Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 501 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 22/11/2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 501 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOMECOGNOME nato a San Marco in Lamis il 09/09/1965
avverso la sentenza del 27/09/2023 della Corte d’appello di Bari
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 27/09/2023 la Corte di appello di Bari, confermava la sentenza del GUP del Tribunale di Foggia del 16/12/2019, che aveva condannato NOME COGNOME in ordine al delitto di cui all’articolo 73, comma 4, d.P.R. 309/1990, alla pena di anni 2, mesi 8 di reclusione ed euro 6.000 di multa.
Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando: contraddittorietà della motivazione in riferimento agli articoli 192, 533, 546 cod. proc. pen., omessa disamina di risultanze processuali (deposizione geom. NOME COGNOME, violazione del principio del ‘ragionevole dubbio’.
La sentenza fonda il giudizio di colpevolezza su un dato di fatto ritenuto dirimente: il possesso da parte dell’imputato del lucchetto apposto sul cancello di accesso al tratturo, nonchØ il rinvenimento di materiali analoghi a quelli rinvenuti presso la piantagione.
Tali elementi contrastano con la consulenza redatta dal C.T. COGNOME, il quale evidenziava che i cancelli erano privi di chiusure impeditivi e quindi i tratturi erano accessibili a chiunque, tra cui allevatori, cacciatori e cercatori di funghi.
Lo stesso Maresciallo COGNOME dei CC. di San Marco in Lamis riferiva i campi erano frequentati da soggetti condannati per possesso di armi e stupefacenti.
Il ricorrente deduce, infine, travisamento della prova in relazione alle deposizioni di COGNOME NOMECOGNOME
NOMECOGNOME NOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME con riferimento alla assidua frequentazione dell’imputato dei fondi di proprietà degli eredi COGNOME.
3. Il ricorso Ł inammissibile.
3.1. Esso, infatti costituisce pedissequa reiterazione di censura già dedotta con l’atto di appello, motivatamente disattesa dalla Corte territoriale.
E’ infatti inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, non massimata e Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217).
Nel caso di specie, a pagina 3, la Corte territoriale precisa che, oltre alle buste del supermercato ‘Penny market’, venivano rinvenuti nel terreno in uso all’imputato anche dei gocciolatoi analoghi a quelli usati nella piantagione (i giudici dell’appello precisano che sul terreno dell’imputato non vi erano coltivazioni che giustificassero il loro rinvenimento in loco ); inoltre, sul terreno (i due terreni finitimi non erano divisi), venivano rinvenuti a pascolare animali di proprietà dell’imputato, come accertato dai cartellini veterinari.
Evidenzia poi, con ragionamento non illogico, che tale materiale, non illecito di per sØ, non avrebbe avuto ragione di essere occultato se non in presenza della sua evidente correlazione con la conduzione della piantagione.
Il ricorso, che non si confronta con tale motivazione, Ł pertanto generico.
3.2. Analogamente inammissibile Ł il profilo di doglianza relativo al travisamento della prova.
In proposito, questa Corte ritiene (v., ex multis , Sez. 2, n. 32113 del 02/07/2021, Dhayba, n.m.) che il travisamento della prova che Ł consentito dedurre in cassazione può consistere:
nella contraddittorietà della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato, ovvero da altri atti del processo indicati nei motivi di gravame;
b) dall’errore cosiddetto «revocatorio», che, cadendo sul «significante» e non sul «significato» della prova, si traduce nell’utilizzo di una prova inesistente per effetto di una errata percezione di quanto riportato dall’atto istruttorio (Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano; Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, COGNOME; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano; Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017, COGNOME; Sez. 2, n. 27929 del 12/06/2019, PG c/ COGNOME).
Il «travisamento della prova» Ł quel vizio in forza del quale il giudice di legittimità, lungi dal procedere ad una (inammissibile) rivalutazione del fatto (e del contenuto delle prove), prende in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti per verificare se il relativo contenuto Ł stato o meno trasfuso e valutato, senza travisamenti, all’interno della decisione.
Per aversi vizio di travisamento della prova «Ł necessario, insomma, che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della dichiarazione (o di altro elemento di prova) e quello tratto dal giudice».
Tale vizio, inoltre, Ł ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a «disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato» (così anche Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, Rv. 281085 – 01, secondo cui il vizio di motivazione rileva nei limiti in cui «possa scardinare la logica del provvedimento, creando una insanabile frattura tra il giudizio e le sue basi fattuali»). Il mezzo di
prova che si assume travisato od omesso deve, quindi, avere carattere di «decisività» (v., ex plurimis , Sez. 3, n. 23913 del 14/05/2014, C., Rv. 259196), circostanza in tutta evidenza insussistente nel caso in esame.
In ogni caso, non spetta a questa Corte «rivalutare» il modo con cui quello specifico mezzo di prova Ł stato apprezzato dal giudice di merito (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370 01), come pretenderebbe invece il ricorrente, che si limita a sposare una diversa interpretazione delle prove rispetto a quella fornita dai giudici del merito, quindi contestando non già un travisamento del ‘significante’, ma del ‘significato’ delle stesse.
4. Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 22/11/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME