata la sanzione prevista dall’art. 616 del codice di procedura penale.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La decisione in esame offre un importante monito: l’impugnazione di una sentenza, specialmente se derivante da un patteggiamento, deve fondarsi su solidi motivi di diritto. Un ricorso basato esclusivamente sul tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti è destinato all’insuccesso. La conseguenza diretta di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della decisione impugnata, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma, in questo caso 3000 euro, alla cassa delle ammende. Questa pronuncia ribadisce la necessità di un’attenta valutazione legale prima di intraprendere un’impugnazione, per evitare di incorrere in ulteriori e significative sanzioni economiche.

È possibile contestare la ricostruzione dei fatti in un ricorso per cassazione dopo un patteggiamento?
No, il ricorso per cassazione avverso una sentenza di patteggiamento ha un ambito molto ristretto. Non è possibile chiedere una diversa ricostruzione del fatto, ma solo sollevare questioni di legittimità, come previsto dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.

Quali sono le conseguenze se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’art. 616 c.p.p., la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3000 euro.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto generiche le censure del ricorrente?
Le censure sono state ritenute generiche perché si limitavano a contestare la legittimità della confisca proponendo una lettura alternativa dell’utilizzo dei telefoni, senza sollevare vizi di legittimità del provvedimento, ma cercando unicamente un riesame del merito della vicenda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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