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Ricorso inammissibile: quando le doglianze sono generiche

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per lesioni. I motivi sono stati giudicati generici e assertivi, poiché non si confrontavano adeguatamente con la sentenza d’appello e miravano a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Spiega i Limiti dell’Appello

Un ricorso inammissibile rappresenta uno degli esiti più netti nel processo penale. Con la recente Ordinanza n. 26066/2024, la Corte di Cassazione ribadisce i rigorosi paletti che delimitano l’accesso al giudizio di legittimità, sottolineando come la genericità e la richiesta di una nuova valutazione dei fatti costituiscano ostacoli insormontabili. Analizziamo il caso per comprendere le ragioni di tale decisione e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di lesioni personali, confermata dalla Corte di Appello. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.

In primo luogo, contestava l’utilizzabilità delle dichiarazioni della persona offesa, sostenendo che fossero state rese in risposta a domande “nocive e suggestive”, in particolare riguardo all’identificazione dell’aggressore. In secondo luogo, lamentava una violazione di legge e un’illogicità della motivazione riguardo all’incidenza del suo stato di ubriachezza al momento del fatto e alla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).

La Valutazione sul Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi di ricorso, giungendo a una conclusione perentoria: l’inammissibilità. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello procedurale, rilevando l’inadeguatezza del ricorso stesso. Le argomentazioni della Corte offrono una chiara lezione su come un’impugnazione debba essere strutturata per superare il vaglio di legittimità.

La Genericità e Aspecificità del Primo Motivo

Il primo motivo, relativo alle dichiarazioni della vittima, è stato liquidato come “aspecifico e generico”. Secondo la Corte, l’imputato si è limitato a formulare “mere affermazioni” senza un reale confronto argomentativo con le ragioni che avevano spinto i giudici d’appello a confermare la condanna. Un ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle proprie tesi, ma deve attaccare specificamente i passaggi logico-giuridici della sentenza impugnata, dimostrandone l’erroneità. La mancanza di questo confronto rende la doglianza sterile e, quindi, inammissibile.

La Valutazione dei Fatti e i Limiti del Giudizio di Legittimità

Il secondo motivo ha incontrato un ostacolo ancora più rigido: i limiti intrinseci del giudizio di cassazione. La Corte ha ribadito che le censure relative allo stato di ubriachezza erano “meramente assertive e versate in fatto”. L’imputato, in sostanza, chiedeva alla Cassazione di riconsiderare le prove e di giungere a una diversa ricostruzione della vicenda. Questo è precluso. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito; il suo compito non è rivalutare le risultanze processuali, ma verificare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge e motivato la loro decisione in modo logico e coerente.

Anche la lamentela sulla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. è stata respinta, in quanto i giudici d’appello avevano già fornito “adeguate ragioni” per escluderla, e il ricorso si limitava a eludere il confronto con tale motivazione.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su principi cardine della procedura penale. In primo luogo, il principio di autosufficienza del ricorso, che impone al ricorrente di articolare le proprie censure in modo completo e specifico, permettendo alla Corte di decidere senza dover consultare altri atti. In secondo luogo, la netta distinzione tra giudizio di fatto (riservato ai primi due gradi di giudizio) e giudizio di diritto (proprio della Cassazione). La Corte ha evidenziato come le doglianze dell’imputato fossero un tentativo malcelato di ottenere una terza valutazione del merito della causa, ignorando la preclusione che impedisce alla Cassazione di “sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito”.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame è un monito fondamentale per chi intende adire la Suprema Corte. Un ricorso inammissibile non è solo un’occasione persa, ma comporta anche conseguenze economiche, come la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione ribadisce che l’impugnazione deve essere un atto tecnico, preciso e focalizzato sulle violazioni di legge o sui vizi logici della motivazione, non una generica contestazione della decisione sfavorevole. La vittoria o la sconfitta in Cassazione si gioca, prima di tutto, sulla capacità di rispettare queste rigide regole procedurali.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono generici, aspecifici, meramente assertivi o tentano di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa alla Corte di Cassazione, che è un giudice di legittimità e non di merito.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove, come le dichiarazioni di una vittima?
No, non se la contestazione si limita a proporre una diversa valutazione dei fatti o a formulare lamentele generiche (es. domande “nocive e suggestive”) senza un confronto specifico e argomentato con la motivazione della sentenza impugnata. La Corte di Cassazione non può sovrapporre la propria valutazione a quella dei giudici di merito.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro, da versare in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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