Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 2758 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 2758 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 21/08/1994
avverso la sentenza del 07/02/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sulle conclusioni del Pubblico Ministero
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Trieste il 7 febbraio 2024 ha integralmente confermato la sentenza, appellata dall’imputato, con cui il Tribunale di Pordenone il 26 aprile 2022, all’esito del giudizio abbreviato, ha riconosciuto NOME colpevole dei reati di furto consumato di scarpe da un esercizio commerciale, aggravato dalla violenza sulle cose, per avere rotto le placche antitaccheggio, e su beni esposti per consuetudine alla pubblica fede, fatto commesso il 5 luglio 2021 (capo n. 1 dell’editto), di resistenza a pubblico ufficiale, sempre il 5 luglio 2021 (capo n. 2), di lesioni volontarie lievi a NOME COGNOME fatto commesso il 4 agosto 2021 (capo n. 3), di minaccia grave allo stesso COGNOME, il 4 agosto 2021 (capo n. 4), e di furto di uno skateboard a NOME COGNOME il 18 agosto 2021 (capo n. 5), e, considerato più grave il reato di cui al capo n. 1), riconosciuta l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità e ritenuta la stessa equivalente alle circostanze aggravanti ed alla recidiva qualificata contestata e stimata sussistente, con l’aumento per la continuazione con gli ulteriori reati ed applicata la diminuzione per il rito, lo ha condannato alla pena di giustizia.
Ricorre per la cassazione della sentenza l’imputato, tramite Difensore di fiducia, affidandosi a sei motivi con i quali denunzia violazione di legge (il primo, il quarto, il quinto ed il sesto motivo) e vizio di motivazione (il secondo ed il terzo motivo).
2.1. Con il primo motivo lamenta erroneità, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione in riferimento all’affermazione di penale responsabilità quanto al capo n. 1), poiché non emerge con certezza oltre ogni ragionevole dubbio che autore del furto sia proprio l’imputato. Infatti: non sono mai state trovate presso lo stesso le scarpe oggetto di sottrazione; non si comprende come, in ipotesi, possa avere abbandonato la refurtiva nel breve lasso di tempo, di circa dieci minuti, sino all’intervento della polizia giudiziaria; non si comprende come la p.g. possa avere notato l’imputato alla fermata dell’autobus già prima di arrivare nel negozio da cui era partita la segnalazione; non si capisce come la teste NOME COGNOME della cui attendibilità dovrebbe dubitarsi, anche per non avere notato un dettaglio che si stima molto importante, cioè che l’autore del fatto indossava uno zainetto, come affermato dalla teste NOME COGNOME possa avere visto le scarpe di marca Diadora oggetto di furto all’interno di una borsa; dalle immagini di videosorveglianza si comprende che l’autore del fatto è una persona di colore ma, indossando mascherina e cappellino con visiera, sarebbe
impossibile la identificazione con il ricorrente; inoltre, l’imputato è ben più alto della statura di circa 170 cm che viene indicata dalla teste COGNOME
2.2. Con il secondo motivo, svolto in via subordinata rispetto al precedente, ci si duole della violazione dell’art. 56 cod. pen., essendosi in presenza di mero tentativo, in quanto l’autore del presunto furto è stato visto dalla direttrice del negozio, sig.ra COGNOME ed è stato videoripreso dalle telecamere di sorveglianza, sicchè non avrebbe mai avuto la disponibilità autonoma sulla refurtiva (alla luce dell’insegnamento, che si richiama, delle Sezioni Unite penali della S.C., sent. n. 52117 del 17/07/2014, PG in proc. Prevete e altro, Rv. 261186, secondo cui «In caso di furto in supermercato, il monitoraggio della azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell’ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo “in continenti”, impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l’agente conseguito, neppure momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo»).
L’imputato sarebbe stato peraltro talmente poco accorto da avere destato l’attenzione della direttrice del negozio, che gli ha chiesto di aprile la borsa.
3.3. Tramite il terzo motivo censura manifesta illogicità della motivazione in relazione al reato n. 4), cioè minaccia, in quanto la frase minacciosa non sarebbe mai stata pronunziata dall’imputato, secondo quanto dichiarato dal teste oculare NOME COGNOME nelle sommarie informazioni rese alla p.g. il 4 agosto 2021.
In ogni caso, non vi sarebbe prova che il ragazzo che ha litigato con NOME COGNOME sia proprio l’odierno ricorrente e non altri.
3.4. Oggetto del quarto motivo è violazione dell’art. 52 cod. pen. in relazione al capo n. 3). L’imputato, infatti, il 4 agosto 2021 si sarebbe limitato a difendersi dai colpi di NOME COGNOME che lo aveva aggredito con spinte e calci.
3.5. Con il quinto motivo si denuncia ulteriore violazione di legge in relazione al capo n. 5) dell’editto, in quanto il proprietario dello skateboard in realtà ha prestato la tavola volontariamente all’imputato, il quale poi lo ha spontaneamente restituito: donde l’insussistenza del reato e, in ogni caso, la mancanza di certezza che proprio l’imputato sia l’autore del fatto.
3.6. Infine, con l’ultimo motivo lamenta violazione dell’art. 62-bis cod. pen. in relazione alla conferma da parte della Corte territoriale del diniego delle circostanze attenuanti generiche, in base alla personalità altamente negativa dell’imputato, come si legge alla p. 8 della sentenza impugnata, trascurando la circostanza, di sicuro rilievo, che l’imputato dopo i fatti avrebbe deciso di
cambiare vita, tenendo buona condotta processuale ed iniziando in carcere a frequentare un percorso di disintossicazione e a seguire corsi di istruzione e di formazione.
Si chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.
Il P.G. nella requisitoria scritta del 3 novembre 2024 ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è manifestamente infondato, per le seguenti ragioni.
Tutti i motivi che si sono riferiti nel “ritenuto in fatto” (il primo: sull della responsabilità per il reato di furto di scarpe di cui al capo n. 1 dell’editto; i secondo: sulla corretta qualificazione giuridica del reato di cui al capo n. 1; il terzo: sull’an della responsabilità per il reato di minaccia di cui al capo n. 4; il quarto: sull’an della responsabilità per il reato di lesioni di cui al capo n. 3 e sulla sussistenza di una scriminate; il quinto: sulla insussistenza del reato di furto di skateboard di cui al capo n. 5; l’ultimo: sul diniego delle attenuanti generiche) sono, in realtà, la mera, pedissequa, riproposizione delle censure mosse con l’atto di appello e che sono state tutte già adeguatamente confutate con la motivazione, sufficiente e logica, che si rinviene alle 5-8 della sentenza impugnata con argomenti con i quali il ricorso omette il doveroso confronto.
Peraltro, i motivi di ricorso sono costruiti in fatto e su prospettazioni meramente assertive ed avversative rispetto alle ricostruzioni svolte ed alle valutazioni operate nella doppia conforme dì merito.
3.Essendo, in definitiva, il ricorso inammissibile e non ravvisandosi ex art. 616 cod. proc. pen. assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Costituzionale, sentenza n. 186 del 7-13 giugno 2000), alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della sanzione pecuniaria nella misura, che si ritiene congrua e conforme a diritto, che è indicata in dispositivo.
Motivazione semplificata, dovendosi fare applicazione nel caso di specie di principi di diritto già reiteratamente affermati dalla S.C. e condivisi dal Collegio, ricorrendo le condizioni di cui al decreto del Primo Presidente della Corte di cassazione n. 84 dell’8 giugno 2016.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 20/11/2024.