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Ricorso inammissibile: quando l’appello è ripetitivo

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da due imputati. La decisione si fonda sul fatto che i motivi di appello erano una mera riproposizione di argomenti già valutati e respinti dalla Corte d’Appello, senza presentare una critica specifica e argomentata della sentenza impugnata. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i limiti dell’appello

Quando si presenta un ricorso alla Corte di Cassazione, non è sufficiente ripetere le argomentazioni già esposte nei precedenti gradi di giudizio. Una recente ordinanza della Suprema Corte ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso inammissibile è la conseguenza diretta di un atto che non si confronta criticamente con la sentenza impugnata, ma si limita a riproporre le medesime doglianze. Analizziamo insieme questa decisione per capire le sue implicazioni pratiche.

I fatti del caso

Due individui, condannati dalla Corte d’Appello di Napoli, presentavano un ricorso congiunto in Cassazione. Le loro richieste erano diverse e specifiche: uno puntava alla concessione della sospensione condizionale della pena e all’applicazione delle nuove sanzioni sostitutive; l’altro chiedeva la non menzione della condanna nel casellario giudiziale. Entrambi, inoltre, contestavano la mancata applicazione dell’istituto della particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.).

La decisione della Corte e il concetto di ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. La ragione di tale drastica decisione non risiede nel merito delle richieste, ma nel modo in cui sono state presentate.

La critica all’atto di appello

I giudici hanno osservato che i motivi del ricorso erano ‘indeducibili’. Questo termine tecnico indica che le argomentazioni erano una mera riproduzione di quelle già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. In altre parole, i ricorrenti non avevano formulato una critica specifica e puntuale contro le motivazioni della sentenza di secondo grado. Mancava, secondo la Corte, una ‘specifica critica analisi’ delle ragioni che avevano portato i giudici d’appello a negare i benefici richiesti. Invece di smontare il ragionamento del giudice precedente, la difesa si è limitata a ripeterlo, sperando in un esito diverso.

Le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità

La dichiarazione di inammissibilità non è priva di conseguenze. Oltre a rendere definitiva la condanna, comporta per i ricorrenti l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro ciascuno, da versare alla Cassa delle ammende.

Le motivazioni della Corte

La motivazione della Suprema Corte è chiara e si basa su un principio consolidato: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. La Cassazione non può riesaminare i fatti o sostituire la propria valutazione a quella del giudice precedente. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria.

Nel caso specifico, la Corte ha sottolineato che la sentenza d’appello aveva una motivazione ‘sufficiente e non illogica’ e aveva preso in adeguata considerazione le deduzioni difensive. I giudici di secondo grado avevano spiegato chiaramente (nelle pagine 6 e 7 della loro sentenza) perché non ritenevano applicabile l’art. 131 bis c.p. o concedibili gli altri benefici richiesti. L’atto di ricorso, ignorando questo percorso argomentativo, si è rivelato inefficace e, quindi, inammissibile.

Le conclusioni: Implicazioni pratiche

Questa ordinanza offre una lezione importante per chiunque si appresti a redigere un ricorso per Cassazione. Non basta avere ragione nel merito; è fondamentale saper articolare le proprie critiche in modo specifico, tecnico e pertinente. Bisogna analizzare a fondo la sentenza che si intende impugnare, individuarne le eventuali crepe logiche o gli errori di diritto e costruire su di essi un’argomentazione solida. Un ricorso che si limita a ripetere sé stesso è destinato a scontrarsi con una declaratoria di inammissibilità, con conseguente spreco di tempo, risorse e la condanna al pagamento di ulteriori somme.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando si limita a riproporre le stesse doglianze già esaminate e respinte dal giudice precedente, senza formulare una critica specifica e analitica delle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in 3.000 euro per ciascun ricorrente.

È sufficiente riproporre gli stessi argomenti in Cassazione per ottenere una nuova valutazione?
No, l’ordinanza chiarisce che non è sufficiente. Per essere ammissibile, il ricorso deve contenere una critica puntuale e argomentata contro la motivazione della decisione impugnata, evidenziandone vizi logici o violazioni di legge, e non può essere una semplice riproposizione di tesi già respinte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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