Ricorso Inammissibile: La Cassazione e il Divieto di Appelli Ripetitivi
Nel sistema giudiziario italiano, impugnare una sentenza è un diritto fondamentale, ma deve essere esercitato secondo regole precise. Un principio cardine è che il ricorso non può essere una semplice fotocopia degli atti precedenti. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito come un ricorso inammissibile sia la conseguenza diretta di una mera ripetizione dei motivi già discussi e respinti in appello. Analizziamo questo caso per capire le implicazioni pratiche di tale principio.
I Fatti del Caso in Esame
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo in primo grado, confermata poi dalla Corte d’Appello, per i reati di furto aggravato e violenza a pubblico ufficiale. Ritenendo ingiusta la decisione dei giudici di merito, l’imputato decideva di presentare ricorso presso la Suprema Corte di Cassazione, l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento.
L’Unico Motivo di Ricorso
Il ricorrente basava la sua intera difesa in Cassazione su un unico punto: l’errata qualificazione giuridica del reato di furto. A suo dire, i giudici di merito avrebbero dovuto considerare il furto come ‘tentato’ e non ‘consumato’, con evidenti conseguenze sulla determinazione della pena. Questa argomentazione, tuttavia, era la stessa già avanzata e motivatamente respinta dalla Corte d’Appello.
La Decisione della Corte: la dichiarazione di ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione, esaminato l’atto, ha emesso un’ordinanza tanto sintetica quanto netta: il ricorso è dichiarato inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione (furto tentato o consumato), ma si ferma a un livello precedente, quello procedurale. La Corte ha ritenuto che il ricorso non superasse la soglia minima di ammissibilità, impedendo di fatto una valutazione della fondatezza delle critiche mosse.
Le Motivazioni della Sentenza
Il cuore della decisione risiede nel concetto di ‘specificità’ dei motivi di ricorso. La Suprema Corte ha spiegato che un ricorso per cassazione non può limitarsi a una ‘pedissequa reiterazione’ delle censure già dedotte in appello. In altre parole, non è sufficiente copiare e incollare le stesse argomentazioni già respinte. Il ricorso deve invece assolvere a una funzione critica e argomentata, evidenziando in modo puntuale e specifico gli errori logici o giuridici contenuti nella sentenza impugnata.
Quando un ricorso si risolve in una semplice riproposizione dei motivi d’appello, senza confrontarsi criticamente con le ragioni esposte dalla corte di merito per respingerli, esso viene considerato ‘non specifico’ e ‘soltanto apparente’. Di conseguenza, viene dichiarato il ricorso inammissibile, poiché fallisce nel suo scopo primario: stimolare un controllo di legittimità sulla decisione precedente. A seguito di questa dichiarazione, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre un insegnamento fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Non basta essere convinti della propria ragione; è necessario strutturare un ricorso che dialoghi criticamente con la sentenza che si intende impugnare. Ogni motivo di ricorso deve essere nuovo, specifico e deve dimostrare perché la motivazione del giudice d’appello è errata. Limitarsi a ripetere argomenti già esaminati e rigettati non solo è inutile, ma espone al rischio concreto di una dichiarazione di inammissibilità e a ulteriori sanzioni economiche.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a ripetere gli stessi argomenti già presentati e respinti dalla Corte d’Appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata.
Cosa significa ‘pedissequa reiterazione’ dei motivi di appello?
Significa ripetere in modo identico e acritico le stesse censure già sollevate nel precedente grado di giudizio. La Corte di Cassazione ritiene che un ricorso così formulato manchi del requisito di specificità, in quanto non assolve alla funzione di critica argomentata della decisione impugnata.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31044 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31044 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOMECODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/12/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Salerno che ha confermato la pronunzia di primo grado con la quale il ricorrente è stato ritenuto responsabile dei delitti di furto e violenza a pubblico ufficiale, entrambi aggravati;
considerato che il primo e unico motivo di ricorso, con il quale il ricorrente denunzia l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione in ordine all’omessa qualificazione del delitto di furto in forma tentata, è inammissibile perché fondato su censure che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello, puntualmente e correttamente disattese dalla Corte di merito, dovendosi le stesse considerare non specifiche, ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere alla tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710-01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 8 luglio 2024