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Ricorso inammissibile: quando l’appello è ripetitivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da due imputati contro una condanna per vari reati. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso erano una mera ripetizione di quelli già respinti in appello e non presentavano vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata, confermando la decisione dei giudici di merito e condannando i ricorrenti al pagamento delle spese.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Spiega Perché non Basta Ripetere le Stesse Tesi

Presentare un ricorso alla Suprema Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è una semplice opportunità per ridiscutere l’intera vicenda. Una recente ordinanza chiarisce un punto fondamentale: il ricorso inammissibile è la conseguenza diretta di una critica generica e ripetitiva alla sentenza impugnata. Questo principio, cruciale nella procedura penale, serve a garantire l’efficienza del sistema giudiziario e a definire i limiti del controllo di legittimità. Analizziamo insieme il caso per comprendere le ragioni dietro questa importante decisione.

Il Caso in Analisi: Dal Giudizio di Appello al Ricorso in Cassazione

Due imputati, già condannati dalla Corte d’Appello, hanno proposto ricorso per Cassazione contestando la loro responsabilità per diversi reati. Le loro doglianze si concentravano su tre punti principali:

1. L’errata qualificazione del reato contro il patrimonio, sostenendo che non si trattasse di rapina per la mancanza del requisito dell'”altruità della cosa”.
2. La mancata riqualificazione di un altro illecito in una fattispecie meno grave.
3. La qualificazione del reato di lesioni personali, che a loro dire doveva essere derubricato a semplici percosse.

In sostanza, i ricorrenti hanno riproposto alla Corte di Cassazione le medesime argomentazioni già esaminate e respinte con adeguata motivazione dalla Corte d’Appello.

I Criteri per un Valido Ricorso: Oltre la Semplice Reiterazione

La Corte di Cassazione non è un “terzo grado di merito”. Il suo compito non è rivalutare le prove (come le testimonianze o le videoriprese), ma verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente. Un ricorso, per essere ammissibile, deve svolgere una funzione di critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata, evidenziando vizi precisi, come la mancanza di motivazione o una sua manifesta illogicità. Ripetere semplicemente ciò che si è già detto in appello, senza confrontarsi con le ragioni fornite dalla Corte territoriale per respingere quelle tesi, rende l’atto di impugnazione non specifico, ma solo apparente.

La Valutazione del ricorso inammissibile da parte della Corte

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni suo punto. I giudici hanno osservato che i motivi presentati erano una “pedissequa reiterazione” di quelli già dedotti in appello. La Corte d’Appello aveva puntualmente risposto a ogni censura, spiegando, ad esempio, perché l’uso della violenza nello spossessamento di un bene impedisse la riqualificazione del fatto in un illecito meno grave, o perché le dichiarazioni della persona offesa, corroborate da videoriprese, fossero sufficienti a confermare il reato di lesioni. Poiché la motivazione della sentenza d’appello era esente da vizi logici o contraddizioni, qualsiasi tentativo di sollecitare una diversa valutazione delle prove è stato ritenuto inammissibile.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un principio consolidato: il ricorso per Cassazione deve essere un dialogo critico con la decisione impugnata, non un monologo che ignora le ragioni del giudice precedente. I ricorrenti, omettendo di contestare specificamente le argomentazioni della Corte d’Appello, hanno reso il loro ricorso generico e, di conseguenza, inammissibile. La Corte ha ribadito che non sono ammesse censure che riguardano la “persuasività” o l'”adeguatezza” della motivazione, ma solo quelle che ne denunciano un vizio strutturale. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano esplicitato in modo chiaro e logico le ragioni del loro convincimento, rendendo la sentenza incensurabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia ribadisce un’importante lezione per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: non è sufficiente essere insoddisfatti dell’esito del processo. È indispensabile costruire un’impugnazione che identifichi con precisione i vizi di legittimità della sentenza, argomentando in modo specifico e pertinente, senza limitarsi a riproporre difese già valutate e respinte.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato una semplice ripetizione di quello d’appello?
Un ricorso è considerato una ‘pedissequa reiterazione’ quando si limita a riproporre le stesse identiche argomentazioni e motivi già presentati e respinti nel giudizio di appello, senza confrontarsi criticamente con le specifiche ragioni addotte dalla Corte d’Appello nella sua sentenza.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta dal giudice di appello?
No, di regola non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Pertanto, non può effettuare una nuova valutazione delle prove (come testimonianze o perizie). Può intervenire solo se la motivazione della sentenza d’appello presenta vizi logici evidenti, contraddittorietà o mancanza totale su punti decisivi.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la fine del processo, rendendo definitiva la sentenza di condanna impugnata. Inoltre, come stabilito nel caso di specie, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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