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Ricorso inammissibile: quando le censure sono generiche

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per molestie (art. 660 c.p.). L’impugnazione è stata giudicata generica e manifestamente infondata, in quanto priva di argomentazioni specifiche a sostegno delle richieste. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali, di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro e alla rifusione delle spese legali della parte civile.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Conseguenze di un’Impugnazione Generica

Presentare un ricorso in Cassazione richiede rigore e precisione. Un’impugnazione che si limiti a critiche vaghe, senza argomentazioni solide, è destinata a essere dichiarata ricorso inammissibile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione illustra perfettamente le severe conseguenze di un ricorso formulato in maniera generica, comportando non solo la conferma della condanna ma anche ulteriori sanzioni economiche per il ricorrente.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo grado dal Tribunale per il reato di molestia o disturbo alle persone, previsto dall’art. 660 del codice penale. La condanna consisteva in una pena di 300 euro di ammenda. L’imputato, ritenendo ingiusta la sentenza, decideva di presentare ricorso per Cassazione tramite il proprio difensore, articolando la sua difesa su tre distinti motivi.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione

L’imputato basava il suo ricorso su tre principali censure:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione: Contestava l’affermazione della sua responsabilità penale.
2. Dosimetria della pena: Lamentava un’errata quantificazione della sanzione e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
3. Mancata applicazione della particolare tenuità del fatto: Sosteneva che il suo caso rientrasse nell’esimente prevista dall’art. 131-bis del codice penale.

La Corte di Cassazione ha analizzato i motivi e li ha rigettati tutti, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto le censure manifestamente infondate, generiche e, in alcuni casi, non consentite in sede di legittimità.

Analisi del ricorso inammissibile

La Corte ha specificato che il primo motivo si risolveva in mere doglianze di fatto, tentando di ottenere una nuova valutazione delle prove, cosa non permessa in Cassazione. La sentenza di primo grado, infatti, aveva già analizzato dettagliatamente le prove, incluse le dichiarazioni della persona offesa e gli accertamenti tecnici che collegavano l’utenza telefonica all’imputato.

Per quanto riguarda il secondo e il terzo motivo, la Corte li ha giudicati inammissibili perché totalmente privi di argomentazione. Il ricorrente si era limitato a enunciare i motivi senza fornire alcuna ragione di diritto o di fatto a loro sostegno. Questa mancanza di specificità ha reso impossibile per la Corte esaminare le richieste nel merito.

Le Motivazioni

La decisione della Suprema Corte si fonda su un principio cardine del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Esso serve a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Le censure devono essere specifiche, indicando con precisione le parti del provvedimento contestate e le ragioni giuridiche della critica. Un ricorso che si limita a esprimere un generico dissenso con la decisione del giudice di merito, o che enuncia motivi senza svilupparli, è considerato un ricorso inammissibile.

La Corte ha sottolineato come le critiche dell’imputato fossero “mere doglianze in punto di fatto”, “estremamente generiche” e “prive delle ragioni di diritto e dei dati di fatto che sorreggono le richieste”. Questa formulazione evidenzia la necessità per chi impugna una sentenza di costruire un’argomentazione solida e puntuale.

Conclusioni

Le conseguenze della declaratoria di inammissibilità sono state pesanti per il ricorrente. Oltre alla conferma della condanna, è stato condannato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla cassa delle ammende. Inoltre, è stato condannato a rifondere le spese legali sostenute dalla parte civile, ammessa al patrocinio a spese dello Stato. Questa ordinanza serve da monito: l’accesso alla giustizia di legittimità è un diritto che deve essere esercitato con serietà e competenza tecnica. Un’impugnazione superficiale non solo è destinata al fallimento, ma comporta anche significative sanzioni economiche.

Perché un ricorso può essere dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando è basato su censure manifestamente infondate, generiche o non consentite. In questo caso, i motivi erano semplici doglianze di fatto o enunciazioni prive di qualsiasi argomentazione giuridica o fattuale a sostegno.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso penale è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in 3.000 euro. Inoltre, deve rimborsare le spese legali della parte civile.

È sufficiente contestare la valutazione delle prove per presentare un ricorso in Cassazione?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione non è un giudice di merito e non può riesaminare le prove. Il ricorso deve concentrarsi su violazioni di legge o vizi logici della motivazione della sentenza impugnata, e tali censure devono essere specifiche e ben argomentate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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