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Ricorso inammissibile: quando non si può contestare

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per rapina. La Corte stabilisce che non è possibile richiedere in sede di legittimità una nuova valutazione delle prove, come la testimonianza della vittima. Inoltre, conferma il diniego della circostanza attenuante del danno di lieve entità, data la violenza esercitata e la privazione di tutti i beni della persona offesa, sottolineando la natura plurioffensiva del reato.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione chiarisce i limiti dell’appello

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre spunti fondamentali per comprendere i confini del giudizio di legittimità, in particolare quando un ricorso inammissibile viene presentato per contestare la valutazione delle prove. Il caso in esame riguarda un condannato per rapina che ha visto la sua impugnazione respinta perché mirava, in sostanza, a un nuovo processo sui fatti, compito che non spetta alla Suprema Corte.

I Fatti del Caso

L’imputato, condannato per rapina dalla Corte d’appello di Torino, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali. In primo luogo, contestava la motivazione della sentenza di condanna, ritenendola mancante, contraddittoria e illogica riguardo alla sua responsabilità penale. In particolare, metteva in discussione l’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa.

In secondo luogo, l’imputato lamentava la violazione di legge e il vizio di motivazione per il mancato riconoscimento della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, prevista dall’articolo 62, n. 4, del codice penale.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per entrambe le doglianze, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione si basa su principi consolidati del nostro ordinamento processuale penale, che distinguono nettamente il giudizio di merito da quello di legittimità.

Analisi del Primo Motivo di Ricorso

La Corte ha stabilito che il primo motivo era inammissibile perché, di fatto, non denunciava un vizio di legittimità, ma sollecitava una rivalutazione degli elementi di prova. Il ricorrente chiedeva alla Cassazione di riconsiderare l’attendibilità delle dichiarazioni della vittima, una questione di fatto la cui valutazione spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado. La sentenza impugnata aveva già fornito una motivazione adeguata e logica su questo punto, rendendo la critica del ricorrente una mera richiesta di un terzo grado di giudizio nel merito, non consentito in sede di legittimità.

Analisi del Secondo Motivo di Ricorso

Anche il secondo motivo è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte d’appello aveva correttamente motivato il diniego dell’attenuante del danno lieve. La motivazione si fondava su due pilastri:

1. L’entità del danno subito dalla vittima: la persona offesa era stata privata di tutti i suoi averi.
2. La natura plurioffensiva del reato: la rapina non lede solo il patrimonio, ma anche la libertà e l’incolumità personale a causa della violenza esercitata. In linea con la giurisprudenza consolidata, la valutazione del danno non può limitarsi al solo aspetto economico, ma deve tenere conto di tutti gli effetti dannosi connessi alla condotta criminosa, inclusa la lesione alla persona.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si radicano nella funzione stessa del giudizio di Cassazione. Questo non è un “terzo grado” di processo dove si possono riesaminare i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione delle norme di diritto e sulla coerenza logica della motivazione delle sentenze precedenti. Qualsiasi tentativo di portare davanti alla Suprema Corte questioni di fatto, come la credibilità di un testimone, si traduce inevitabilmente in un ricorso inammissibile.

Per quanto riguarda l’attenuante, la Corte ha ribadito un principio chiave nella valutazione dei reati complessi come la rapina. Il danno non è solo quello che si può quantificare economicamente, ma comprende anche l’impatto psicofisico sulla vittima. La violenza usata per commettere il reato è un fattore determinante che, di per sé, può escludere la configurabilità di un danno di “speciale tenuità”.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma che la via del ricorso in Cassazione è strettamente delimitata. Gli avvocati e i loro assistiti devono essere consapevoli che i motivi di ricorso devono concentrarsi su vizi di legittimità (violazioni di legge o difetti logici evidenti nella motivazione) e non sulla speranza di ottenere una nuova valutazione delle prove. La decisione sottolinea inoltre che, in reati come la rapina, la valutazione della gravità del fatto deve avere un approccio olistico, considerando tutte le conseguenze lesive, sia patrimoniali che personali, subite dalla vittima.

Perché un ricorso che contesta la valutazione delle prove viene dichiarato inammissibile in Cassazione?
Perché la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare i fatti o la credibilità delle prove, attività che spetta esclusivamente ai tribunali di primo e secondo grado.

In un reato di rapina, perché può essere negata l’attenuante del danno di lieve entità anche se il valore dei beni sottratti è basso?
Perché la rapina è un reato plurioffensivo che non lede solo il patrimonio, ma anche l’integrità fisica e la libertà personale della vittima. La Corte ha chiarito che la valutazione del danno deve considerare anche la violenza esercitata e gli effetti dannosi complessivi sulla persona offesa, non solo il valore economico degli oggetti rubati.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la conferma della sentenza impugnata, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a titolo sanzionatorio in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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