Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti del Giudizio di Legittimità
Quando una sentenza di condanna diventa definitiva? Il percorso processuale non si esaurisce sempre con il secondo grado di giudizio. Spesso, la difesa tenta un’ultima carta: il ricorso alla Corte di Cassazione. Tuttavia, non tutti i ricorsi vengono esaminati nel merito. L’ordinanza in commento ci offre un chiaro esempio di ricorso inammissibile, spiegando perché la Suprema Corte non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. Approfondiamo questo caso per comprendere i confini del sindacato di legittimità.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello nei confronti di un imputato per i reati di violenza e minaccia a pubblico ufficiale, commessi in concorso con altre persone. I fatti si sono svolti durante una manifestazione presso un cantiere, dove un gruppo di oltre dieci persone ha manifestato un’opposizione aggressiva nei confronti delle Forze dell’Ordine presenti per presidiare l’area. L’imputato, secondo le sentenze di merito, ha partecipato attivamente a questa azione, finalizzata a impedire agli agenti di svolgere il loro compito.
La condanna si basava su prove concrete, in particolare sulle immagini di videoregistrazioni che ritraevano chiaramente la scena. Nonostante ciò, l’imputato ha deciso di presentare ricorso in Cassazione, contestando sia l’affermazione della sua responsabilità sia il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti.
La Decisione sul Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito delle accuse, ma si è fermata a un livello procedurale. La Suprema Corte ha evidenziato come i motivi presentati dal ricorrente non fossero altro che un tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove, come i filmati, e una rilettura alternativa dei fatti. Questo tipo di richiesta, però, esula completamente dalle competenze della Cassazione.
La Ripetitività dei Motivi e la Richiesta di Rivalutazione
Un punto cruciale della decisione è stato rilevare che i motivi del ricorso erano “meramente riproduttivi” di censure già esaminate e respinte con argomentazioni corrette dalla Corte d’Appello. La Cassazione non è una sede dove riproporre le stesse argomentazioni fattuali nella speranza di un esito diverso. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, non rifare il processo.
Il Giudizio di Fatto Riservato ai Giudici di Merito
La Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’analisi delle fonti probatorie è di esclusiva competenza dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Nel caso specifico, i giudici di appello avevano già visionato i filmati e concluso, con motivazione adeguata, che la condotta dell’imputato integrava il reato contestato, poiché, insieme ad altri, aveva agito con la finalità di impedire l’operato delle Forze dell’Ordine attraverso una “contrapposizione aggressiva”.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte di Cassazione sono nette e si fondano sul concetto di “sindacato di legittimità”. Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché:
1. Chiedeva una rivalutazione del merito: Il ricorrente non ha sollevato questioni sulla violazione di legge o vizi logici della motivazione, ma ha cercato di ottenere una riconsiderazione delle prove. Questo è un compito estraneo al giudizio di legittimità.
2. I motivi erano generici e ripetitivi: Le argomentazioni erano una semplice riproposizione di quelle già vagliate e motivatamente respinte nei gradi di merito, senza individuare specifici errori di diritto nella sentenza d’appello.
3. La motivazione della Corte d’Appello era sufficiente: I giudici di secondo grado avevano spiegato chiaramente (nelle pagine 17 e 18 della loro sentenza) perché le immagini dimostravano il coinvolgimento dell’imputato e la gravità del fatto, giustificando anche il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti.
Le Conclusioni
La decisione in esame ribadisce un insegnamento cruciale per chiunque si approcci al sistema giudiziario: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio. Non si può utilizzare questo strumento per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti così come ricostruito dai giudici di merito. Per avere una possibilità di successo, è necessario articolare censure precise che riguardino errori nell’interpretazione o applicazione della legge oppure vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza. In caso contrario, come avvenuto in questa vicenda, il risultato sarà una declaratoria di inammissibilità, con la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti non riguardavano violazioni di legge o vizi di motivazione, ma erano tesi a sollecitare una nuova valutazione delle prove e una rilettura dei fatti, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione. Inoltre, i motivi erano una mera riproposizione di argomenti già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello.
Cosa significa che la Cassazione svolge un “sindacato di legittimità”?
Significa che la Corte di Cassazione ha il compito di controllare la corretta applicazione delle norme giuridiche e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Non può riesaminare le prove (come testimonianze o filmati) per decidere se i fatti si siano svolti in un modo o in un altro, poiché questo accertamento spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado (giudici di merito).
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
Secondo l’articolo 616 del codice di procedura penale, quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. La sentenza impugnata diventa definitiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23965 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23965 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROSETO DEGLI ABRUZZI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/05/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugNOME;
rilevato che il ricorso è inammissibile perché i motivi proposti, con cui il ricorrente ha dedotto violazione di legge e vizi della motivazione in ordine all’affermazione della sua responsabilità per il reato di cui agli artt. 110, 336, 339 cod. pen. e al mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti, sono tesi a sollecitare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità, e sono meramente riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito (si vedano le pagine 17 e 18 della sentenza impugnata, in cui si è rimarcato sia che le immagini dei filmati mostravano che l’imputato era coinvolto in un contesto in cui molte persone, certo più di 10, gridavano nei confronti delle Forze dell’ordine e tiravano oggetti sia che la condotta dell’imputato integrava il reato di cui all’art. 336 cod. pen., laddove la finalit perseguita, da lui unitamente alle altre persone presenti sul posto e ritratte nella videoregistrazione, era quella di impedire agli operanti di svolgere il compito loro affidato di presidiare il cantiere con una contrapposizione aggressiva; si veda, inoltre, pagina 18 sulla gravità del fatto, ostativa al richiesto giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche rispetto alle aggravanti);
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12/4/2024