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Ricorso inammissibile: quando l’appello è un copia-incolla

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per guida in stato di ebbrezza con incidente. La decisione si fonda sul fatto che l’appellante ha semplicemente riproposto gli stessi motivi del precedente grado di giudizio, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza d’appello. Questo vizio procedurale ha comportato la conferma della condanna e il pagamento di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: perché non basta riproporre gli stessi motivi

Un ricorso inammissibile è una delle conseguenze più severe nel processo penale, poiché impedisce alla Corte di Cassazione di esaminare il merito della questione. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce uno degli errori più comuni che portano a questa declaratoria: la mera riproposizione dei motivi già presentati in appello, senza un confronto critico con la sentenza impugnata. Analizziamo il caso di una condanna per guida in stato di ebbrezza per capire le ragioni di questa decisione e le sue implicazioni pratiche.

I fatti del caso

Il caso nasce da una condanna emessa dal Tribunale nei confronti di un automobilista, ritenuto colpevole del reato di guida in stato di ebbrezza, con l’aggravante di aver causato un sinistro stradale. La pena inflitta era di sei mesi di arresto e 1.500 euro di ammenda. La decisione veniva successivamente confermata dalla Corte di Appello di Torino.

Contro la sentenza di secondo grado, l’imputato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per cassazione, articolando due motivi principali:
1. La presunta mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione riguardo all’accertamento della sua responsabilità penale.
2. Una violazione di legge e un vizio di motivazione per quanto concerne il riconoscimento dell’aggravante legata all’incidente stradale.

La decisione della Cassazione: il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, con una sintetica ma incisiva ordinanza, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione non risiede nel merito delle argomentazioni dell’imputato, ma in un vizio di natura procedurale. I giudici di legittimità hanno osservato che i motivi presentati non erano altro che una pedissequa reiterazione delle stesse doglianze già sollevate con l’atto di appello.

Secondo la Corte, l’atto di impugnazione non si confrontava in modo specifico e critico con la motivazione della sentenza della Corte di Appello, la quale aveva già risposto in modo congruo e logico a quelle stesse obiezioni. In pratica, il ricorso si limitava a ignorare le argomentazioni dei giudici di secondo grado, riproponendo le medesime critiche come se quella sentenza non fosse mai stata scritta.

Le Motivazioni della Corte

La funzione tipica di un’impugnazione, come ribadito costantemente dalla giurisprudenza, è quella di una critica argomentata avverso il provvedimento che si contesta. Tale critica deve realizzarsi attraverso la presentazione di motivi specifici che indichino le ragioni di diritto e gli elementi di fatto a sostegno della richiesta.

Il cuore di ogni impugnazione è il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento impugnato. Se un ricorso, come nel caso di specie, si limita a riproporre le stesse lamentele già respinte nel grado precedente senza attaccare specificamente la logica della nuova decisione, perde la sua funzione essenziale. Diventa un atto sterile che non stimola un vero contraddittorio giuridico sulla decisione appellata.

La Corte ha sottolineato che, venendo meno questo confronto critico, il ricorso si destina inevitabilmente all’inammissibilità. In base agli articoli 581 e 591 del codice di procedura penale, la specificità dei motivi è un requisito a pena di inammissibilità. Non è sufficiente esprimere un generico dissenso; è necessario demolire, sul piano logico e giuridico, le fondamenta della decisione che si intende riformare.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia offre una lezione fondamentale per la pratica legale: redigere un atto di impugnazione non è un esercizio di stile, né una semplice ripetizione di argomenti. È un dialogo a distanza con il giudice che ha emesso la decisione precedente. Ogni motivo di ricorso deve essere costruito come una risposta diretta e motivata alle argomentazioni della sentenza impugnata.

La conseguenza diretta del ricorso inammissibile è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000 euro. Un esito che non solo conferma la condanna, ma aggiunge un ulteriore onere economico, evidenziando l’importanza di un approccio tecnicamente corretto e strategico nella redazione degli atti processuali.

Quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando manca dei requisiti previsti dalla legge. Come nel caso esaminato, ciò accade se i motivi sono generici o si limitano a ripetere le argomentazioni già presentate in appello, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata.

Cosa significa che un motivo di ricorso deve essere ‘specifico’?
Significa che deve indicare in modo puntuale le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la critica alla decisione. Non basta un dissenso generico, ma è necessario spiegare perché e in quali punti la sentenza sarebbe errata, dialogando direttamente con le argomentazioni del giudice.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La principale conseguenza è che la Corte di Cassazione non esamina il merito della questione e la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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