Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 874 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 874 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Roma il 07/04/1958
avverso la sentenza del 23/02/2024 della Corte d’appello di Roma
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 648 cod. pen. ascritto all’imputato, non è consentito in sede di legittimità per un duplice ordine di ragioni;
che, in primis, va osservato che tale doglianza è fondata su profili di censura che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso, là dove i giudici di appello hanno esplicato le ragioni di fatto e di diritto in virtù delle quali è ritenersi integrato, da parte del ricorrente, il delitto de quo;
che, in secundis, deve osservarsi come, pur avendo formalmente lamentato un vizio motivazionale, invero, il ricorrente ha contestato una decisione sbagliata, in quanto fondata su una valutazione errata del materiale probatorio e, in
particolare, un “travisamento dei fatti”, risultando, così, il motivo teso prospettare una diversa lettura dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti e un differente giudizio di rilevanza delle risultanze processuali, che non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre: Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);
che, a tale proposito, giova sottolineare che il “travisamento della prova”, introdotto quale ulteriore criterio di giudizio della contraddittorietà estrinseca del motivazione dalla legge 20 febbraio 2006, n. 46, non costituisce il mezzo per valutare nel merito la prova, bensì lo strumento per saggiare la tenuta della motivazione alla luce della sua coerenza logica con i fatti sulla base dei quali si fonda il ragionamento;
che, nel caso di specie, il giudice di merito, con una motivazione esente dai vizi contestati, ha congruamente esplicitato gli elementi di fatto e di diritto post alla base del suo convincimento, facendo applicazione di corretti argomenti logici e giuridici (si vedano, in particolare, le pag. 2-3 dell’impugnata sentenza);
osservato che il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche e, più in generale, in riferimento alla determinazione della pena irrogata, è manifestamente infondato, poiché, innanzitutto, devono ribadirsi i principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità in base ai quali, da un lato, il diniego delle circostanze attenuanti ex art. 62 -bis cod. pen. può essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610), potendosi in questo senso valorizzare anche i soli precedenti penali del ricorrente (cfr., ad es., Sez. 3, n 34947 del 03/11/2020, S., Rv. 280444; Sez. 6, n. 57565 del 15/11/2018, COGNOME, Rv. 274783; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269); e, dall’altro lato, che non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il mancato riconoscimento delle suddette attenuanti, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo sufficiente che faccia riferimento a quelli riten decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tal valutazione;
che, inoltre, nella specie, l’onere argomentativo del giudice anche in riferimento alla dosimetria della pena, è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi e rilevanti per la riconferma di quanto stabilito dal giudice di primo grado e l’impossibilità di procedersi a una diminuzione della stessa pena (si veda, in particolare, la pag. 3 della sentenza impugnata), considerando che nel giudizio di legittimità è comunque inammissibile la censura che miri a una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione – come nel caso di specie – non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2024.