Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i requisiti di specificità e gli effetti sulla prescrizione
Presentare un ricorso in Cassazione richiede una strategia difensiva precisa e argomentata. Non è sufficiente riproporre le stesse lamentele già esaminate e respinte nei gradi di giudizio precedenti. Una recente ordinanza della Suprema Corte ha ribadito questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile e chiarendo le importanti conseguenze che tale declaratoria comporta, specialmente in relazione alla prescrizione del reato. Analizziamo insieme la vicenda processuale e le lezioni che se ne possono trarre.
I Fatti del Processo
Due persone, condannate in primo e secondo grado per il reato di danneggiamento aggravato, decidevano di presentare ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello. La loro difesa si basava su una serie di motivi volti a contestare la correttezza della motivazione che aveva portato alla loro condanna e, in aggiunta, sollevava la questione dell’avvenuta prescrizione del reato.
I Motivi del Ricorso: una strategia difensiva inefficace
I ricorrenti hanno articolato il loro ricorso su cinque punti principali. I primi tre miravano a scardinare il ragionamento della Corte d’Appello sulla valutazione delle prove e sulla ricostruzione degli elementi indiziari a loro carico. Gli ultimi due motivi, invece, si concentravano su un aspetto puramente procedurale: l’intervenuta prescrizione del reato. In particolare, la difesa sosteneva l’applicabilità di una recente riforma legislativa (la legge n. 3 del 2019, nota come “Spazzacorrotti”) che avrebbe, a loro dire, accelerato i termini per l’estinzione del reato.
La Decisione della Cassazione su un ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha respinto in toto la strategia difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi distinti, uno per ciascun gruppo di motivi.
Per quanto riguarda la contestazione della responsabilità, la Corte ha osservato che i motivi erano una mera e “pedissequa reiterazione” di quelli già presentati e puntualmente respinti dalla Corte d’Appello. In altre parole, i ricorrenti si erano limitati a riproporre le stesse argomentazioni senza svolgere una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata, venendo meno alla funzione tipica del ricorso di legittimità. Tale approccio rende i motivi non specifici e, di conseguenza, inammissibili.
Relativamente alla prescrizione, i giudici hanno etichettato i motivi come “manifestamente infondati”. La riforma invocata non era applicabile al caso di specie, poiché i fatti contestati erano avvenuti prima della sua entrata in vigore. Pertanto, al momento della pronuncia d’appello, il termine di prescrizione non era ancora decorso.
Le Motivazioni: la specificità del ricorso e la prescrizione
La motivazione della Corte offre spunti di riflessione fondamentali. In primo luogo, viene ribadita la necessità che il ricorso in Cassazione possegga un requisito di specificità intrinseca. Non può essere una semplice fotocopia dell’atto d’appello, ma deve contenere una critica mirata e puntuale delle argomentazioni giuridiche e logiche contenute nella sentenza che si intende impugnare.
In secondo luogo, e questo è il punto più rilevante, la Corte applica un principio consolidato, sancito dalle Sezioni Unite (sentenza De Luca, 2000): la declaratoria di inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di rilevare l’eventuale prescrizione del reato maturata successivamente alla data della sentenza impugnata. L’inammissibilità, infatti, “cristallizza” la situazione giuridica al momento della pronuncia di secondo grado, impedendo al giudice di legittimità di prendere in considerazione eventi successivi come, appunto, il decorso del tempo. Di conseguenza, anche se il reato si fosse prescritto nel tempo intercorso tra la sentenza d’appello e la decisione della Cassazione, questa circostanza non avrebbe potuto essere dichiarata.
Conclusioni: lezioni pratiche per un ricorso efficace
Questa ordinanza conferma che la proposizione di un ricorso per Cassazione è un’attività che non ammette superficialità. Le conseguenze di un ricorso inammissibile sono severe: non solo la condanna diventa definitiva, ma i ricorrenti vengono anche condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro ciascuno) a favore della Cassa delle ammende. Soprattutto, si perde l’ultima possibilità di far valere cause di estinzione del reato come la prescrizione. La lezione è chiara: per affrontare il giudizio di legittimità, è indispensabile formulare censure nuove, specifiche e pertinenti, che dimostrino un’effettiva contraddizione o un errore di diritto nella sentenza impugnata.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, tra le altre cause, si limita a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte nel giudizio d’appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la decisione impugnata, risultando così non specifico.
Cosa succede se il reato si prescrive dopo la sentenza d’appello ma prima della decisione della Cassazione?
Se il ricorso proposto viene dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non può rilevare e dichiarare l’avvenuta prescrizione del reato, anche se questa è maturata nel tempo trascorso tra la sentenza d’appello e la decisione finale. L’inammissibilità del ricorso preclude tale valutazione.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La parte che ha presentato il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro a titolo di sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4484 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4484 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a GROSSETO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/02/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Letti i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME
Ritenuto che il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso, che contestano la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità, sono inammissibili perché fondati su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti i appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito (si vedano in particolare le pagine 6 e 7 della impugnata sentenza), dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso che ricostruisce gli elementi indiziari e la valutazione delle prove a carico del ricorrente per il reato di danneggiamento aggravato;
Ritenuto che il quarto e il quinto motivo di ricorso, che deducono la intervenuta prescrizione del reato sono manifestamente infondati posto che deducono l’applicazione della riforma introdotta con la legge n. 3 del 2019 benchè i fatti i fatti siano anteriori gennaio 2020 così che il termine di prescrizione di anni 7 e mesi 6 non era decorso al momento di emissione della pronuncia di appello;
Ritenuto che l’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo della eventuale prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, COGNOME Luca, Rv. 217266);
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila ciascuno alla cassa delle ammende
Roma 9/01/24