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Ricorso inammissibile: quando l’appello è un errore

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per minacce dal Giudice di Pace. Il motivo risiede nel fatto che le censure mosse alla sentenza di appello riguardavano vizi di motivazione, una ragione non ammessa dalla legge per questo tipo di ricorsi. La Corte ha quindi condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro, sottolineando che un’impugnazione palesemente infondata comporta conseguenze economiche significative.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Le Conseguenze di un Appello Errato

Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione è un passo delicato che richiede una profonda conoscenza delle norme procedurali. Un errore nella scelta dei motivi di appello può portare a una dichiarazione di ricorso inammissibile, con conseguenze non solo processuali ma anche economiche per il ricorrente. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come e perché un’impugnazione, se non correttamente fondata, venga respinta senza neppure un esame nel merito, comportando costi aggiuntivi.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dalla condanna di un individuo per il reato di minaccia (art. 612 c.p.), una fattispecie di competenza del Giudice di Pace. Dopo la conferma della condanna in appello da parte del Tribunale, l’imputato decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione. Le sue doglianze si concentravano sulla presunta violazione di legge nella determinazione della pena, sostenendo che i giudici non avessero adeguatamente considerato le attenuanti generiche e altri criteri di valutazione previsti dal codice penale, come le condizioni personali e il comportamento successivo al reato.

I Motivi del Ricorso Inammissibile secondo la Corte

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha immediatamente rilevato un vizio fondamentale nel ricorso. La legge stabilisce che le sentenze emesse in appello per reati di competenza del Giudice di Pace possono essere impugnate in Cassazione solo per motivi molto specifici, elencati nell’articolo 606 del codice di procedura penale. Questi motivi riguardano essenzialmente errori nell’applicazione della legge penale o processuale, ma escludono la possibilità di contestare la motivazione della sentenza.

Il ricorrente, pur lamentando una ‘violazione di legge’, in realtà criticava il modo in cui il Tribunale aveva ragionato e giustificato la sua decisione sulla pena. Si trattava, quindi, di un ‘vizio di motivazione’, un tipo di censura non ammesso in questo specifico contesto processuale. La Corte ha ribadito che, per questa categoria di reati, il legislatore ha volutamente limitato i motivi di ricorso per garantire una maggiore celerità dei processi.

L’analisi della Corte di Cassazione sul ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha sottolineato come la difesa dell’imputato avesse tentato di mascherare una critica sulla valutazione dei fatti e sulla logica della sentenza come un errore di diritto. Questo espediente, tuttavia, non ha superato il vaglio di ammissibilità. La Corte ha chiarito che denunciare una carente o contraddittoria ricostruzione dei fatti equivale a sollevare un vizio di motivazione, il quale, come detto, non rientra tra i motivi di ricorso consentiti per le sentenze del Giudice di Pace. Inoltre, la Corte ha considerato irrilevante anche una memoria difensiva presentata tardivamente, ribadendo la necessità di rispettare i termini processuali per garantire il diritto di replica delle altre parti.

Le Motivazioni

La motivazione della decisione si fonda su un principio cardine della procedura penale: i mezzi di impugnazione non sono illimitati, ma devono rispettare i confini stabiliti dalla legge. Nel caso specifico, la normativa (art. 39-bis del d.lgs. 274/2000) limita espressamente i motivi di ricorso contro le sentenze d’appello per reati di competenza del Giudice di Pace. L’aver proposto un ricorso basato su motivi non consentiti (il vizio di motivazione) ha reso l’impugnazione ‘geneticamente’ inammissibile. La Corte ha ravvisato in questa scelta una colpa del ricorrente, data l’evidente infondatezza giuridica dell’appello, giustificando così l’imposizione di una sanzione pecuniaria.

Le Conclusioni

L’ordinanza si conclude con una dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare la somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa decisione serve da monito: un ricorso in Cassazione deve essere fondato su solidi motivi di diritto, specialmente quando la legge impone limiti stringenti. Scegliere la strategia processuale sbagliata non solo non porta al risultato sperato, ma può comportare un significativo aggravio di costi.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché contestava la motivazione della sentenza di appello, un motivo non previsto dalla legge per le impugnazioni contro decisioni relative a reati di competenza del Giudice di Pace.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

È sempre possibile contestare la motivazione di una sentenza in Cassazione?
No. Per i reati di competenza del Giudice di Pace, la legge limita i motivi di ricorso per cassazione a specifiche violazioni di legge, escludendo la possibilità di contestare la logicità o la completezza della motivazione fornita dal giudice di appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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