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Ricorso inammissibile: quando l’appello è una copia

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per il reato di insolvenza fraudolenta, poiché i motivi presentati erano una mera riproduzione di quelli già respinti in appello. La sentenza stabilisce che non è possibile chiedere alla Suprema Corte una nuova valutazione dei fatti. I ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. La richiesta di liquidazione delle spese della parte civile è stata rigettata per mancato contributo attivo.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione chiude la porta agli appelli “fotocopia”

Presentare ricorso in Cassazione non significa avere una terza occasione per discutere i fatti di una causa. La Suprema Corte ha ribadito questo principio fondamentale dichiarando un ricorso inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Questa ordinanza offre un chiaro monito sulle conseguenze di un’impugnazione che non solleva questioni di legittimità, ma tenta solo di ottenere una nuova valutazione del merito.

I Fatti del Caso

Due persone, condannate in primo e secondo grado per il reato di insolvenza fraudolenta, decidevano di presentare ricorso alla Corte di Cassazione. Il fulcro della loro difesa si basava su un presunto vizio di motivazione della sentenza d’appello riguardo alla qualificazione giuridica delle loro azioni. Sostenevano, in pratica, che i giudici di merito avessero interpretato male i fatti e le prove, in particolare le dichiarazioni della persona offesa.

Tuttavia, invece di evidenziare errori di diritto o vizi logici nel ragionamento della Corte territoriale, il ricorso si è risolto in una semplice riproposizione dei motivi già avanzati e disattesi nel precedente grado di giudizio.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Un aspetto interessante della decisione riguarda la parte civile. La Corte ha rigettato la richiesta di liquidazione delle spese legali a suo favore, poiché la sua difesa si era limitata a chiedere la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto del ricorso, senza però contestare specificamente i motivi di impugnazione proposti dai ricorrenti. Questo, secondo la Corte, equivale a un mancato contributo difensivo attivo.

Le motivazioni: perché il ricorso è inammissibile?

La motivazione della Suprema Corte è netta e si fonda su un principio consolidato. Il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Questo significa che la Corte non può riesaminare i fatti o valutare nuovamente le prove, ma solo verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e non contraddittoria.

Nel caso specifico, i giudici hanno rilevato che:

1. Mera riproduzione dei motivi: Il ricorso non introduceva nuove critiche legali alla sentenza d’appello, ma si limitava a ripetere le stesse doglianze già vagliate e respinte. Questo comportamento processuale è considerato un tentativo di ottenere una “lettura alternativa del merito”, non consentita in sede di legittimità.
2. Correttezza della sentenza d’appello: La Corte territoriale aveva già adeguatamente esaminato le questioni sollevate, basando la sua decisione su argomenti logici e giuridici corretti, derivanti dalle dichiarazioni della persona offesa e da altri riscontri probatori.

La decisione di dichiarare il ricorso inammissibile è quindi la diretta conseguenza di un’impostazione errata dell’impugnazione, che non rispetta i limiti funzionali del giudizio di Cassazione.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche per chiunque intenda impugnare una sentenza penale davanti alla Corte di Cassazione. In primo luogo, essa sottolinea che un ricorso deve concentrarsi su specifici vizi di legittimità (violazione di legge o vizio di motivazione) e non può essere una semplice riproposizione di questioni di fatto.

In secondo luogo, evidenzia il rischio concreto di subire una condanna non solo alle spese processuali, ma anche a una sanzione pecuniaria, in caso di ricorso palesemente infondato.

Infine, offre un’indicazione anche per le parti civili: per ottenere la liquidazione delle spese, è necessario partecipare attivamente al dibattito processuale, confutando punto per punto i motivi di ricorso avversari, e non limitarsi a una richiesta generica di rigetto.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Perché il ricorso era una semplice ripetizione dei motivi già presentati e respinti nel precedente grado di giudizio (appello) e non sollevava vizi di legittimità della sentenza impugnata, ma mirava a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in Cassazione.

Cosa significa che un ricorso è ‘meramente riproduttivo’ dei motivi di appello?
Significa che l’atto di impugnazione non formula critiche specifiche contro la decisione di secondo grado, ma si limita a copiare e riproporre le stesse identiche argomentazioni di fatto già esaminate e rigettate dal giudice precedente.

Perché alla parte civile non sono state liquidate le spese legali?
Perché si è limitata a chiedere il rigetto del ricorso senza contrastare in modo specifico i motivi presentati dagli appellanti. Secondo la Corte, questa condotta non costituisce un contributo difensivo attivo e concreto che giustifichi la liquidazione delle spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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