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Ricorso inammissibile: quando non basta l’incensuratezza

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna per ricettazione e commercio di prodotti falsi. L’appello è stato respinto perché si limitava a ripetere argomenti già esaminati e perché la fedina penale pulita, da sola, non è sufficiente a giustificare la concessione di attenuanti generiche.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Ribadisce i Requisiti

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema del ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sui requisiti necessari per accedere al giudizio di legittimità. La decisione sottolinea come la mera riproposizione di argomenti già vagliati nei gradi di merito e l’invocazione della sola incensuratezza non siano sufficienti a superare il vaglio della Suprema Corte. Analizziamo nel dettaglio la vicenda processuale e i principi di diritto affermati.

I Fatti del Processo

La vicenda trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Palermo, che aveva confermato la condanna di un imputato per i reati di ricettazione (art. 648 c.p.) e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.). L’imputato, ritenendo ingiusta la decisione, proponeva ricorso per Cassazione affidandosi a due specifici motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso e il concetto di ricorso inammissibile

Il difensore dell’imputato basava il proprio ricorso su due punti principali:

1. Contestazione della responsabilità: Il primo motivo lamentava la conferma della responsabilità penale, riproponendo di fatto le stesse censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte di Appello. Il ricorso, secondo la Cassazione, si limitava a manifestare un generico dissenso rispetto alla valutazione dei giudici di merito, senza individuare vizi logici o giuridici specifici nella motivazione della sentenza impugnata.

2. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Il secondo motivo criticava il diniego delle attenuanti generiche e la quantificazione della pena. La difesa sosteneva che lo stato di incensuratezza dell’imputato avrebbe dovuto, da solo, giustificare una mitigazione della sanzione.

Questi motivi hanno portato la Corte a dichiarare il ricorso inammissibile per la loro manifesta infondatezza e genericità.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende. Vediamo le ragioni alla base di questa decisione.

L’analisi del primo motivo: la genericità delle censure

La Corte ha osservato che il primo motivo di ricorso non faceva altro che riprodurre critiche già scrutinate e disattese dalla Corte di Appello. Un ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Il suo scopo è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza precedente. Limitarsi a dissentire dalle conclusioni dei giudici d’appello, senza segnalare una circostanza decisiva trascurata o una palese illogicità, rende il motivo generico e, quindi, inammissibile.

L’analisi del secondo motivo: l’incensuratezza non è sufficiente

Anche il secondo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: lo stato di incensuratezza, ovvero l’assenza di precedenti penali, non è un elemento che, da solo, obbliga il giudice a concedere le attenuanti generiche. La valutazione per la concessione di tali attenuanti deve essere complessiva, tenendo conto di tutti gli aspetti del reato e della personalità dell’imputato. Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva già illustrato le ragioni ostative (emergenze ostative) che impedivano una mitigazione della pena, rendendo la censura del ricorrente infondata.

Le motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su due pilastri procedurali. In primo luogo, il ricorso per Cassazione deve essere specifico e non può limitarsi a una sterile ripetizione di argomentazioni già respinte, a meno che non si evidenzi come la sentenza di appello abbia ignorato elementi probatori decisivi o sia incorsa in un errore logico manifesto. In secondo luogo, la valutazione sulla concessione delle attenuanti generiche è un giudizio di merito che, se adeguatamente motivato, non è sindacabile in sede di legittimità. La sola incensuratezza non può scardinare una valutazione negativa basata su altri elementi concreti.

Le conclusioni

Questa ordinanza riafferma la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, il cui compito non è riesaminare i fatti, ma garantire l’uniforme interpretazione della legge. La decisione rappresenta un monito per i difensori: un ricorso, per essere ammissibile, deve contenere critiche precise, pertinenti e giuridicamente fondate. In particolare, si conferma che la richiesta di attenuanti generiche deve essere supportata da un quadro complessivo favorevole all’imputato, non potendo basarsi unicamente sull’assenza di precedenti penali. La sentenza impugnata, se immune da vizi logico-giuridici, diventa definitiva.

È possibile presentare un ricorso in Cassazione semplicemente riproponendo gli stessi argomenti già respinti in appello?
No, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché si limitava a riproporre censure già esaminate e respinte dalla Corte di Appello, senza indicare nuove e decisive circostanze o palesi vizi logici nella motivazione.

Avere la fedina penale pulita (incensuratezza) garantisce la concessione delle attenuanti generiche?
No, la sentenza chiarisce che lo stato di incensuratezza, da solo, non è un elemento sufficiente a fondare il riconoscimento delle attenuanti generiche. Il giudice deve compiere una valutazione complessiva, considerando anche eventuali elementi ostativi.

Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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