LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile: quando l’appello è ripetitivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per spaccio. Il ricorso è stato giudicato una mera riproposizione di motivi già esaminati e correttamente respinti dalla Corte d’Appello, la quale aveva negato le attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena a causa della commissione del reato durante la detenzione domiciliare e della prognosi infausta di recidiva.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione contro i Motivi Ripetitivi

Quando un imputato decide di impugnare una sentenza di condanna, deve presentare motivi specifici che evidenzino errori di diritto o vizi logici nella decisione del giudice precedente. Ma cosa succede se il ricorso si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce perché in questi casi il ricorso inammissibile è la conseguenza inevitabile, ribadendo un principio fondamentale del nostro sistema processuale.

I Fatti del Caso

Il caso analizzato riguarda un individuo condannato dalla Corte d’Appello di Catania per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. L’imputato, non accettando la condanna, ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni che, a suo dire, avrebbero dovuto portare a un esito diverso del processo.

I Motivi del Ricorso e il ricorso inammissibile

La difesa dell’imputato ha basato il ricorso su quattro punti principali, già proposti e rigettati nel giudizio d’appello:

1. Errata valutazione della destinazione allo spaccio: Si contestava che la sostanza detenuta fosse effettivamente destinata alla vendita.
2. Mancato riconoscimento del vincolo della continuazione: Si chiedeva di unificare la pena con quella di un altro reato simile, commesso in precedenza.
3. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Si lamentava il mancato riconoscimento di circostanze che avrebbero potuto ridurre la pena.
4. Diniego della sospensione condizionale della pena: Si contestava la decisione di non sospendere l’esecuzione della pena detentiva.

Questi motivi, tuttavia, non hanno superato il vaglio di ammissibilità della Suprema Corte.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti. Il suo scopo è controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Se i motivi del ricorso sono una semplice riproduzione di quelli già adeguatamente e logicamente respinti in appello, il ricorso non può essere accolto.

Le Motivazioni

La Corte ha analizzato punto per punto le ragioni dell’inammissibilità, confermando la correttezza della decisione della Corte d’Appello.

In primo luogo, l’intenzione di spacciare la sostanza era stata dimostrata da elementi concreti come la suddivisione in dosi, la disponibilità di materiale per il confezionamento e la presenza di denaro. La valutazione della Corte territoriale era quindi ben motivata e non sindacabile in sede di legittimità.

In secondo luogo, la richiesta di applicare il vincolo della continuazione era stata presentata in modo tardivo e irrituale durante l’udienza d’appello, e non tramite i mezzi di impugnazione ordinari, rendendola proceduralmente inaccoglibile.

Infine, e con particolare rilevanza, il diniego delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena era stato ampiamente giustificato da un fatto gravissimo: l’imputato aveva commesso il reato mentre si trovava già agli arresti domiciliari per un’altra causa. Questo elemento, unito a una prognosi negativa sulla sua futura condotta (rischio di recidiva), ha reso la decisione dei giudici d’appello non solo logica, ma anche giuridicamente ineccepibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce che un ricorso in Cassazione deve individuare vizi specifici della sentenza impugnata, e non può limitarsi a riproporre doglianze generiche o a sollecitare una nuova valutazione del merito. La ripetitività dei motivi, quando questi sono già stati affrontati e superati con argomentazioni logiche e giuridicamente corrette, conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Questa decisione comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, a testimonianza dell’abuso dello strumento processuale.

Perché un ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché si limitava a riproporre gli stessi motivi già esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello, senza indicare specifici vizi di legge o illogicità della motivazione della sentenza impugnata.

Commettere un reato durante gli arresti domiciliari ha conseguenze sulla pena?
Sì, la Corte ha ritenuto che commettere un reato mentre si è sottoposti a una misura cautelare come gli arresti domiciliari sia un elemento di particolare gravità che giustifica pienamente il diniego delle circostanze attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena.

È possibile chiedere l’applicazione del ‘vincolo della continuazione’ in qualsiasi momento del processo?
No. La richiesta deve essere formulata nei modi e nei tempi previsti dalla legge. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto la richiesta tardiva perché avanzata solo in udienza d’appello e non veicolata con i normali mezzi di impugnazione, riguardando peraltro una sentenza già passata in giudicato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati