Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8363 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 8363 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a TERRACINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/10/2023 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG AVV_NOTAIO
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza del 18 ottobre 2023 il Tribunale del riesame di Roma, in accoglimento dell’appello del Pubblico ministero, ha annullato l’ordinanza del 9 giugno 2023 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina con la quale fu revocata l’ordinanza del 19 aprile 2023 di sostituzione con gli arresti domiciliari della misura cautelare della custodia in carcere applicata con l’ordinanza genetica.
Il Tribunale del riesame ha, quindi, ripristinato la misura cautelare degli arresti domiciliari, sospendendo l’esecuzione della decisione fino alla sua definitività.
Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato.
2.1. Con il primo motivo si deduce la mancanza di motivazione sulla sussistenza del pericolo di reiterazione del reato; la motivazione sarebbe apparente e limitata al giudicato cautelare.
2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. Il Giudice per le indagini preliminari avrebbe correttamente qualificato i fatti ex art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, e per tale diversa qualificazione non sarebbe stata necessaria alcuna giustificazione; non sussisterebbe alcuna preclusione per il giudicato cautelare, avendo la difesa avanzato una nuova istanza, in virtù della diversa qualificazione giuridica dei fatti.
La perquisizione negativa dell’ottobre 2022 e le captazioni del 2022 non sarebbero state sufficienti ad accogliere l’appello del Pubblico ministero.
Nel ripristinare la misura cautelare, il Tribunale del riesame avrebbe dovuto valutare la attualità delle esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per la mancanza del requisito della specificità estrinseca poiché non si confronta in alcun modo con la motivazione della ordinanza impugnata, mai citata nel ricorso.
Il ricorso propone in modo alternativo e generico il vizio della motivazione; non si confronta con la ratio della decisione secondo la quale il provvedimento di revoca degli arresti domiciliari non conteneva alcuna diversa qualificazione dei fatti ascritti, ma solo la «possibilità» dell’applicazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, e nessuna concreta indicazione di fatti che potessero aver inciso sul quadro indiziario e cautelare, già valutato dal Tribunale del riesame con l’ordinanza di conferma della ordinanza genetica, non impugnata.
Di conseguenza, rispetto ad un provvedimento di revoca nullo per mancanza di motivazione, correttamente il Tribunale del riesame nella ordinanza impugnata ha richiamato la decisione precedente contenente una esplicita e non contestata motivazione sulla sussistenza delle esigenze cautelari.
Né i sintetici elementi di fatto indicati nel ricorso possono sopperire a mancanza di motivazione del provvedimento di revoca, correttamente annullato dal Tribunale del riesame.
Dall’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari risulta che la revoca stata fondata sulla non proporzionalità della misura cautelare degli arre domiciliari «… in vista della possibile riconducibilità alla fattispecie …» ex comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990; il Giudice per le indagini preliminari, in sostanz non ha neanche motivato sulla persistenza o meno delle esigenze cautelari né ha indicato l’esistenza di elementi di fatto in grado di modificare il quadro caute già ritenuto esistente dal Tribunale del riesame a seguito della impugnazion dell’ordinanza genetica.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’ 616 cod. proc. pen. si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 3.000,00, determinata in via equitativa, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione d ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa n determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE dell ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. co proc. pen.
Così deciso il 26/01/2024.