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Ricorso inammissibile: quando l’appello è una copia

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per furto. La decisione si fonda sul principio che l’atto di impugnazione non può limitarsi a ripetere le doglianze già esposte in appello, ma deve contenere una critica specifica e argomentata della sentenza impugnata. Anche la censura sulla pena è stata respinta, poiché non è richiesta una motivazione dettagliata per sanzioni vicine al minimo edittale.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea i Requisiti dell’Impugnazione

Presentare un’impugnazione in Cassazione richiede precisione e rigore. Non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza; è necessario articolare critiche specifiche e pertinenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta di un atto che si limita a replicare le argomentazioni già respinte nel grado precedente, senza un confronto critico con la decisione impugnata. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere la funzione e i limiti del giudizio di legittimità.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un imputato per il reato di furto aggravato in concorso, pronunciata in primo grado dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello. La pena stabilita era di otto mesi di reclusione e 180,00 euro di multa. Non accettando la decisione di secondo grado, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso: Due Censure Principali

Il ricorso si basava su due distinti motivi:
1. Errata configurazione del reato: Secondo la difesa, il fatto avrebbe dovuto essere qualificato come tentativo di furto e non come delitto consumato. Si contestava, in sostanza, la valutazione dei giudici di merito sull’avvenuto impossessamento della refurtiva.
2. Eccessività della pena: Si lamentava che il trattamento sanzionatorio inflitto fosse sproporzionato, chiedendone una riduzione.

La Decisione della Cassazione e il Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato i motivi presentati e ha concluso per una declaratoria di inammissibilità del ricorso. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello procedurale, sancendo che il ricorso non possedeva i requisiti minimi per essere esaminato.

Il Principio della Critica Argomentata

Con riferimento al primo motivo, la Corte ha osservato come esso fosse una mera riproposizione delle stesse argomentazioni già avanzate nell’atto di appello. La difesa non si era confrontata con la motivazione della sentenza della Corte d’Appello, che aveva congruamente spiegato perché si fosse verificato un autonomo impossessamento della refurtiva. La funzione tipica dell’impugnazione, ricorda la Cassazione, è quella della critica argomentata avverso il provvedimento che si contesta. Un atto che reitera le medesime considerazioni, senza dialogare con le ragioni della decisione impugnata, fallisce questa funzione e si destina all’inammissibilità.

La Motivazione sulla Pena

Anche la seconda doglianza è stata ritenuta inammissibile. I Giudici hanno ribadito un principio consolidato: una motivazione specifica e dettagliata sulla quantificazione della pena è richiesta solo quando la sanzione si avvicina al massimo edittale o è comunque superiore alla media. In tutti gli altri casi, specialmente quando la pena è vicina al minimo, la scelta del giudice di merito si considera implicitamente basata sui criteri dell’art. 133 c.p. ed è insindacabile in sede di legittimità.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione si fonda su una precisa concezione del processo di impugnazione. L’inammissibilità non è un mero tecnicismo, ma la conseguenza logica di un uso improprio dello strumento processuale. Il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio sui fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità). Pertanto, chi ricorre ha l’onere di dimostrare specificamente dove e perché la sentenza impugnata abbia errato nell’interpretare o applicare le norme. Ripetere argomenti già vagliati e respinti, senza indicare le lacune o le illogicità della motivazione del giudice precedente, trasforma il ricorso in un atto sterile, privo della sua funzione critica. La Corte, dichiarando il ricorso inammissibile, tutela l’efficienza del sistema giudiziario e il principio di definitività delle decisioni, evitando di riesaminare questioni già ampiamente dibattute e motivate.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un monito importante: la redazione di un atto di impugnazione, in particolare di un ricorso per cassazione, deve essere un esercizio di analisi critica e puntuale. Non è una mera formalità, ma l’essenza stessa del diritto di difesa in sede di legittimità. La decisione insegna che per avere successo in Cassazione, è indispensabile superare la semplice riproposizione delle proprie tesi e costruire un dialogo critico con le argomentazioni della sentenza che si intende demolire. In caso contrario, il risultato sarà non solo il rigetto, ma una declaratoria di inammissibilità, con condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, tra le altre ragioni, si limita a riproporre le stesse censure già presentate in appello, senza confrontarsi criticamente e specificamente con le motivazioni della sentenza che si sta impugnando.

È sufficiente ripetere gli stessi motivi dell’appello nel ricorso per cassazione?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte, la funzione dell’impugnazione è quella di una critica argomentata. Pertanto, il ricorso deve contenere un confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento contestato, indicando le ragioni di diritto e gli elementi di fatto a sostegno del proprio dissenso.

Il giudice deve sempre motivare in modo dettagliato la pena inflitta?
No, una motivazione specifica e dettagliata è richiesta solo nel caso in cui la sanzione sia quantificata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media. Per pene vicine al minimo, la scelta del giudice si considera implicitamente motivata e non è sindacabile in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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