Ricorso Inammissibile: La Cassazione sanziona gli appelli meramente ripetitivi
L’ordinanza in esame offre un chiaro monito sull’importanza di presentare impugnazioni fondate su argomenti nuovi e pertinenti. La Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: un ricorso inammissibile perché meramente riproduttivo di motivi già vagliati e respinti non solo non verrà esaminato, ma comporterà anche severe conseguenze economiche per il proponente. Analizziamo insieme questa decisione per comprenderne la portata pratica.
I Fatti del Caso
Un soggetto condannato dalla Corte d’Appello di Torino ha presentato ricorso per Cassazione, contestando la sentenza di secondo grado. Le sue doglianze si basavano su tre punti principali: l’errata configurazione del reato contestato, la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (prevista dall’art. 131-bis del codice penale) e la gestione della recidiva.
Il ricorrente, in sostanza, ha riproposto alla Suprema Corte le stesse argomentazioni che aveva già presentato, senza successo, davanti ai giudici d’appello.
La Decisione della Corte: La dichiarazione di ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione, dopo aver esaminato gli atti, ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. La ragione è semplice e diretta: i motivi presentati non erano altro che una copia di quelli già adeguatamente analizzati e disattesi dalla Corte territoriale. I giudici di legittimità hanno constatato che la sentenza impugnata aveva già fornito risposte corrette e giuridicamente argomentate a tutte le questioni sollevate.
Presentare un ricorso che non introduce nuovi profili di critica ma si limita a ripetere le stesse censure è un’attività processuale che non può trovare accoglimento. Di conseguenza, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La motivazione della Corte si fonda su un principio di economia processuale e di serietà delle impugnazioni. Il ricorso per Cassazione non è una terza istanza di merito, ma un giudizio di legittimità, volto a verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici dei gradi inferiori. Se la Corte d’Appello ha già valutato in modo esauriente e con argomenti giuridici corretti le censure dell’imputato, riproporle identiche in Cassazione equivale a chiedere un riesame del fatto, che è precluso in sede di legittimità.
La Suprema Corte ha sottolineato che i tre motivi erano “meramente riproduttivi di profili di censura” già vagliati. Inoltre, ha giustificato l’imposizione della sanzione pecuniaria citando la sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 2000. Tale pronuncia stabilisce che, in caso di inammissibilità, si presume la colpa del ricorrente nella determinazione della causa stessa, a meno che non emergano elementi che la escludano. In questo caso, non potendosi ritenere che il ricorrente abbia agito senza colpa, la condanna alla sanzione è diventata una conseguenza diretta e inevitabile.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è un esempio emblematico delle conseguenze di un’impugnazione presentata senza una solida base giuridica. La decisione della Cassazione insegna che un ricorso inammissibile non è un tentativo a vuoto, ma un’azione con costi concreti. Per gli avvocati e i loro assistiti, il messaggio è chiaro: prima di adire la Suprema Corte, è indispensabile verificare che i motivi di ricorso presentino profili di novità e critiche pertinenti alla legittimità della decisione, evitando la sterile riproposizione di argomenti già sconfitti in appello. In caso contrario, il rischio è quello di vedersi chiudere la porta in faccia e di dover sostenere un onere economico non indifferente.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando si limita a riproporre motivi di censura che sono già stati adeguatamente esaminati e respinti con corretti argomenti giuridici dalla corte territoriale.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, da versare alla Cassa delle ammende.
Perché il ricorrente deve pagare una sanzione oltre alle spese processuali?
Perché, secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale citata, non si può ritenere che il ricorrente abbia proposto l’impugnazione senza colpa nel determinare la causa di inammissibilità. La presentazione di un ricorso meramente ripetitivo è considerata un’azione colposa che giustifica l’applicazione della sanzione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1412 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1412 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORINO il 29/06/1983
avverso la sentenza del 17/04/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigra esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché deduce tre motivi meramente riproduttivi profili di censura, in ordine alla configurabilità del reato, alla mancata applicazione della di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. ed alla recidiva, già adeguatamente vagl disattesi con corretti argomenti giuridici dalla Corte territoriale (si vedano le pagine 2 e sentenza impugnata);
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della cassa dell ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29 novembre 2024.