Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 6785 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 6785 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME NOME, nato in Cile il DATA_NASCITA, avverso la sentenza in data 23/03/2023 della Corte di appello di Genova; letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte con cui il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME, ha chiesto che sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 23/03/2023, la Corte di appello di Genova ha confermato la sentenza con cui, il precedente 14/05/2019, il Tribunale di Savona, in esito a giudizio abbreviato, aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME NOME in ordine al delitto di furto aggravato dall’esposizione alla pubblica fede delle cose sottratte e, per l’effetto, l’avev condannato alla pena ritenuta di giustizia.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell’NOME AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, che ha articolato un unico
motivo di ricorso, di seguito sintetizzato conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con tale motivo lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’art. 625, n. 7, cod. pen. e vizio di motivazione per carenza ed illogicità in punto di ritenuta configurabilità della circostanza aggravante dell’esposizione alla pubblica fede delle cose sottratte.
Osserva al riguardo che nella decisione della Corte territoriale sarebbe stata illegittimamente e immotivatamente ritenuta configurabile l’indicata circostanza aggravante, a fronte dell’affermata sussistenza anche dell’ulteriore aggravante della destrezza.
Il procedimento è stato trattato in udienza camerale con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del d.l. n. 137/2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020, i cui effetti sono stati prorogati dall’art. 7 del d.l. n. del 2021, convertito dalla legge n. 126 del 2021 e, ancora, dall’art. 16 del d.l. n. 228 del 2021, convertito dalla legge n. 15 del 2022.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME NOME è manifestamente infondato per le ragioni che, di seguito, si espongono.
Privo di pregio è l’unico motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’art. 625, n. 7, cod. pen. e vizio di motivazione per carenza ed illogicità in punto di ritenuta configurabilità della circostanza aggravante dell’esposizione alla pubblica fede delle cose sottratte, sostenendo che nella decisione impugnata sarebbe stata illegittimamente e immotivatamente ritenuta configurabile tale circostanza, a fronte dell’affermata sussistenza dell’ulteriore aggravante della destrezza.
Ritiene il Collegio che la doglianza agitata con il motivo di ricorso in oggetto non colga nel segno, atteso che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, già il Tribunale di Savona, nella decisione di primo grado, aveva escluso la configurabilità dell’aggravante della destrezza e affermato la sussistenza, in relazione al contestato delitto di furto, della sola aggravante dell’esposizione alla pubblica fede delle cose sottratte, sicché, a fronte della decisione di conferma di detta pronunzia da parte della Corte territoriale, non assume alcuna concreta rilevanza la questione della contestuale sussistenza di circostanze aggravanti in tesi incompatibili.
Né comporta conseguenza alcuna la sopravvenuta procedibilità a querela, giusta il disposto dell’art. 2, comma 1, lett. I), d.lgs. n. 150 del 2022, del delit di furto, aggravato dall’esposizione alla pubblica fede delle cose sottratte, a fronte della riscontrata carenza, nella vicenda di cui trattasi, dell’anzidetta condizione di procedibilità.
Ciò perché tale circostanza si rivela improduttiva di effetti concreti in presenza di un ricorso – come nel caso di specie – inammissibile.
Significativo, al riguardo, il recente arresto di questa Suprema Corte, che, richiesta di stabilire se fosse necessario attendere il decorso del termine di novanta giorni dalla vigenza del menzionato d.lgs. n. 150 del 2022 per consentire, alla parte lesa, l’eventuale esercizio dell’istanza punitiva, ha affermato che «Nel giudizio di legittimità, l’inammissibilità del ricorso, impedendo la costituzione del rapporto processuale, preclude la considerazione della mancata proposizione della querela in relazione a reati per i quali sia stata introdotta, nelle more del ricorso, tale forma di procedibilità dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sicché non è necessario attendere il decorso del termine di tre mesi dall’entrata in vigore del citato d.lgs. per l’eventuale esercizio dell’istanza punitiva» (così: Sez. 4, n. 2658 dell’11/01/2023, dep. 23/01/2023, Saitta, Rv. 284155-01).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e considerato che non v’è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», si dispone che il ricorrente versi, in favore della Cassa delle ammende, la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18/01/2024