Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8646 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8646 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MONTEBELLUNA il 07/05/1970
avverso la sentenza del 13/11/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 13 novembre 2023 la Corte di appello di Venezia, in parziale riforma della pronuncia del locale Tribunale del 10 gennaio 2023, ha ridotto la pena inflitta a COGNOME NOME nella misura di mesi cinque di reclusione ed euro 175,00 di multa in ordine al reato di cui agli artt. 110, 56 e 624 cod. pen.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, manifesta illogicità della motivazione in ordine alla mancata concessione in suo favore delle circostanze attenuanti generiche e dell’attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 cod. pen.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Deve essere osservato, infatti, come la motivazione resa dalla Corte di appello (cfr. p. 5 della sentenza impugnata) ben rappresenti e giustifichi, in punto di diritto, le ragioni per cui il giudice di secondo grado ha ritenuto d negare il riconoscimento del beneficio ex art. 62-bis cod. pen. all’imputata, esprimendo una motivazione priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in sede di legittimità (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME e altri, Rv. 242419-01).
2.2. Sotto altro profilo, poi, risulta parimenti congruo e logico ragionamento espresso dalla Corte di appello con cui è stato evidenziato come il valore della merce sottratta, pari ad oltre 230,00 euro, imponga l’esclusione della ricorrenza di un lucro di speciale tenuità, di rilievo ai sensi dell’art. 62 n cod. pen.
In ogni modo, l’indicata censura appare reiterativa di identica doglianza eccepita con l’atto di appello, ribadendo le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione,
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cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 7 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente