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Ricorso inammissibile: quando le censure sono generiche

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile poiché i motivi di appello sono stati ritenuti eccessivamente generici e non specificamente argomentati. La Corte ha inoltre confermato il diniego dell’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a causa della non occasionalità della condotta e dei precedenti penali del ricorrente, condannandolo al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e le Censure Generiche

Nel complesso panorama della giustizia penale, l’impugnazione delle sentenze è un diritto fondamentale. Tuttavia, per essere efficace, deve rispettare precisi requisiti di forma e sostanza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce perché un ricorso inammissibile rappresenta un esito quasi certo quando i motivi addotti sono troppo generici. Questo principio è cruciale per comprendere come strutturare un’efficace difesa legale nelle fasi di gravame.

I Fatti del Caso Giudiziario

Il caso in esame ha origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. L’imputato, tramite il suo difensore, ha sollevato diversi motivi di doglianza davanti alla Suprema Corte, contestando la propria responsabilità penale. In particolare, il ricorrente criticava la motivazione della sentenza di secondo grado e invocava l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.

L’Analisi della Corte di Cassazione e il Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, con una motivazione sintetica ma incisiva, ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. L’analisi dei giudici si è concentrata sulla manifesta infondatezza e genericità dei motivi proposti, evidenziando l’incapacità del ricorso di confrontarsi specificamente con le argomentazioni della Corte d’Appello.

La Genericità del Primo Motivo

Il primo punto di critica, relativo alla correttezza della valutazione di responsabilità penale, è stato liquidato come inammissibile perché basato su “censure del tutto generiche”. La Corte ha sottolineato che il ricorrente non aveva enunciato né argomentato in modo specifico i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto e di diritto che fondavano la decisione impugnata. In sostanza, il ricorso si limitava a reiterare le stesse argomentazioni difensive già respinte in appello, senza attaccare puntualmente la logica e la coerenza della motivazione della Corte territoriale. Questo atteggiamento processuale non è sufficiente per superare il vaglio di ammissibilità in Cassazione.

Il Rigetto della Richiesta ex art. 131-bis c.p.

Anche il secondo motivo, con cui si chiedeva il riconoscimento della particolare tenuità del fatto, è stato giudicato inammissibile. La Suprema Corte ha rilevato che il ricorrente non aveva tenuto conto della motivazione offerta dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva infatti escluso l’applicabilità dell’istituto valorizzando due elementi chiave: la “non occasionalità” della condotta illecita e i “precedenti penali” dell’imputato. Questi fattori, secondo i giudici di merito e confermati dalla Cassazione, indicavano una offensività non minimale e una certa inclinazione a delinquere, elementi ostativi al riconoscimento del beneficio.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda su un principio cardine del processo di legittimità: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Per questo motivo, le censure devono essere specifiche, pertinenti e capaci di incrinare la struttura argomentativa della sentenza impugnata. Un ricorso che si limita a riproporre le medesime tesi difensive, senza un confronto critico con la decisione appellata, è destinato a essere dichiarato inammissibile. La Corte ha inoltre ribadito che la valutazione sulla tenuità del fatto non può prescindere da un’analisi complessiva della condotta e della personalità dell’imputato, inclusi i suoi precedenti penali, che possono rivelare una pericolosità sociale non compatibile con il beneficio.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre una lezione pratica fondamentale per gli operatori del diritto: la redazione di un ricorso per Cassazione richiede un’analisi approfondita e mirata della sentenza che si intende impugnare. Non è sufficiente esprimere un generico dissenso, ma è necessario individuare e argomentare vizi specifici di violazione di legge o di manifesta illogicità della motivazione. In caso contrario, il risultato sarà un ricorso inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando le censure proposte sono del tutto generiche e non enunciano né argomentano in modo specifico i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata.

Quali elementi ostacolano l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
L’applicazione di tale beneficio può essere negata quando la condotta illecita non è occasionale e quando l’imputato ha precedenti penali. Questi elementi, secondo la Corte, indicano una offensività non minimale e sono incompatibili con la ratio della norma.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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