Ricorso Inammissibile: La Cassazione Ribadisce i Requisiti
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema del ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sui requisiti necessari per accedere al giudizio di legittimità. La decisione sottolinea come la mera riproposizione di argomenti già vagliati nei gradi di merito e l’invocazione della sola incensuratezza non siano sufficienti a superare il vaglio della Suprema Corte. Analizziamo nel dettaglio la vicenda processuale e i principi di diritto affermati.
I Fatti del Processo
La vicenda trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Palermo, che aveva confermato la condanna di un imputato per i reati di ricettazione (art. 648 c.p.) e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.). L’imputato, ritenendo ingiusta la decisione, proponeva ricorso per Cassazione affidandosi a due specifici motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso e il concetto di ricorso inammissibile
Il difensore dell’imputato basava il proprio ricorso su due punti principali:
1. Contestazione della responsabilità: Il primo motivo lamentava la conferma della responsabilità penale, riproponendo di fatto le stesse censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte di Appello. Il ricorso, secondo la Cassazione, si limitava a manifestare un generico dissenso rispetto alla valutazione dei giudici di merito, senza individuare vizi logici o giuridici specifici nella motivazione della sentenza impugnata.
2. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Il secondo motivo criticava il diniego delle attenuanti generiche e la quantificazione della pena. La difesa sosteneva che lo stato di incensuratezza dell’imputato avrebbe dovuto, da solo, giustificare una mitigazione della sanzione.
Questi motivi hanno portato la Corte a dichiarare il ricorso inammissibile per la loro manifesta infondatezza e genericità.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende. Vediamo le ragioni alla base di questa decisione.
L’analisi del primo motivo: la genericità delle censure
La Corte ha osservato che il primo motivo di ricorso non faceva altro che riprodurre critiche già scrutinate e disattese dalla Corte di Appello. Un ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Il suo scopo è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza precedente. Limitarsi a dissentire dalle conclusioni dei giudici d’appello, senza segnalare una circostanza decisiva trascurata o una palese illogicità, rende il motivo generico e, quindi, inammissibile.
L’analisi del secondo motivo: l’incensuratezza non è sufficiente
Anche il secondo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: lo stato di incensuratezza, ovvero l’assenza di precedenti penali, non è un elemento che, da solo, obbliga il giudice a concedere le attenuanti generiche. La valutazione per la concessione di tali attenuanti deve essere complessiva, tenendo conto di tutti gli aspetti del reato e della personalità dell’imputato. Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva già illustrato le ragioni ostative (emergenze ostative) che impedivano una mitigazione della pena, rendendo la censura del ricorrente infondata.
Le motivazioni
La motivazione della Suprema Corte si fonda su due pilastri procedurali. In primo luogo, il ricorso per Cassazione deve essere specifico e non può limitarsi a una sterile ripetizione di argomentazioni già respinte, a meno che non si evidenzi come la sentenza di appello abbia ignorato elementi probatori decisivi o sia incorsa in un errore logico manifesto. In secondo luogo, la valutazione sulla concessione delle attenuanti generiche è un giudizio di merito che, se adeguatamente motivato, non è sindacabile in sede di legittimità. La sola incensuratezza non può scardinare una valutazione negativa basata su altri elementi concreti.
Le conclusioni
Questa ordinanza riafferma la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, il cui compito non è riesaminare i fatti, ma garantire l’uniforme interpretazione della legge. La decisione rappresenta un monito per i difensori: un ricorso, per essere ammissibile, deve contenere critiche precise, pertinenti e giuridicamente fondate. In particolare, si conferma che la richiesta di attenuanti generiche deve essere supportata da un quadro complessivo favorevole all’imputato, non potendo basarsi unicamente sull’assenza di precedenti penali. La sentenza impugnata, se immune da vizi logico-giuridici, diventa definitiva.
È possibile presentare un ricorso in Cassazione semplicemente riproponendo gli stessi argomenti già respinti in appello?
No, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché si limitava a riproporre censure già esaminate e respinte dalla Corte di Appello, senza indicare nuove e decisive circostanze o palesi vizi logici nella motivazione.
Avere la fedina penale pulita (incensuratezza) garantisce la concessione delle attenuanti generiche?
No, la sentenza chiarisce che lo stato di incensuratezza, da solo, non è un elemento sufficiente a fondare il riconoscimento delle attenuanti generiche. Il giudice deve compiere una valutazione complessiva, considerando anche eventuali elementi ostativi.
Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22700 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22700 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/06/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo che ha confermato la responsabilità dell’imputato per i delitti di cui agli artt. 648 e 474 co ascrittigli in rubrica;
rilevato che il primo motivo che lamenta la conferma di responsabilità per gli addebit contestati riproduce censure che la Corte di merito ha adeguatamente scrutinato e disatteso con un percorso motivazionale privo di aporie e frizioni logiche (pagg. 1/2); il difenso limita a dissentire dalle valutazioni dei giudici d’appello senza segnalare alcuna deci circostanza pretermessa o trascurata idonea a disarticolare la trama argomentativa della sentenza impugnata;
considerato che il secondo motivo che censura la mancata concessione RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche e la dosimetria della pena è manifestamente infondato, non essendo lo stato d’incensuratezza elemento da solo sufficiente a fondare il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE predett circostanze ed avendo la Corte territoriale illustrato le emergenze ostative all’invo mitigazione sanzionatoria;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE, non ravvisandosi ragioni d’esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processual e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma il 7 maggio 202.4