Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 45862 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 45862 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il 02/11/1979
avverso la sentenza del 18/01/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto P.G. NOME COGNOME
Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, D.L. n.137/2020 e successivo art. 8 D.L. 198/2022, conv. con modif. I. n. 14/2023.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOMECOGNOME a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli del 18 gennaio 2024, con cui è stata confermata la sentenza del Tribunale di Napoli che ha condannato l’imputato alla pena di giustizia in ordine al reato di ricettazione, riconosciuta l’attenuante di cui al comma 4 dell’art. 648 cod. pen.
La difesa affida le sue censure a due motivi deducendo:
2.1. vizio di motivazione e mancata assunzione di una prova decisiva. La doglianza attiene sia all’assenza di certi elementi dimostrativi della disponibilità dell’auto di provenienza furtiva in capo al ricorrente, lacuna che avrebbe dovuto imporre al giudice del merito di procedere ad un’integrazione istruttoria, sia alla mancata riqualificazione del fatto in furto stante il breve lasso temporale tra la sottrazione del veicolo ed il suo ritrovamento, sia la vicinanza dei suddetti luoghi;
2.2. nullità della sentenza per omessa notifica al secondo difensore nominato dall’imputato (Avv. COGNOME NOMECOGNOME del decreto di citazione in appello.
Il Pubblico ministero, con requisitoria del 15/09/2024, ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata sul possibile rilievo del secondo motivo sulla base degli atti disponibili in possesso dell’ufficio di procura.
Il ricorso è inammissibile.
Quanto alla prova di colpevolezza, dalla lettura della sentenza impugnata risulta che l’imputato – riconosciuto dagli agenti in quanto loro noto per ragioni d’ufficio – fu sorpreso alla guida di un’auto rubata e accortosi che veniva seguito dalle forze dell’ordine cercava di dileguarsi scappando dal lato guidatore. Si legge anche he l’auto presentava parti meccaniche dello sterzo interno completamente rotte. Si è dunque al cospetto di una situazione di fatto che risulta già ampiamente dimostrativa sia della disponibilità in capo all’imputato della res furtiva sia della consapevolezza di condurre un mezzo rubato. Con la conseguenza che le sollecitazioni istruttorie della difesa (accertamenti dattiloscopici volti a rileva impronte dell’imputato sul veicolo o sugli arnesi ivi rinvenuti) non si rivelano affatto decisive, a prescindere dal rilievo che non risulta affatto allegato che di tale asserita incompletezza istruttoria il ricorrente ebbe a lamentarsi in sede di appello.
Quanto, poi, all’ipotesi del furto, dalla lettura della sentenza impugnata risulta che la denunzia di furto fu sporta il 13 novembre 2019, mentre l’imputato fu sorpreso alla guida del mezzo il 19 novembre 2019. Difetta, pertanto, quel requisito di stretta contiguità temporale su cui la difesa reitera la censura svolta con l’atto di appello, correttamente disattesa dalla Corte di merito, stante anche
l’assenza di qualsiasi indicazione da parte dell’imputato delle modalità mediante le quali avrebbe sottratto il veicolo.
Manifestamente infondata è l’eccezione di nullità della sentenza sul rilievo dell’omessa notifica del decreto di citazione in appello al secondo difensore nominato. Trovandosi al cospetto di un’ipotesi di nullità di ordine generale attinente alla vocatio in ius, competeva alla difesa sollevare l’eccezione nel corso del giudizio di appello. L’omessa notifica dell’avviso della data fissata per il giudizio d’appello ad uno dei due difensori di fiducia dell’imputato comporta, infatti, una nullità a regime intermedio che, non attenendo alla fase del giudizio, bensì a quella degli atti preliminari, deve essere eccepita, in analogia a quanto previsto per il procedimento di primo grado dall’art. 180 cod. proc. pen., prima della deliberazione della sentenza (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, COGNOME, Rv. 249651 – 01).
Invece, dalla lettura del verbale di udienza del 18 gennaio 2024 non risulta che nessuna eccezione di nullità venne formulata e che era presente il secondo difensore pretermesso (l’Avv. COGNOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME, il quale, riportandosi ai motivi di appello, ha insistito pe l’accoglimento, così accettando gli effetti dell’atto nullo ed esercitando le prerogative difensive a cui lo stesso è preordinato.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché di una somma in favore della Cassa delle ammende, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
Quanto alla misura dell’ammenda, osserva il Collegio che la sanzione pecuniaria applicabile nei casi di ricorso inammissibile costituisce una vera e propria sanzione irrogata in favore della Cassa delle ammende, comportando l’imposizione di un esborso non commisurato in alcun modo al costo del procedimento e finalizzata a disincentivare il ricorso per cassazione, così inducendo le parti private a ponderare in maniera particolarmente attenta l’opportunità di ricorrere a tale tipo di impugnazione, circoscritta a precisi motivi di impugnazione.
Se, pertanto, deve escludersi la condanna all’ammenda allorché l’errore tecnico causativo dell’inammissibilità non sia dovuto a colpa (ad es. perché non percepibile al momento della sua proposizione, come nell’ipotesi di un imprevedibile mutamento di giurisprudenza che induca la Corte di cassazione a ritenere inammissibili ricorsi per il passato pacificamente non considerati tali,
ovvero qualora il ricorrente rinunci all’impugnazione per sopravvenuta carenza di interesse derivante da causa a lui non imputabile) e, dunque, il ricorso per cassazione sia stato proposto ragionevolmente fidando nella sua ammissibilità, allorché il ricorrente non versi in tale situazione, la misura dell’ammenda andrà stabilita secondo un criterio graduale che tenga conto delle ragioni dell’inammissibilità, financo a giungere ad un aumento sino al triplo allorché l’impugnazione assuma natura “temeraria” (si pensi al motivo che fa riferimento a dati di fatto del tutto smentiti dalla realtà processuale ovvero persino inesistenti, ovvero all’ipotesi in cui ricorra un’ipotesi di “abuso del processo”).
Alla luce delle considerazioni svolte, atteso il particolare rilievo dei profili manifesta infondatezza ravvisati nei motivi dedotti, ritine il Collegio equo determinare in aumento l’importo dell’ammenda, nella misura pari ad euro cinquemila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro cinquemila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 22 ottobre 2024.