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Ricorso inammissibile: quando l’appello è ripetitivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un dipendente pubblico contro una sentenza di condanna. I motivi del ricorso erano una mera ripetizione di argomenti già valutati e respinti dalla Corte d’Appello, riguardanti la non punibilità per particolare tenuità del fatto e la regolarità della costituzione di parte civile. La Corte ha confermato che la condotta, essendo non occasionale e avendo causato un danno significativo all’ente pubblico, non poteva essere considerata di lieve entità, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione Conferma la Condanna del Dipendente Pubblico

Quando si impugna una sentenza, non è sufficiente dissentire dalla decisione: è necessario presentare argomenti validi e, preferibilmente, nuovi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze di un appello basato sulla mera ripetizione di motivi già respinti, dichiarando il ricorso inammissibile. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere i limiti del diritto di impugnazione e i criteri con cui i giudici valutano la gravità di un reato commesso ai danni della Pubblica Amministrazione.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha come protagonista un dipendente di un ente pubblico, condannato nei primi due gradi di giudizio. Non rassegnato alla decisione della Corte d’Appello, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.

In primo luogo, ha contestato il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale, e della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità. Secondo la sua difesa, le sue azioni avrebbero avuto un impatto minimo.

In secondo luogo, ha sollevato questioni procedurali, criticando le modalità con cui l’ente pubblico danneggiato si era costituito parte civile nel processo per ottenere il risarcimento.

La Decisione sul Ricorso Inammissibile della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile senza entrare nel merito delle questioni. La decisione si fonda su un principio cardine del processo: il ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle stesse argomentazioni già presentate e rigettate in appello. I giudici hanno constatato che entrambi i motivi sollevati dal ricorrente erano una copia di quelli già adeguatamente esaminati e motivatamente respinti dalla Corte territoriale.

Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento di tutte le spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Inoltre, è stato obbligato a rifondere le spese legali sostenute dall’ente pubblico, quantificate in oltre 2.600 euro.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha spiegato in modo chiaro perché i motivi del ricorso erano infondati e, soprattutto, ripetitivi.

Riguardo al primo motivo, i giudici hanno richiamato la sentenza d’appello, la quale aveva già evidenziato elementi ostativi all’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La condotta dell’imputato non era stata affatto occasionale, ma si era ripetuta per almeno cinque volte nell’arco di pochi mesi. Inoltre, il danno per l’ente pubblico non era stato esiguo. Esso non consisteva solo nell’indebita erogazione dello stipendio, ma anche, e soprattutto, nella mancata prestazione lavorativa e nell’impossibilità per l’amministrazione di fare affidamento sulla lealtà e correttezza del proprio dipendente. Questi elementi, nel loro complesso, delineavano un quadro di gravità incompatibile con la “particolare tenuità”.

Anche il secondo motivo, di natura procedurale, è stato liquidato come riproduttivo di censure già correttamente respinte dalla Corte di merito con argomenti giuridici puntuali e riferimenti giurisprudenziali. Pertanto, non vi era alcuno spazio per un nuovo esame da parte della Cassazione.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale per chiunque intenda percorrere tutti i gradi di giudizio: un’impugnazione deve basarsi su critiche specifiche e pertinenti alla decisione che si contesta, non sulla speranza che giudici diversi possano valutare diversamente gli stessi argomenti. La dichiarazione di ricorso inammissibile non è solo una sconfitta processuale, ma comporta anche significative conseguenze economiche, rendendo la condanna definitiva e aggravando i costi per il ricorrente.

Il caso sottolinea, inoltre, la severità con cui viene valutato il danno arrecato alla Pubblica Amministrazione. Il pregiudizio non è solo patrimoniale, ma investe anche l’efficienza, la funzionalità e il rapporto di fiducia che devono legare l’ente ai suoi dipendenti, un principio che rende difficile qualificare tali reati come di “particolare tenuità”.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, tra le altre ragioni, si limita a riproporre gli stessi motivi di doglianza già esaminati e motivatamente respinti dalla corte precedente, senza presentare nuove e specifiche argomentazioni giuridiche contro la sentenza impugnata.

Perché la Corte non ha riconosciuto la particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) nel caso specifico?
La Corte ha ritenuto che il fatto non fosse di particolare tenuità perché la condotta dell’imputato non era occasionale (essendosi ripetuta almeno cinque volte in pochi mesi) e il danno causato all’ente pubblico non era esiguo. Quest’ultimo includeva non solo lo stipendio indebitamente percepito, ma anche la mancata prestazione lavorativa e la lesione del rapporto di fiducia con l’amministrazione.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
Chi presenta un ricorso dichiarato inammissibile è condannato al pagamento delle spese processuali, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende (nel caso di specie, 3.000 euro) e alla rifusione delle spese legali sostenute dalla parte civile per difendersi nel giudizio di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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