Ricorso Inammissibile: La Cassazione Spiega i Limiti dell’Appello
Un ricorso inammissibile rappresenta uno degli esiti più netti nel processo penale. Con la recente Ordinanza n. 26066/2024, la Corte di Cassazione ribadisce i rigorosi paletti che delimitano l’accesso al giudizio di legittimità, sottolineando come la genericità e la richiesta di una nuova valutazione dei fatti costituiscano ostacoli insormontabili. Analizziamo il caso per comprendere le ragioni di tale decisione e le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di lesioni personali, confermata dalla Corte di Appello. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.
In primo luogo, contestava l’utilizzabilità delle dichiarazioni della persona offesa, sostenendo che fossero state rese in risposta a domande “nocive e suggestive”, in particolare riguardo all’identificazione dell’aggressore. In secondo luogo, lamentava una violazione di legge e un’illogicità della motivazione riguardo all’incidenza del suo stato di ubriachezza al momento del fatto e alla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
La Valutazione sul Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi di ricorso, giungendo a una conclusione perentoria: l’inammissibilità. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello procedurale, rilevando l’inadeguatezza del ricorso stesso. Le argomentazioni della Corte offrono una chiara lezione su come un’impugnazione debba essere strutturata per superare il vaglio di legittimità.
La Genericità e Aspecificità del Primo Motivo
Il primo motivo, relativo alle dichiarazioni della vittima, è stato liquidato come “aspecifico e generico”. Secondo la Corte, l’imputato si è limitato a formulare “mere affermazioni” senza un reale confronto argomentativo con le ragioni che avevano spinto i giudici d’appello a confermare la condanna. Un ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle proprie tesi, ma deve attaccare specificamente i passaggi logico-giuridici della sentenza impugnata, dimostrandone l’erroneità. La mancanza di questo confronto rende la doglianza sterile e, quindi, inammissibile.
La Valutazione dei Fatti e i Limiti del Giudizio di Legittimità
Il secondo motivo ha incontrato un ostacolo ancora più rigido: i limiti intrinseci del giudizio di cassazione. La Corte ha ribadito che le censure relative allo stato di ubriachezza erano “meramente assertive e versate in fatto”. L’imputato, in sostanza, chiedeva alla Cassazione di riconsiderare le prove e di giungere a una diversa ricostruzione della vicenda. Questo è precluso. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito; il suo compito non è rivalutare le risultanze processuali, ma verificare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge e motivato la loro decisione in modo logico e coerente.
Anche la lamentela sulla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. è stata respinta, in quanto i giudici d’appello avevano già fornito “adeguate ragioni” per escluderla, e il ricorso si limitava a eludere il confronto con tale motivazione.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su principi cardine della procedura penale. In primo luogo, il principio di autosufficienza del ricorso, che impone al ricorrente di articolare le proprie censure in modo completo e specifico, permettendo alla Corte di decidere senza dover consultare altri atti. In secondo luogo, la netta distinzione tra giudizio di fatto (riservato ai primi due gradi di giudizio) e giudizio di diritto (proprio della Cassazione). La Corte ha evidenziato come le doglianze dell’imputato fossero un tentativo malcelato di ottenere una terza valutazione del merito della causa, ignorando la preclusione che impedisce alla Cassazione di “sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito”.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame è un monito fondamentale per chi intende adire la Suprema Corte. Un ricorso inammissibile non è solo un’occasione persa, ma comporta anche conseguenze economiche, come la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione ribadisce che l’impugnazione deve essere un atto tecnico, preciso e focalizzato sulle violazioni di legge o sui vizi logici della motivazione, non una generica contestazione della decisione sfavorevole. La vittoria o la sconfitta in Cassazione si gioca, prima di tutto, sulla capacità di rispettare queste rigide regole procedurali.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono generici, aspecifici, meramente assertivi o tentano di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa alla Corte di Cassazione, che è un giudice di legittimità e non di merito.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove, come le dichiarazioni di una vittima?
No, non se la contestazione si limita a proporre una diversa valutazione dei fatti o a formulare lamentele generiche (es. domande “nocive e suggestive”) senza un confronto specifico e argomentato con la motivazione della sentenza impugnata. La Corte di Cassazione non può sovrapporre la propria valutazione a quella dei giudici di merito.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro, da versare in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26066 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26066 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/10/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE è stato proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona, che ne ha confermato la condanna per il reato di lesioni;
Rilevato che il primo motivo di ricorso – che denuncia l’inutilizzabilità delle dichiarazioni della persona offesa (segnatamente in ordine all’accertamento dell’identità dell’imputato), in quanto rese in replica a non meglio precisate domande “nocive e suggestive” – è inammissibile in quanto aspecifico e generico, esaurendosi in mere affermazioni prive di confronto argonnentativo con le ragioni poste a base della pronuncia di condanna;
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso, che denuncia violazione di legge e illogicità della motivazione in ordine all’incidenza dello stato di ubriachezza in fase di commissione del reato, non è consentito in sede di legittimità, perché è costituito da doglianze meramente assertive e versate in fatto; che le frammentarie indicazioni ivi contenute, aspirando ad una ricostruzione alternativa della vicenda rispetto a quanto proposto dai giudici di merito con motivazione esente dai dedotti vizi, ignorano la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (cfr., tra le altre, Sez. 6, n. 25255 del 14/2/2012, COGNOME, Rv. 253099; Sez. 5, n. 39048 del 25/9/2007, COGNOME, Rv. 238215); che le altre doglianze, esposte nel corpo del motivo secondo, relative alla mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., sono reiterative ed eludono il confronto con la motivazione (v. p. 6), in cui la Corte ha reso adeguate ragioni in ordine alla mancata applicazione della causa di non punibilità.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25/06/2024