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Ricorso inammissibile: quando l’appello è ripetitivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna per l’organizzazione di un evento non autorizzato. La Corte ha ritenuto i motivi del ricorso meramente ripetitivi di quelli già respinti in appello e ha confermato la correttezza della sentenza di secondo grado sia sulla responsabilità dell’amministratore che sulla dosimetria della pena.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Motivi Ripetitivi

Quando si presenta un appello alla Corte di Cassazione, non è sufficiente ripetere le stesse lamentele già esposte nei gradi precedenti. Un recente provvedimento della Suprema Corte ha ribadito questo principio fondamentale, dichiarando un ricorso inammissibile perché i motivi erano una mera riproduzione di censure già adeguatamente valutate e respinte dalla Corte d’Appello. Analizziamo questa decisione per capire le implicazioni pratiche per chi affronta un procedimento penale.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda l’amministratore unico di una società proprietaria di un locale, condannato per aver organizzato un evento pubblico senza le dovute autorizzazioni, in violazione dell’art. 681 del codice penale. Nello specifico, si trattava di una festa di compleanno con un elevato numero di partecipanti e l’uso di apparecchiature elettroacustiche. L’amministratore aveva impugnato la condanna in appello, ma la sua tesi era stata respinta. Non soddisfatto, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, basando la sua difesa su tre punti principali: l’irrilevanza della sua responsabilità data la partecipazione di terzi nell’organizzazione, un trattamento sanzionatorio ritenuto ingiusto e la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. La ragione è netta: i motivi presentati non erano altro che una riproposizione delle stesse questioni già sollevate in appello, senza introdurre nuove critiche giuridiche alla sentenza impugnata. La Corte ha sottolineato che il secondo grado di giudizio aveva già fornito risposte corrette e giuridicamente fondate a tutte le censure.

La Responsabilità dell’Amministratore del Locale

Uno dei punti chiave era la presunta assenza di responsabilità dell’amministratore, dato che l’evento era una festa di compleanno organizzata dalla festeggiata. La Cassazione ha confermato la posizione della Corte d’Appello: la partecipazione di un terzo all’organizzazione non esclude in alcun modo la responsabilità di chi ha la gestione legale del locale, il quale ha il dovere di garantire che ogni evento si svolga nel rispetto della legge.

La Dosimetria della Pena e i Criteri di Motivazione

Il ricorrente lamentava anche una pena ingiusta. La Corte ha respinto la censura, richiamando un principio consolidato in giurisprudenza: quando la pena inflitta è contenuta al di sotto della ‘media edittale’ (cioè il valore medio tra il minimo e il massimo previsto dalla legge), il giudice non è tenuto a fornire una motivazione specifica e dettagliata sui criteri di cui all’art. 133 del codice penale. Una spiegazione approfondita è richiesta solo quando la sanzione si attesta su valori ben superiori alla media.

L’Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto

Infine, è stata confermata la decisione di non applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). La Corte ha ritenuto che la condotta non fosse affatto ‘tenue’, considerando l’elevato numero di persone presenti, l’utilizzo di strumentazione elettroacustica e la non occasionalità del comportamento, elementi che indicano una significativa offensività del fatto.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su principi procedurali e sostanziali chiari. Dal punto di vista procedurale, un ricorso per cassazione deve evidenziare vizi di legittimità specifici della sentenza impugnata, non può essere un semplice ‘terzo grado di giudizio’ in cui si ripropongono le medesime argomentazioni di fatto. La Corte non riesamina i fatti, ma controlla la corretta applicazione della legge. Dal punto di vista sostanziale, la decisione riafferma la piena responsabilità dell’amministratore di un locale per le attività che vi si svolgono e chiarisce i limiti dell’obbligo di motivazione del giudice sulla pena e i criteri per valutare la tenuità del fatto, che deve essere considerata in modo complessivo e non solo formale.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, funge da monito contro la presentazione di ricorsi per cassazione meramente dilatori o ripetitivi, destinati a essere dichiarati inammissibili con conseguente condanna alle spese e al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende. In secondo luogo, ribadisce la figura centrale dell’amministratore di un locale come garante della legalità, la cui responsabilità non può essere facilmente elusa. Infine, fornisce un’utile guida sui criteri utilizzati dai giudici per commisurare la pena e per applicare o escludere istituti favorevoli come la non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, tra le altre ragioni, i motivi presentati sono una mera ripetizione di censure già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio, senza sollevare nuove questioni di legittimità o specifici vizi della sentenza impugnata.

La responsabilità dell’amministratore di un locale viene meno se un evento è organizzato da un cliente?
No. Secondo la Corte, il concorso di altre persone nell’organizzazione di un evento non esclude la responsabilità penale dell’amministratore unico della società proprietaria del locale, che ha il dovere di garantire il rispetto delle normative vigenti.

Quando non è necessaria una motivazione dettagliata per la pena inflitta?
La giurisprudenza di legittimità ritiene che non sia necessaria una specifica e dettagliata motivazione sui criteri di determinazione della pena quando questa è fissata in una misura inferiore alla media edittale prevista dalla norma incriminatrice. Una motivazione approfondita è richiesta solo per pene di gran lunga superiori a tale media.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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