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Ricorso inammissibile: quando le censure sono generiche

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna per resistenza a pubblico ufficiale. La decisione si fonda sulla genericità e aspecificità dei motivi presentati, i quali si limitavano a riproporre censure già valutate senza confrontarsi con l’articolata motivazione della Corte d’Appello. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Spiega Perché i Motivi Generici non Funzionano

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma per accedervi è necessario rispettare requisiti di forma e sostanza molto stringenti. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come la genericità delle argomentazioni porti inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguenze significative per il ricorrente. Analizziamo insieme questo caso per comprendere l’importanza della specificità dei motivi di ricorso.

I Fatti del Caso: La Condanna per Resistenza a Pubblico Ufficiale

La vicenda giudiziaria ha origine da una condanna emessa nei confronti di un individuo per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, previsto dall’articolo 337 del codice penale. Dopo la condanna in primo grado, la Corte d’Appello di Palermo aveva confermato la sentenza, ritenendo provata la responsabilità penale dell’imputato.

Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha deciso di proporre ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza per contestare la sentenza di secondo grado.

L’Appello e il Ricorso per Cassazione: un tentativo fallito

Il ricorrente ha tentato di smontare l’impianto accusatorio e la decisione della Corte d’Appello attraverso due argomentazioni principali, che tuttavia non hanno superato il vaglio di ammissibilità della Suprema Corte.

Le Motivazioni del Ricorrente: critiche generiche e ripetitive

Il primo motivo di ricorso contestava l’affermazione di responsabilità. Secondo la difesa, le censure erano valide. Tuttavia, la Cassazione ha rilevato che tali doglianze erano mere “enunciazioni riproduttive” di argomenti già esaminati e respinti dalla Corte territoriale. In sostanza, il ricorrente non si è confrontato criticamente con la motivazione della sentenza d’appello, che aveva invece analizzato in modo puntuale e logico tutti gli elementi del reato, compreso quello psicologico.

Il secondo motivo riguardava la mancata disapplicazione della recidiva. Anche in questo caso, la Corte ha definito il motivo “aspecifico”, poiché non si confrontava con la logicità lineare e coerente delle argomentazioni della Corte d’Appello su questo specifico punto.

Le Motivazioni della Cassazione: La Regola della Specificità e il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: i motivi di ricorso devono essere specifici e non possono limitarsi a ripetere argomenti già trattati. Un ricorso inammissibile è la sanzione processuale per chi non rispetta questa regola.

L’analisi del primo motivo: la genericità delle censure

La Corte ha spiegato che criticare una sentenza significa analizzarla punto per punto, evidenziandone le presunte falle logiche o giuridiche. Limitarsi a riproporre le stesse difese, senza spiegare perché la motivazione del giudice d’appello sarebbe errata, equivale a non presentare un vero motivo di ricorso. La sentenza impugnata aveva adeguatamente scrutinato i fatti e le prove, confermando la presenza di tutti i presupposti del reato contestato. Il ricorso, non affrontando questi punti, è risultato inevitabilmente generico.

L’analisi del secondo motivo: l’aspecificità sulla recidiva

Analogamente, anche la critica sulla gestione della recidiva è stata giudicata inefficace. La Corte d’Appello aveva fornito una motivazione chiara e coerente, e il ricorrente aveva il dovere di confrontarsi con essa, dimostrandone l’illogicità. Non facendolo, ha reso anche questo motivo aspecifico e, quindi, inammissibile.

Le Conclusioni: Le Conseguenze di un Ricorso Inammissibile

La decisione della Suprema Corte è netta: il ricorso viene dichiarato inammissibile. Questa declaratoria non è priva di conseguenze. Oltre a rendere definitiva la condanna, comporta per il ricorrente l’obbligo di pagare le spese processuali del giudizio di cassazione e di versare una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di redigere atti di impugnazione che dialoghino criticamente con le sentenze che intendono contestare, pena la loro inefficacia e ulteriori oneri economici.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e aspecifici. Il ricorrente si è limitato a riproporre censure già vagliate dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi criticamente con la puntuale e logica motivazione della sentenza impugnata.

Cosa significa che i motivi di un ricorso sono “generici”?
Significa che le argomentazioni sono vaghe, si limitano a ripetere questioni già decise nei gradi precedenti o non individuano in modo specifico e puntuale i presunti errori logici o giuridici contenuti nella decisione che si sta impugnando.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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