Ricorso Inammissibile: La Confessione non Sempre Salva dalle Conseguenze
Quando si affronta un processo penale, la strategia difensiva è fondamentale. Tuttavia, ci sono casi in cui anche una confessione non è sufficiente a ottenere uno sconto di pena, specialmente se il ricorso presentato in Cassazione risulta viziato. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di ricorso inammissibile, spiegando perché la valutazione del giudice di merito, se ben motivata, è difficilmente contestabile e quali sono le severe conseguenze economiche per chi intraprende un’impugnazione senza fondamento.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imputata avverso una sentenza della Corte d’Appello. La ricorrente lamentava un vizio di motivazione nella decisione dei giudici di secondo grado, i quali avevano negato la concessione delle circostanze attenuanti generiche. La linea difensiva si basava, tra le altre cose, sulla confessione resa dall’imputata, ritenuta un elemento meritevole di considerazione per una riduzione della pena.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inappellabilmente inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o meno dell’imputata, ma si concentra esclusivamente sulla validità e sulla fondatezza dei motivi di ricorso presentati. La Corte ha stabilito che i motivi addotti non erano idonei a mettere in discussione la logicità e la correttezza della sentenza impugnata.
Le Motivazioni alla base del ricorso inammissibile
La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri fondamentali, evidenziando i limiti del giudizio di legittimità:
1. Irrilevanza della Confessione: I giudici di legittimità hanno confermato la valutazione della Corte d’Appello, secondo cui la confessione dell’imputata era irrilevante ai fini della concessione delle attenuanti. Questo perché esisteva già un “solidissimo quadro probatorio” emerso a seguito di una perquisizione. In altre parole, le prove a carico dell’imputata erano così schiaccianti che la sua ammissione di colpa non aggiungeva alcun valore significativo al processo decisionale.
2. Elemento ostativo del Precedente Penale: La Corte ha inoltre sottolineato che i giudici di merito avevano correttamente individuato un elemento ostativo alla concessione del beneficio: un recente e specifico precedente penale a carico dell’imputata. Questo fattore, valutato discrezionalmente dal giudice, è stato ritenuto sufficiente a giustificare il diniego delle attenuanti.
La Cassazione ha ribadito un principio cardine del nostro ordinamento: la valutazione dei fatti e degli elementi per la concessione delle attenuanti generiche è di competenza esclusiva del giudice di merito. In sede di legittimità, la Corte può intervenire solo se la motivazione è manifestamente illogica o contraddittoria, cosa che in questo caso non è stata riscontrata.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato conseguenze economiche dirette e significative per la ricorrente. In applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la Corte ha condannato l’imputata non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione viene applicata quando non si ravvisa un’assenza di colpa nella presentazione di un ricorso destinato a fallire. La Corte Costituzionale (sent. n. 186/2000) ha chiarito che l’impugnazione non deve essere un tentativo pretestuoso, ma basarsi su motivi giuridicamente sostenibili. Questo caso serve da monito: un ricorso in Cassazione deve essere attentamente ponderato, poiché un esito negativo può aggravare la posizione del condannato anche dal punto di vista economico.
Una confessione garantisce sempre le attenuanti generiche?
No, secondo questa ordinanza, una confessione non garantisce automaticamente la concessione delle attenuanti generiche. Se le prove a carico dell’imputato sono già schiaccianti e solide (il cosiddetto “quadro probatorio”), la confessione può essere ritenuta irrilevante e non sufficiente per ottenere uno sconto di pena.
Perché un ricorso può essere dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando non può essere esaminato nel merito. In questo caso, è stato ritenuto tale perché contestava una valutazione di fatto del giudice di merito (sulle attenuanti) che non era manifestamente illogica. La Corte di Cassazione non riesamina i fatti, ma controlla solo la corretta applicazione della legge.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, come stabilito dall’art. 616 c.p.p., comporta anche il pagamento di una sanzione pecuniaria (in questo caso 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende, a meno che non si dimostri l’assenza di colpa nel proporre il ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11550 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11550 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CATANIA il 06/12/1972
avverso la sentenza del 10/06/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME che deduce il viz motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, è inammissibile posto che la Corte di merito, con una valutazione di fatto non manifestamente illogica – e quindi non sindacabile in sede di legittimità -, per un verso ha ritenuto valutabile, a tal fine, la confessione, stante la sua irrilevanza a fronte del solidissimo q probatorio emerso all’esito della perquisizione, e, per altro verso, ha individuato, qu elemento ostativo, il recente precedente penale specifico, di cui è gravata l’imputata;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisand assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore dellaEassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2025.