Ricorso Inammissibile: La Cassazione Chiarisce la Carenza di Interesse
Recentemente, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22451/2024, ha affrontato un caso emblematico che ci permette di approfondire il concetto di ricorso inammissibile per carenza di interesse. Questa decisione offre spunti cruciali su quando un’impugnazione non può essere nemmeno esaminata nel merito, specialmente se i motivi alla base erano già deboli in appello. L’analisi del provvedimento evidenzia come la genericità e la manifesta infondatezza di un motivo d’appello possano precludere qualsiasi speranza di successo in Cassazione.
I Fatti di Causa
Due persone ricorrevano in Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il nucleo della loro doglianza era identico: contestavano la mancata concessione di una circostanza attenuante prevista dall’articolo 62, n. 4, del codice penale. Sostanzialmente, lamentavano che i giudici di secondo grado non avessero adeguatamente motivato il diniego di tale beneficio.
La Decisione della Corte d’Appello e il Ricorso in Cassazione
La Corte d’Appello aveva, in realtà, ampiamente motivato la sua decisione sul trattamento sanzionatorio. Aveva escluso l’attenuante in questione considerando la natura plurioffensiva del reato contestato. Inoltre, aveva rilevato che l’offerta di risarcimento fatta alla persona offesa (pari alla metà della somma estorta) era stata considerata insufficiente. I giudici di secondo grado avevano anche sottolineato come il motivo d’appello fosse già caratterizzato da una notevole genericità. Nonostante ciò, i ricorrenti hanno deciso di proseguire, portando la questione davanti alla Suprema Corte.
Le Motivazioni della Cassazione: Un Ricorso Inammissibile in Partenza
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su un principio giuridico fondamentale: la carenza di interesse ad agire. La Corte ha spiegato che non ha senso esaminare un ricorso per cassazione quando il motivo di appello originale era, fin dall’inizio, inammissibile per manifesta infondatezza. In altre parole, se una richiesta è palesemente priva di fondamento già in secondo grado, portarla in Cassazione non può portare a nessun risultato utile per il ricorrente. L’eventuale accoglimento della doglianza sulla mancata considerazione del motivo non sortirebbe alcun esito favorevole in un ipotetico giudizio di rinvio, poiché il motivo stesso era destinato a fallire. La Suprema Corte ha richiamato precedenti giurisprudenziali per rafforzare questo punto, evidenziando come l’interesse al ricorso debba essere concreto e attuale. Di conseguenza, i ricorsi sono stati respinti e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: non si può abusare degli strumenti di impugnazione. Un ricorso inammissibile per manifesta infondatezza in appello non può magicamente diventare ammissibile in Cassazione. La decisione sottolinea l’importanza di presentare motivi di impugnazione specifici, pertinenti e giuridicamente fondati sin dalle prime fasi del processo. Per i cittadini, questo significa comprendere che il percorso legale richiede argomentazioni solide e non generiche lamentele, altrimenti si rischia non solo una sconfitta, ma anche la condanna a ulteriori spese.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per carenza di interesse, poiché il motivo d’appello originale era a sua volta inammissibile per manifesta infondatezza e genericità. Di conseguenza, l’accoglimento del ricorso in Cassazione non avrebbe portato alcun beneficio concreto ai ricorrenti.
Qual era il motivo principale del ricorso presentato?
I ricorrenti contestavano la mancata considerazione e l’omessa motivazione da parte della Corte d’Appello riguardo alla concessione della circostanza attenuante prevista dall’art. 62, n. 4, del codice penale.
Quali sono state le conseguenze per i ricorrenti?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22451 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22451 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/04/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a NOTO il DATA_NASCITA
NOME nato a NOTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/06/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME, ritenuto che l’unico motivo di ricorso, proposto in termini del tutto sovrapponibili dalle ricorrenti, contesta la mancata considerazione e la conseguente omessa motivazione della Corte di appello in ordine alla concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n.4, cod. pen.;
rilevato come la Corte di appello abbia ampiamente motivato in ordine al trattamento sanzionatorio, senza alcun profilo di irragionevolezza, all’evidenza escludendo la possibilità di concedere l’attenuante in questione attesa la natura plurioffensiva del delitto contestato (avendo tra l’altro offerto alla persona offesa la metà della somma alla stessa estorta come evidenziato dal giudice in motivazione), in presenza di un motivo che si caratterizzava per la sua genericità già in sede di appello (Sez. 4, n. 1982 del 15/12/1998, COGNOME, Rv. 213220-01). Rilevato che è inammissibile per carenza di interesse il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile ab origine, come nel caso in esame, per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019, COGNOME, Rv. 276745-01);
rilevato che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con condanna della ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore delle Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2024
Il Consigliere Estensore
Il Pr idente