Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Critica Specifica
Il ricorso per Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma il suo accesso è subordinato a regole precise. Non è una terza istanza per rivalutare i fatti, bensì un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce un punto fondamentale: un ricorso inammissibile è la conseguenza inevitabile quando l’impugnazione si limita a ripetere argomenti già esaminati e respinti. Analizziamo insieme questa importante decisione.
Il Caso in Esame: Dalla Condanna al Ricorso
Il caso trae origine da una condanna per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. 309/1990). L’imputato era stato condannato in primo grado dal Tribunale e la sua pena era stata confermata dalla Corte di Appello. La condanna si basava principalmente sulla dichiarazione di un acquirente che, fermato dalle forze dell’ordine, aveva immediatamente collaborato, fornendo il numero di telefono del soggetto da cui aveva acquistato la sostanza stupefacente, poi identificato nell’imputato.
I Motivi del Ricorso e il Principio del Ricorso Inammissibile
L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per Cassazione lamentando, in sintesi, tre aspetti:
1. Una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione riguardo all’affermazione della sua responsabilità penale.
2. L’eccessività della pena applicata, contestando il riconoscimento della recidiva.
3. La mancata concessione delle attenuanti generiche e di un’ulteriore attenuante specifica.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto tutti i motivi del tutto inammissibili. La ragione è un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: il ricorso non può essere una ‘pedissequa reiterazione’, ovvero una semplice copia, dei motivi già presentati e respinti dalla Corte d’Appello. Un ricorso inammissibile si configura proprio quando l’atto non svolge la sua funzione tipica, che è quella di una critica argomentata e specifica contro le ragioni della sentenza di secondo grado.
La Valutazione delle Prove da Parte dei Giudici di Merito
La Corte di Appello aveva fornito una motivazione che la Cassazione ha definito ‘lineare e coerente’. I giudici di merito avevano sottolineato la piena utilizzabilità e credibilità delle dichiarazioni dell’acquirente. La tesi difensiva, secondo cui l’acquirente potesse avere un interesse a mentire per accusare l’imputato, è stata considerata ‘meramente congetturale’ e priva di qualsiasi riscontro oggettivo. La collaborazione immediata con le forze dell’ordine è stata vista come un elemento a favore della sua attendibilità.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Suprema Corte ha ribadito che i motivi presentati dall’imputato erano una mera riproduzione delle censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte di Appello. Non è stata mossa alcuna critica specifica alle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata. Citando precedenti pronunce, la Corte ha ricordato che i motivi di ricorso devono essere specifici e non solo apparenti. Un motivo che si limita a ripetere le argomentazioni del precedente grado di giudizio, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza d’appello, non assolve alla sua funzione e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica per la redazione dei ricorsi per Cassazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione di secondo grado; è indispensabile articolare una critica puntuale e giuridicamente fondata contro il ragionamento seguito dai giudici d’appello. La Cassazione non riesamina le prove, ma valuta se la legge sia stata applicata correttamente e se la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria. Qualsiasi ricorso che ignori questa funzione di controllo di legittimità, tentando di ottenere una nuova valutazione del merito attraverso la riproposizione delle medesime questioni, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Quando un ricorso per Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso per Cassazione è dichiarato inammissibile quando, tra le altre ragioni, si limita a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza impugnata.
È sufficiente ripetere i motivi dell’appello nel ricorso per Cassazione?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha stabilito che la ‘pedissequa reiterazione’ dei motivi già presentati in appello rende il ricorso non specifico e quindi inammissibile, poiché omette di assolvere alla sua funzione tipica, che è quella di criticare la decisione di secondo grado.
Come è stata valutata la testimonianza dell’acquirente in questo caso?
La testimonianza dell’acquirente è stata considerata pienamente utilizzabile e credibile. La Corte ha ritenuto che la sua immediata collaborazione con le forze dell’ordine, fornendo il numero di telefono del venditore, fosse un elemento forte a sostegno della sua versione, mentre la tesi difensiva di un presunto interesse ad accusare falsamente l’imputato è stata giudicata puramente congetturale e priva di riscontri.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36813 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36813 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PADERBON( GERMANIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/10/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Catania ha confermato sentenza del Tribunale di Ragusa del 10 luglio 2020 con cui NOME era stato condannato alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione ed euro 2500,00 di m in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990.
Il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso l sentenza della Corte di appello lamentando, con i primi due motivi, violazione di e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di penale responsab dell’imputato; con il terzo motivo di gravame, il ricorrente lamenta violazione di e vizio di motivazione in ordine all’eccessività del trattamento sanzionatorio a della ritenuta recidiva e della mancata applicazione delle attenuanti generi dell’attenuante di cui all’art. 62 n.4 cod. pen.
3. Il ricorso è inammissibile.
Tutti i motivi di ricorso risultano essere meramente riproduttivi di censu adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti dal Giudice di meri non scanditi da specifica critica delle argomentazioni poste alla base della se impugnata.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il rico per Cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazion quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dov gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omett assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza og di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710; Sez. 11933 del 27/01/2005, COGNOME, Rv. 231708).
Ciò posto sui principi giurisprudenziali operanti in materia, la Corte di mer fornito una motivazione lineare e coerente in ordine agli elementi probatori a c dell’imputato, ritenendo di condividere le argomentazioni fatte proprie dal p giudice. Nello specifico, veniva sottolineata la piena utilizzabilità delle dich rese dall’acquirente in veste di persona informata dei fatti, il quale da subi collaborato con le forze dell’ordine fornendo loro il numero di telefono del sog da cui aveva acquistato la droga, poi identificato con l’odierno imputato. La con argomentazione immune da vizi logici, ha considerato sfornita di qualsi riscontro, e dunque meramente congetturale, la tesi difensiva secondo l’acquirente era inserito nell’ambiente criminoso ed avrebbe avuto un interes accusare il NOME.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento d spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende. Così deciso in Roma il 23 settembre 2024.